Il mondo dei cocktail bar milanesi, da sempre florido e sempre foriero di novità nella miscelazione, è un vanto per chi vive in questa città: avremo pure lo smog, le ciclabili pericolose e affitti sbalorditivi, ma nessuno potrà imputarci di bere male.
In questa stabile economia di drink eccellenti il passo successivo, e inevitabile, è probabilmente evolvere l’idea stessa di cocktail bar, sostituendo il paradigma abbastanza fisso che esiste fino ad ora: speakeasy, high volume bar o classici bar d’albergo.
Videos by VICE
E in questa direzione si è mosso Unseen Bar, un nuovo locale — quando per “nuovo” nella pandemia si intende semplicemente aperto a fasi alterne dal 2020 — che prende tutte queste nuove esigenze e te le sbatte in faccia in un cocktail bar di pochi metri quadri, senza tavoli (solo un lungo tavolone), evitando i soliti codici da mixology, in un’atmosfera che gioca sulla sottocultura della vaporwave: quindi ironia, ricordi (anche quelli gustativi) dell’infanzia dei millennials, manga e vecchie serie tv.
Quando entro nell’Unseen Bar è fine luglio 2021: un paio di tavolini all’esterno e qualche persona seduta all’enorme tavolone. Nessun senso di claustrofobia. Nessun orpello tipico dei bar, una statua da giardino, un proiettore con su dei manga. La magia di quando si va in bagno non ve la svelo qui, vi dico solo che è una grande Instagram Opportunity.
Quella sera visito il locale senza troppe aspettative, lo ammetto. Poi bevo un cocktail con anguria fermentata, il Flamingo Wave, e la mia testa esplode. Mi dico che sto bevendo qualcosa di nuovo ma non di pretenzioso, qualcosa di facile, per tutti.
Ad attendere e a servire i clienti c’è un one man show: Milo Occhipinti, classe 1986, che ha deciso di aprire il locale in Lambrate, in una zona idealmente lontana dai grandi cocktail bar contemporanei di Milano — per intenderci la zona dei Navigli dove si trovano Mag Cafe e Rita, fino ad arrivare poco più in là in Savona da Carico.
L’apertura è stata ad agosto 2020, con contratto di affitto firmato poco prima dell’inizio della pandemia. Si sono susseguite chiusure e aperture, con pochi mesi di attività veri e propri, che ci portano però qui, in quest’autunno in cui tutti paiono cautamente ottimisti. E sarà questo cauto ottimismo a mettermi nelle condizioni di dire che siamo di fronte a qualcosa di fresco, che cerca di parlare di altro oltre che di cocktail, addirittura di una subcultura come la vaporwave, anche se Milo mi fredda subito dicendo: “La Vaporwave è una subcultura già in declino”.
Come molti bartender italiani, Milo si forma a Londra: “La mia prima vera esperienza da bar manager è stata nel 2014 al Bermondsey Arts Club, uno speakeasy in un toilette vittoriana completamente restaurata. Qui mi sono confrontato la society della mixology londinese e mi sono fatto le ossa. In quel periodo Londra rappresentava il meglio della miscelazione mondiale.”
Poi continua con il NT’S, di cui cura l’apertura, una music venue da 300 persone, in cui la miscelazione di alto livello era inserita in ambiente da club. E grazie a queste due esperienze Milo inizia a capire come può aprire il suo bar. Torna in Italia per motivi personali nel 2016, passa dal Mag Cafe e dal 1930 e inizia a pensare al suo posto. “Mi ci vuole un anno e mezzo di progettazione, mi baso su tutti gli appunti presi nei miei 15 anni di lavoro e mi chiedo: cosa non è produttivo o funzionale in un bar convenzionale? Cerco allora di aggirare ed eliminare questi elementi”.
Mi spiega: “Nel layout convenzionale di un bar, i movimenti non sono ottimizzati; ci sono delle barriere, che per me sono il bancone e i tavolini, che impediscono di muoversi e parlare col cliente. Essendo da solo tutti gli spostamenti che io faccio hanno il 200% di efficacia senza queste barriere. E ho strutturato la mia drink list di conseguenza, in modo tale che i miei cocktail siano rapidi nell’esecuzione, preparando prima la maggior parte degli elementi, meno shakerati e più stirrati. Faccio un po’ di pre-batching (drink premiscelati, NdA), soprattutto di cordiali e succhi. La struttura dei miei drink non segue una linea convenzionale, per esempio non ho mai in carta sour o Manhattan. Voglio fare da bere in modo veloce e tecnico, e mi metto nelle condizioni di poterlo fare.”
I posti all’interno non sono molti: con le distanze imposte dal Covid sono circa undici i coperti. Milo mi dice che a pieno regime saranno poco più di 18. Non grandi numeri, ma qui mi spiega: “L’ottimizzazione delle risorse umane è anche in questo: se si ha un barista alla preparazione e un cameriere al servizio, per sfruttare queste risorse ci dovrebbe essere sempre un afflusso di una volta e mezza del locale. Io sono un fan degli equilibri, Unseen non è high volume bar, ma high quality: 18 sono le persone che posso curare e intrattenere. Dopo le 18 devo capire se farti aspettare o dirti che non c’è più posto per la serata. Basta un ospite scontento a rovinare la serata in un bar. Voglio che qui la gente si diverta”.
Dopo la mia visita estiva, torno da Milo a settembre in occasione del cambio della cocktail list, che sembra un po’ il lancio di un nuovo album o videogioco. Siamo alla seconda release, dove gioca sui sapori della nostra infanzia: in carta si trova un drink che mima il gusto della Coca Cola all’arancia con base tequila, il Saint Pepsi, oppure il Pleasure Idol (Vanilla, Fake Passion, Champagne Moneyshote con vodka), che sembra una big bubble dolcissima e invece ha poi la forza di smorzare con una botta di acidità.
“Questa drink list si chiama Gastrofisics. Il mio intento è far riemergere I ricordi nascosti sopiti delle persone, familiari ma nuovi allo stesso tempo. Ad esempio il Cvber Salad con piselli ghiacciati, lattuga e e gin è il mio best seller. La mia clientela è composta da millennials che durante la loro infanzia sono in qualche modo entrati in contatto con una nonna che aveva l’orto o una lattuga vera, non da busta insomma. Voglio ricreare il sapore dell’insalata di quando erano piccoli”.
Divertente tutto, anche il Martini Dry (il nome in menu XXXXXXXX.mov), in versione S o L (nella foto vedete la versione S) che grazie ai glitter alimentari regala un effetto metal paraculo, ma entusiasmante appena lo mescoli con la sua oliva candita senapata, ed è potentissimo per iniziare una serata, mentre ti godi ora in loop la trasformazione delle Guerriere Sailor o altri elementi nostalgici iper-pop.
“La sottocultura che ha guidato le scelte stilistiche è la vaporwave. È uno stile estetico e musicale underground nato sul web nel 2010, che gioca molto sulla nostalgia dei tempi passati, dove indubbiamente si stava meglio. Sono una persona molto nostalgica. Bazzico questo stile estetico musicale da un po’ di tempo e, una volta che ero prossimo all’apertura, sono andato verso quella direzione.”
Gli chiedo se sceglie lui le proiezioni, che cambiano ogni mese: “Faccio ricerca e caccio fuori qualche altro vision ogni tanto. Sono molto legato al mondo computer grafica, quindi è una parte del mio lavoro che mi piace”.
Milo è in grado di prendersi carico di clienti e cocktail e farli aleggiare in questa bolla di nostalgia e novità. Ci si diverte, si sorseggiano più cocktail e si ritorna con entusiasmo.
Alcuni codici visivi, come i floppy disk come sottobicchieri. potranno farvi storcere il naso, ma solo all’inizio. In questo contesto, con quelle luci, con quel modo di giocare e di prendersi poco sul serio, con quei cocktail e quei sapori vicini, è tutto giusto.
E vi farete anche una bella bevuta, degna di Milano appunto.
Segui Roberta su Instagram