TikTok non è solo un’app, è una fabbrica sforna-meme musicali. Già qualche tempo fa Musical.ly permetteva di produrre video karaoke e cantare in playback sulle basi: ecco, TikTok l’ha comprata e oggi attrae fino a un miliardo e mezzo di utenti attivi al mese e 700 milioni di utenti giornalieri. In questa evoluzione, però, sta anche trasformando il nostro rapporto con la musica.
Alcuni artisti hanno capito subito come sfruttare la piattaforma. “Old Town Road” di Lil Nas X, cioè la canzone che tutti nel mondo hanno sentito nel 2019 ma di cui non tutti sanno il titolo fuori dagli Stati Uniti, è diventata il singolo di maggior successo della storia americana dopo essere diventato virale su TikTok. È Lil Nas stesso ad ammetterlo in un’intervista: “Ho promosso la canzone come meme per mesi fino a quando non ha raggiunto TikTok ed è esplosa.”
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Non siamo di fronte ad un’app per ragazzini stupidi che ascoltano musica stupida ma a un cambiamento del modo di fruire la musica.
In Italia la situazione ancora non è decollata del tutto. anche se nella libreria di brani da cui scegliere sono già presenti due minacciose playlist, ITRap e IndieIT. Per chi non conosce l’app, l’istinto è quello di storcere il naso—cosa che facciamo da sempre quando si tratta di nuove tecnologie e giovani. Non riusciamo a capire come sia possibile che una roba del genere tenga incollati milioni di utenti, trasformando canzoni sconosciute in successi mondiali.
L’ultimo esempio in ordine temporale, “Dance Monkey” dell’australiana Tones and I, sta qua sotto.
C’è da dire che tutto questo esisteva già con un altro nome fino al 2016: si chiamava Vine, app amatissima e oggi scomparsa di cui restano compilation di video viste milioni e milioni di volte. La differenza è che con TikTok si ha l’impressione di poter continuare a guardare qualcosa senza annoiarsi mai grazie al suo scrolling eterno—l’app è stata infatti descritta come “gioiosa” perché, oltre ai playback, ci mette di fronte video cringe, con adolescenti strambi o adulti che compiono gesti al limite della decenza, e challenge che fanno sentire l’utente parte di una comunità.
Per alcuni, TikTok sembra effettivamente somigliare all’ultimo angolo felice di internet. A fianco di video dal montaggio impressionante troviamo contenuti amatoriali adorabili e divertenti. È un mix costante di capolavori perfetti e perfetti disastri. Un luogo dove puoi trovare persone che fanno cigolare lo sportellino del microonde sulla melodia di “Yeah!” di Usher, o dottori e pazienti che ballano “Baby Shark” nelle sale operatorie.
La verità, però, è molto più contorta di quanto possa sembrare. Recentemente, infatti, l’app ha avuto problemi con contenuti legati al suprematismo bianco, all’incitamento alla violenza e al razzismo e casi di pedopornografia.
E i problemi non finiscono qui: l’app rischia di favorire la censura dei contenuti da parte della Cina e trasformare per sempre il nostro rapporto con la musica. Non più un’esperienza artistica ma un semplice meme da masticare.
Cos’è TikTok?
TikTok è nata ad agosto 2018 dalla fusione di un’app prodotta dall’azienda cinese ByteDance con Musical.ly, acquistata dall’azienda nel 2017 per quasi un miliardo di dollari. ByteDance produce infatti due versioni distinte della stessa app, una per il mercato cinese e quindi soggetta alle leggi locali, chiamata Douyin, e l’altra, TikTok, pensata per il mercato internazionale.
L’acquisizione di Musical.ly è però costata cara a ByteDance. Lo scorso febbraio ha infatti ricevuto una multa di quasi 6 milioni di dollari per la raccolta illegale di nomi, indirizzi e-mail, immagini e posizione geografica di ragazzi di età inferiore a 13 anni effettuata da Musical.ly.
TikTok è l’emblema dell’essenzialità: guardi, cerchi, crei video.
Attualmente ByteDance è sotto inchiesta da parte del governo degli Stati Uniti d’America proprio per l’acquisto di Musical.ly. Il timore è che vengano inviati i dati dei cittadini americani ai server cinesi, rappresentando quindi un rischio per la sicurezza nazionale e che il governo cinese possa censurare direttamente i contenuti nell’app.
TikTok è l’emblema dell’essenzialità: guardi, cerchi, crei video. All’apertura dell’app, si viene gettati direttamente nel flusso costante e incontrastabile di video prodotti dagli altri utenti e selezionati dall’algoritmo che li convoglia nella sezione dedicata “Per Te.” Sembra di trovarsi di fronte ad uno sconfinato barattolo di caramelle da scartare e mangiare una dopo l’altra—con l’unica differenza che qui le caramelle sono brevi brani musicali impacchettati in video fatti in casa.
Musica come meme
Ormai è appurato che internet, lo streaming, le playlist e gli algoritmi hanno cambiato il modo in cui ascoltiamo la musica. Un tempo compravamo gli album e li ascoltavamo dall’inizio alla fine, oggi siamo tutti più distratti e guidati in ciò che ascoltiamo. Ecco, con TikTok stiamo assistendo alla fase successiva: la trasformazione della musica in un meme.
Diversi artisti italiani sono su TikTok e stanno sfruttando le challenge per diffondere i loro brani. Emis Killa ha solo una manciata di post sul proprio profilo verificato ma la sua #tijuanaworkout raccoglie più di 4 milioni di visualizzazioni. Lo stesso vale per Sfera Ebbasta, pochissimi post ma 41 milioni di visualizzazioni per la sua #pablochallenge—ovviamente zeppa di cringe.
Lo schema è semplice: ogni brano viene tagliuzzato e appiattito per adattarsi alle nostre capacità di attenzione e ascolto ridotte e, inserito all’interno di una performance, si trasforma da opera d’arte a semplice contenitore per far ridere. Se serve, viene velocizzato o rallentato—e spinge addirittura gli artisti a ripubblicare i loro brani in versione velocizzata o rallentata. Tutto diventa una messinscena.
Se i meme sfruttavano come base le immagini, TikTok trasforma la musica in cornice per una risata. Pochi secondi di un brano diventano l’equivalente delle immagini dei meme su cui ciascuno può modificare il testo: nel caso di TikTok, a cambiare, sono invece le immagini.
TikTok trasforma la musica in cornice per una risata.
In Italia c’è stato qualche caso di successo legato a TikTok, come ad esempio “Lento” di Boro Boro feat. Mambolosco, che ha pompato inaspettatamente il successo della canzone. Ma non siamo certamente ai livelli di brani americani come “Lalala” di Y2k & bbno$—oltre un milione di post su TikTok.
Facendo un giro nella libreria di musica italiana disponibile su TikTok, troviamo solo nomi già conosciuti: circa 30 mila post per “Mon Cheri” di Rkomi feat. Sfera Ebbasta; 200 mila post per “Il cielo nella stanza” di Salmo feat. NSTASIA; 260 mila per “YOSHI” dal Machete Mixtape 4; “Mangiauomini” di Chadia Rodriguez è a 84 mila post. Nella playlist ITRap, al momento della scrittura di questo articolo, TikTok suggerisce brani di Madame, Capo Plaza, Beba, Marïna & Sick Luke.
La stessa Chadia Rodriguez aveva diffuso un breve estratto del suo nuovo singolo “Mangiauomini” in anteprima sul suo profilo verificato di TikTok lo scorso ottobre.
La maggior parte degli artisti italiani però non è presente con un proprio profilo verificato su TikTok—a parte quelli citati sopra, tra i verificati troviamo anche Enzo Dong, Beba, Madame, Il Tre. Tutti sembrano utilizzare l’app postando pochissimo e chiedendo ai fan di taggarli nei loro video delle challenge, spingendo quindi molto sull’auto-promozione dei propri singoli da usare in altri video.
Il punto è che gli artistinon devono necessariamente essere presenti con il proprio profilo su TikTok. Molto spesso sono le stesse case discografiche a occuparsi della gestione dei loro brani musicali da includere nell’app. Queste concedono la licenza per l’utilizzo dei brani grazie ad accordi specifici con l’app, ma poi gli artisti che hanno effettivamente prodotto le canzoni non ricevono compensi adeguati—solito vecchio problema che affligge gli artisti.
A sancire il successo di un brano non è solamente la sua qualità. Su TikTok entra in gioco prepotentemente anche l’algoritmo.
L’unica ricompensa è la visibilità del brano e la speranza che diventi una hit mondiale su altri canali. È per questo che alcuni vedono TikTok come un modo per auto-promuoversi—chiunque può caricare un proprio brano che finisce poi all’interno della banca dati dell’app. Ci sono casi in cui alcuni produttori musicali hanno iniziato a utilizzare TikTok come un banco di prova: prima creano e caricano pochi secondi di un brano che ancora non esiste e se ottengono buoni risultati allora producono la canzone completa.
A sancire il successo di un brano, però, non è solamente la sua qualità. Su TikTok entra in gioco prepotentemente anche l’algoritmo.
Algoritmi e Cina
TikTok non fornisce informazioni sul funzionamento dell’algoritmo e gli utenti stanno impazzendo in preda a teorie cospiratorie e tentativi strampalati di studiare l’algoritmo. Non riuscendo a capire cosa determina l’inclusione nella pagina “Per Te” stanno sperimentando hashtag appositi e stanno avanzando teorie che considerano persino la possibilità che l’algoritmo stia facendo essenzialmente a caso.
Mentre sto scrivendo questo articolo, apro TikTok e nella mia sezione “Per te” vedo: meme iosonogiorgiachallenge, un contorto siparietto di una ragazza russa che finge di essere incinta sulle note di Can we kiss forever?, foto di un bambino di pochi mesi sommerso da mucchi di banconote da 50 e 100 euro. Uno stream completamente senza senso di ciò che l’algoritmo di TikTok crede possa interessarmi.
I contenuti, però, non vengono controllati solo dall’algoritmo. Secondo quanto rivelato dal Guardian, moderatori in carne ed ossa venivano istruiti alla rimozione di video che fanno riferimento a temi sensibili per il governo cinese, come le proteste di Piazza Tiananmen, l’indipendenza tibetana o gruppi religiosi già messi al bando come il Falun Gong, applicando alla lettera la propaganda del governo cinese.
I documenti ottenuti dal giornale britannico indicano due categorie di contenuti problematici: quelli contrassegnati come una “violazione” e quindi eliminati direttamente, e quelli che vengono considerati infrazioni minori e quindi resi solamente “visibili a se stessi”—una sorta di shadowban simile a ciò che avviene su Instagram con i contenuti ritenuti sessualmente espliciti. L’utente quindi non si accorge che i propri video vengono nascosti agli altri utenti.
Moderatori in carne ed ossa venivano istruiti alla rimozione di video che fanno riferimento a temi sensibili per il governo cinese.
L’attenzione alla rimozione dei contenuti da parte di TikTok era esplosa dopo che un’inchiesta del Washington Post aveva mostrato come i video delle proteste di Hong Kong—che ormai vanno avanti da mesi—non apparivano nell’app. Questo farebbe pensare che il governo cinese possa chiedere di ridurre la diffusione di video legati alle proteste per far passare tutto in sordina.
Bytedance ha dichiarato che la versione dei documenti che il Guardian ha visto è stata ritirata a maggio e che le attuali linee guida non fanno riferimento a paesi o problemi specifici. Inoltre, ByteDance ha affermato che aumenterà il numero di moderatori di contenuti su TikTok passando da 6.000 a 10.000 persone.
I dubbi però rimangono poiché in Cina le aziende sono costrette a seguire delle severe leggi locali per quanto riguarda i contenuti pubblicati online. A partire da giugno 2017, infatti, la Legge sulla Cyber Sicurezza governa tutte le attività online in Cina, obbligando le aziende a verificare i nomi reali degli utenti, e tutti gli operatori di rete devono monitorare i contenuti generati dagli utenti per informazioni “vietate alla pubblicazione o alla trasmissione.”
TikTok si difende affermando che i propri server sono al di fuori del territorio cinese, negli Stati Uniti e a Singapore, non dovendo quindi sottostare alle norme cinesi. Inoltre, dichiarano di non aver mai ricevuto richieste di rimozione di contenuti da parte del governo cinese e che, nell’eventualità, non accoglierebbero le richieste.
TikTok non è un’oasi per cretini
La nostra incapacità di comprendere le nuove tecnologie usate dai giovani rischia di farci perdere di vista la realtà. Confusi da un’app che sembra obbligare le persone a parlare solamente usando video e canzoni non ci rendiamo conto di cosa c’è realmente sotto, e finiamo per liquidarla come l’ennesima app inutile con cui trascorrere un paio di ore per poi dimenticarcene.
Sono state scritte pagine su pagine per analizzare TikTok e quello che ci dice della cultura dei ragazzi e delle ragazze della generazione Z, come se dando un rapido sguardo alla superficie dell’app fosse possibile comprendere un’intera generazione.Come ricordano su The Outline, gli adolescenti hanno sempre registrato video di se stessi, caricandoli su qualunque piattaforma avessero a disposizione—da YouTube e Vine, fino a SnapChat e Instagram.
La nostra incapacità di comprendere le nuove tecnologie usate dai giovani rischia di farci perdere di vista la realtà.
TikTok, come molte altre piattaforme, non è un chiaro specchio delle tendenze sociali dei giovani che lo usano ma offre piuttosto un ragionamento sull’influenza degli algoritmi e della tecnologia nella nostra vita. Non siamo di fronte ad un’app per ragazzini stupidi che ascoltano musica stupida ma a un cambiamento del modo di fruire la musica, che diventa più piatta e masticabile in un flusso di meme indistinguibili.
Se proprio vogliamo apprendere qualcosa da TikTok, sottolineano sempre su The Outline, è che forse i giovani si avvicinano a TikTok perché è quanto di più vicino c’è “all’energia e al caos delle vite sociali offline che non possono più condurre a pieno perché l’infrastruttura delle nostre comunità nella vita reale si è erosa.”
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