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Questa verità ti sconvolgerà, ma i superfood non esistono

kelj u dresingu od balzamika

Nonostante quello che dicono tantissimi siti web o libri sul tema, i “superfood” non esistono. Esistono cibi straordinari, buonissimi e cibi assurdi. Ma nessun ‘superfood.’ E tutto quello che si dice sulle loro incredibili proprietà di ridurre il rischio di cancro, prevenire l’Alzheimer, aiutarti a perdere peso, renderti più sano e forte, e aiutarti a vivere più a lungo? Tutto falso. Cari lamponi, mandorle, avocadi, quinoa e salmone, vi vogliamo tanto bene ma non sarete certo voi a renderci immortali.

Esperti e ricercatori stanno finalmente definendo i “superfood” per quello che sono veramente: una via di mezzo tra ragionamenti ottimisti e del buon marketing. Per esempio, nello studio dal titolo quanto mai azzeccato, “Reality check: no such thing as a miracle food,” e pubblicato su Nutrition and Cancer, i ricercatori hanno scritto molto chiaramente “Le storie su presunti ‘cibi miracolosi’ fanno vendere le riviste e gli spazi pubblicitari; l’industria alimentare spesso sponsorizza le ricerche per dimostrare che i propri prodotti o alimenti siano superiori, e i produttori di integratori cercando di aumentare le vendite.”

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Secondo una ricerca Mintel, nel 2015 le vendite di prodotti promossi a livello globale come ‘superfood’ sono aumentate del 36 percento. E secondo un sondaggio di Nielsen su 30mila consumatori in tutto il mondo, le persone sarebbero disposte a pagare molto di più per acquistare questo tipo di prodotti.

Tutti si sono convinti che mangiare noci riduca il rischio di morte del 20%. Ma i risultati effettivi dello studio riportavano solamente che le persone che avevano consumato noci almeno 7 volte a settimana, avevano il 20% in meno di probabilità di morire per qualsiasi tipo di causa, rispetto a coloro che non avevano mai mangiato noci in quello stesso periodo.

La differenza di prezzo spiega in parte il perché, secondo una ricerca del 2017 dell’International Journal of Behavioral Nutrition and Physical Activity, il consumo di “superfood” risulta più alto tra chi ha un reddito maggiore a disposizione. Lo studio suggerisce inoltre che la connessione tra la posizione socioeconomica dell’individuo e il consumo dei cosiddetti ‘superfood’ possa essere in qualche modo dettata dal processo di distinzione sociale, ovvero che le persone scelgano di mangiarli solo perché contribuiscono a dare loro un certo status.

La scienza dietro i “superfood”

Nella maggior parte dei casi, tutti i benefici per la salute elencati sulla confezione della tua barretta proteica vegetale e dell’estratto di verdure verdi sono basati su ricerche scientifiche. Il punto è che quelle ricerche, i risultati e le conseguenze sulla salute sono spesso sproporzionati.

“Se consideri gli studi effettivi fatti sui ‘superfood,’ a volte [le conclusioni che ne derivano sono] eccessive al punto da non essere realistiche,” dice Jessica Crandall Snyder, dietista certificata del Colorado.

Per esempio, dopo uno studio sulle noci condotto su circa 120mila uomini e donne, e pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, tutti si sono convinti che mangiare noci possa ridurre il rischio di morte del 20 percento. Ma i risultati effettivi dello studio riportavano solamente che le persone che avevano consumato noci almeno 7 volte a settimana, avevano il 20 percento in meno di probabilità di morire per qualsiasi tipo di causa (compreso cancro e malattie cardiache), un dato verificato negli oltre 30 anni di monitoraggio in seguito allo studio, rispetto a coloro che non avevano mai mangiato noci in quello stesso periodo. Lo studio non insinuava in alcun modo che le noci fossero la causa—soprattutto perché i dati erano stati presi da due studi precedenti. Le noci potrebbero semplicemente essere state individuate per errore, al posto di altri elementi che potrebbero essere i veri responsabili dell’effetto (per esempio, forse le persone che mangiano molte noci, sono anche quelle che fanno più attività fisica).

“Io consiglio sempre di risalire allo studio originale,” dice Crandall Snyder. “È stato fatto su animali o esseri umani? Sono stati usati estratti o cibi industriali? Qual era il dosaggio e la frequenza? Lo studio teneva in considerazione correlazioni o rapporti di causa?” Considerare questi dettagli importanti può aiutare a vedere le cose dalla giusta prospettiva, prima di correre a fare scorte immense di noodles di barbabietola al supermercato. Detto questo, anche nel caso in cui tu riuscissi effettivamente a decifrare gli abstract degli studi, spesso, le notizie che circolano sui media non riportano nemmeno le fonti degli studi citati, e quindi a volte anche solo risalire alla ricerca che ha dato origine ai titoloni sui giornali potrebbe essere difficile. E soprattutto, trovare gli studi a supporto delle teorie sui cibi confezionati è assolutamente impossibile.

“Trarre conclusioni sulla base di uno studio o alcuni studi simili tra loro, non considera i limiti sostanziali che ogni studio di per sé ha, nella sua struttura,” spiega Maki Inoue-Choi, scienziata presso il National Cancer Institute’s Nutritional Epidemiology Branch e autrice dello studio sul “Reality Check.” Come osserva l’esperta, la maggioranza degli studi di nutrizione condotti su esseri umani sono volti a stabilire legami tra le abitudini e gli effetti sulla salute, non a stabilire che se fai X, poi succede Y. (Dopotutto, per fare questo servirebbero enormi gruppi di persone disposte a passare moltissimo tempo in laboratorio).

“È importante ricordare che non esiste il modello di studio perfetto in ogni ambito scientifico,” spiega Kim Robien, direttore del Public Health Nutrition program presso il Milken Institute School of Public Health, alla George Washington University. “Il fattore principale per individuare quanto c’è di ‘vero’ in uno studio scientifico è che i risultati siano riproducibili e coerenti tra diversi tipi di studi e su diverse fasce di popolazione. Nessuno studio singolo dovrebbe essere considerato in modo indipendente, gli studi devono sempre essere interpretati nel contesto ampio dell’intero corpo di ricerca sul quel tema scientifico in particolare.”

L’analisi del quadro generale è un lavoro che spetta ai comitati che stabiliscono le linee guida, come il World Cancer Research Institute, spiega Inoue-Choi. “Loro cercano risultati riproducibili, dati che possano essere replicati in diverse popolazioni e che reggano le meta-analisi di studi diversi” spiega. E questi gruppi di ricerca sono molto più interessati alle abitudini alimentari delle persone in generale, rispetto ai dati specifici su quanti avocadi mangiano ogni settimana.

La tua dieta complessiva conta di più dei singoli alimenti

“Sappiamo che i comportamenti alimentari sul lungo termine, rispetto all’analisi di un solo alimento, sono quelli che fanno davvero la differenza sulla salute,” aggiunge Robien. Il consumo di frutta e verdura, carne e proteine animali, cereali integrali e cibi processati ha un impatto decisamente maggiore sulla salute, spiega. E poi, per informazione, le organizzazioni tipo l’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomandano un’alimentazione a base di vegetali, ricca di cereali integrali, con un dose moderata di proteine animali e una dose minima di cibi processati.

Robien spiega che ogni cibo preso singolarmente (e quindi anche ogni presunto ‘superfood’) contiene una combinazione unica di vitamine, minerali e antiossidanti. “I cibi sono mix complessi di migliaia di componenti chimici, la maggior parte dei quali non sono ancora identificati,” dice. “È probabile che questi componenti abbiano ruoli importanti sulla nostra salute generale, e che agiscano insieme per scatenare benefici sulla salute. Per questo, è sempre meglio mangiare un’ampia varietà di frutta e verdura. Le diete troppo concentrate su un singolo alimento rischiano di essere carenti di nutrienti fondamentali.”


Quando mangiamo cibi diversi insieme, i nutrienti al loro interno interagiscono, collaborando oppure ostacolando le proprie azioni a vicenda.

Crandall Snyder in parte dà la colpa ai ‘superfood’ per aver distrutto la reputazione della banana in favore delle noci. Molte persone non mangiano altra frutta oltre ai frutti rossi, i più celebri ‘superfoood’, e non considerano più le banane perché, secondo loro, non hanno abbastanza antiossidanti, dice. E poi no, le banane non fanno ingrassare perché contengono carboidrati. In realtà, le banane sono un’ottima fonte di potassio e il cittadino medio in America assume solo la metà della dose consigliata di potassio.

Quando mangiamo cibi diversi insieme, spiega Inoue-Choi, i nutrienti al loro interno interagiscono, collaborando oppure ostacolando le proprie azioni a vicenda. Per esempio, la ricerca ipotizza che il corpo potrebbe assorbire ferro in modo più efficiente quando nel pasto è presente della vitamina C, e in modo meno efficiente quando c’è del calcio.

Ricordati che l’alimentazione è solo uno dei fattori che contribuiscono alla tua salute

Inoue-Choi e gli altri autori lo dicono chiaramente nel loro studio: “L’opinione pubblica ha bisogno di maggiori informazioni sugli effetti che ha l’alimentazione sul rischio di cancro, sull’importanza di raggiungere e mantenere un peso ideale, fare attività fisica regolare ed evitare uno stile di vita sedentario.”

Il punto è che non dovremmo concentrarci esclusivamente sull’alimentazione se poi tutto il nostro stile di vita è fuori controllo. Se vuoi migliorare la tua salute, perdere peso e ridurre il rischio di malattie tremende, l’alimentazione non è l’unica cosa in grado di salvarti, e di certo non dovresti riporre tutte le tue speranze su un singolo alimento.

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