I buchi neri, per loro stessa natura, sono difficili da individuare. Queste regioni dello spaziotempo hanno campi gravitazionali così forti che neanche la luce riesce a fuggire, il che rende la maggior parte di loro praticamente invisibili dal nostro punto di vista, qui sulla Terra.
Per colpa di questi mantelli dell’invisibilità, finora l’uomo ha potuto identificare solo una dozzina di buchi neri. Queste rare osservazioni sono il risultato dell’interazione di un buco nero con altri oggetti—come la luminosa morte di una stella lacerata dalla forza di un buco nero, o l’onda gravitazionale creata dalla collisione di due buchi neri.
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Gli scienziati ritengono che ci siano almeno 100 milioni di buchi neri di massa stellare solo nella Via Lattea (la nostra galassia)—il divario tra la popolazione di buchi neri teorizzata e quella che possiamo effettivamente osservare è a dir poco grosso.
Una ricerca pubblicata di recente su Astrophysical Journal propone un nuovo e innovativo metodo per colmare questo divario, e accelerare esponenzialmente la scoperta di nuovi buchi neri. Lo studio è stato guidato dal cosmologo Avery Broderick e dallo studente di dottorato Mansour Karami, che lavorano rispettivamente all’università di Waterloo e al Perimeter Institute for Theoretical Physics. Le conclusioni del gruppo di ricercatori, riassunte nel video qui sotto, mostrano che le onde radio dei fenomeni di microlente gravitazionale potrebbero essere la chiave per scovare i buchi neri isolati.
I fenomeni di microlente gravitazionale si verificano quando un oggetto di grandi dimensioni, come un buco nero, passa davanti a una fonte luminosa, che appare distorta dal nostro punto di vista. Questo effetto “zoom” cosmico è stato spesso usato per studiare stelle e pianeti distanti che appaiono ingranditi dagli oggetti che si trovano tra noi e loro.
Gli osservatori specializzati nei fenomeni di microlente gravitazionale, danno la caccia a sprazzi di luce nella banda ottica dello spettro visivo, ma la tecnica di Broderick e Karami vuole concentrarsi sulle fonti radio in sottofondo, come i lontani quasar, per poter costruire modelli a risoluzione più alta.
“Quando osservi lo stesso evento usando un radiotelescopio—l’interferometria—puoi ottenere più di un’immagine,” ha detto Karami. “È questo che ci fornisce il potere necessario per estrarre qualsiasi tipo di parametro, come la massa dell’oggetto, la distanza, la velocità.”
Il gruppo intende unire le forze con alcune strutture di interferometria sofisticate, come il Very Long Baseline Array in New Mexico, per cercare fenomeni di microlente gravitazionale che coinvolgano buchi neri solitari. Broderick e Karami ritengono che questa tecnica possa portare alla scoperta di una decina di buchi neri all’anno: “il numero di buchi neri noti attualmente raddoppierebbe entro due anni, ed entro 10 potremmo svelare la storia galattica dei buchi neri,” riporta un comunicato ufficiale.