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Un cartone animato sulla morte dell’universo

Immagine: NASA Goddard Photo and Video/Flickr

In tutta questa storia della fine dell’universo c’è un dettaglio molto interessante. Cioè, gli astrofisici sanno di studiare un evento che non vedranno mai. Quando arriverà la fine di tutto, tra miliardi di anni, la razza umana sarà solo un vago ricordo. Ammesso che possa esistere qualcuno o qualcosa in grado di ricordare. Probabilmente, anche questo cartone animato sulla morte dell’universo sarà scomparso nel nulla. Da bit, ad atomi, a polvere stellare. Puff. Meglio guardarlo ora finché siamo ancora tutti vivi.

Il punto della situazione è questo: nel 1998 gli scienziati hanno capito che l’espansione del nostro universo è in accelerazione. La luce fossile delle supernovae morte miliardi di anni fa si fa sempre più fioca, segno che la distanza tra i corpi celesti cresce sempre di più. Un po’ come se tutte le galassie dell’universo fossero diluite in un mare di catrame che si allarga senza fine. Insomma, ci stiamo perdendo di vista. E più ci allontaniamo, più tutto diventa freddo e buio. Le stelle si spengono, le galassie si diradano e tutto muore. La fine dell’universo è un blackout totale.

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Ok, la desolazione siderale è un conto, ma la cosa che ha veramente spiazzato gli astronomi è il fatto che in una situazione del genere la forza di gravità va a farsi fottere. Cioè, le nozioni di gravitazione universale non bastavano più a capire cosa stesse succedendo al cosmo. Di conseguenza, gli scienziati hanno dovuto rifare un po’ i conti. Ed è uscito fuori che tutta la materia conosciuta ammonta solo al quattro percento dell’universo—come racconta bene il divulgatore scientifico Richard Panek nel suo libro. Il resto è formato da materia oscura ed energia oscura.

Insomma, nonostante tutti i nostri sforzi e i millenni passati col naso verso il cielo notturno, non abbiamo osservato che una briciola di tutto ciò che ci circonda. Già, perché quell’aggettivo “oscuro” gli astronomi non l’hanno messo lì a caso solo perché sono dei fan di Final Fantasy VII. Scovare il lato oscuro dell’universo è un po’ come fare una sorta di riesame cosmico: se la luce si comporta in modo strano vuol dire che lì c’è un dark side da approfondire.

Per esempio, il progetto HETDEX—che sta per Hobby-Eberly Telescope Dark Energy Experiment—ha il compito di studiare la luce emessa da un milione di galassie distanti fino a 11 miliardi di anni luce. Con i dati raccolti, gli astronomi tracceranno una nuova mappa dell’universo in espansione accelerata e ci diranno che tutto è sempre più buio e freddo. Bello, no?

L’astronomia è quella scienza che ci salverà dalla noia.

Tutto sommato, forse l’aspirazione del genere umano non è quella di sedere davanti ai radiotelescopi e contemplare il lento disfacimento del cosmo. Insomma, osservare la morte dell’universo è un po’ come sedere davanti a una montagna e aspettare che si sgretoli, piuttosto che salire per i suoi sentieri e farsi una bella gita con grigliata. Tanto, se l’universo dovrà morire lo farà tardissimo, dopo che il nostro Sole sarà già esploso. È sempre una questione di miliardi di anni, ma l’idea inesorabile di sapere che la nostra casa sarà spazzata via da un olocausto stellare dovrebbe convincerci a reagire. E a spaziare oltre i confini della Terra per cercare nuovi pianeti abitabili. Un giorno, quella cazzo di grigliata la faremo su Marte o su qualche pianetino ameno di Alpha Centauri.

Forse un giorno ci saremo stancati di pensare sempre alle stesse cose. Attenzione, non prendetelo come un eccesso di pessimismo. Se il nostro pianeta se la passerà un po’ meglio—leggi meno guerre, meno xenofobia e meno diseguaglianza—gli esseri umani dovranno necessariamente trovare nuovi grandi obiettivi da perseguire. Oggi stiamo provando a metterci d’accordo sul cambiamento climatico e sul disarmo nucleare; domani saremo tutti presi dalla costruzione di qualche base lunare o dal varo della prima astronave coloniale diretta su Marte—ma quel punto il genere umano potrebbe anche essere diventato vegetariano e ciao grigliata. Poco importa.

L’importante è fare qualcosa di memorabile. Non possiamo lasciarci morire di tedio e videogame. Dovreste tenere a mente la frase pronunciata da un astronomo della Harvard University, Robert Kirshner: “L’astronomia è quella scienza che ci salverà dalla noia.”