Qualche anno fa, non ricordo in che occasione, Anna Adamo (che è una fotografa) mi ha casualmente detto che stava lavorando insieme a Marco P. Valli (un altro fotografo) a un progetto sugli annunci online per scambisti ed esibizionisti. Ora, io lavoravo in questo ufficio da tempo sufficiente a essere già piuttosto annoiata da tutto quello che riguarda la sfera sessuale e quello che alla gente piace fare con i propri genitali, perciò ho fatto l’unica cosa che una buona amica deve fare in quelle circostanze: le ho detto di stare attenta e mi sono fatta gli affari miei.
Due anni e mezzo dopo, quel progetto su scambisti ed esibizionisti 1) è una serie fotografica bellissima, che indaga con zero giudizio e sincero interesse il mondo di esibizionismi-scambismi-feticismi online; 2) è un libro che si chiama Bakeca, pubblicato dalla casa editrice Cesura Publish, esposto da oggi nell’ambito del Paris Photo e atteso a una doppia presentazione, a Parigi questo fine settimana e a Milano a fine mese.
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E le foto! Ah, le foto [ATTENZIONE: le foto sono molto esplicite. Siete avvisati].
Ho chiamato Marco e Anna mentre stavano per salire su un aereo per Parigi per chiedere loro come è nato il progetto, perché nel libro sono ritratti solo uomini e come si convincono persone normali a posare nude in mezzo a un bosco (con evidente amnesia selettiva su cosa vuol dire “esibizionismo”).
VICE: La prima domanda che volevo farvi riguarda l’ultima pagina del libro, dove una scritta su fondo bianco recita, “Nessun contatto… Nessun coinvolgimento… Noi / E le vostre macchine fotografiche.”
Marco P. Valli e Anna Adamo [gli autori hanno chiesto che le loro risposte fossero considerate a una sola voce]: Sì, è un po’ un controsenso: quando abbiamo cominciato il lavoro eravamo alla ricerca delle stranezze di questi personaggi, un po’ del lato freak, ma poi il progetto ci ha coinvolti e non ci ha più fatto vedere le stranezze—ci siamo trovati vicini a loro. Non c’era più niente che ci sembrasse strano. E questa cosa ci ha coinvolto anche nel profondo, sul versante personale oltre che su quello autoriale.
Questo che dici è uno degli annunci [della bacheca su cui è stata svolta la ricerca] che abbiamo inserito nel libro: ci sono dieci pagine di formato più piccolo su cui abbiamo stampato post e mail selezionate tra quelle che abbiamo ricevuto in risposta al nostro annuncio. Questo nello specifico è l’unico testo impaginato come se fosse una foto, perché rappresenta un po’ il punto d’unione tra mail, telefonate e in generale organizzazione degli incontri, e fotografie.
Potete raccontarmi un po’ sia come nasce il progetto, sia come poi siete riusciti a realizzarlo nella pratica? Non deve essere semplice convincere le persone a farsi immortalare nei loro momenti più intimi.
In realtà l’inizio di questa ricerca è molto banale: Marco era incuriosito dalle “stranezze” della sessualità, e cercava un mezzo per fotografarle. Ha trovato un sito per scambisti, esibizionisti, guardoni, e ha iniziato a mettere annunci dichiarandosi fotografo alla ricerca di soggetti per un progetto sulla sessualità. Non ha avuto risposte né riscontri di alcun tipo, in quanto—pensiamo—”singolo” di sesso maschile. Poi una sera ci siamo incontrati al bar, abbiamo parlato di questa cosa e abbiamo pensato bene di presentarci come una coppia di fotografi. Diciamo che rimaneva una cosa un po’ ambigua… comunque, il libro inizia con l’annuncio che noi abbiamo pubblicato. Da lì hanno iniziato a contattarci parecchie persone al giorno.
E con i soggetti come vi muovevate, a livello proprio di logistica?
Abbiamo incontrato tutti i personaggi una volta sola, tranne uno che abbiamo visto due volte. La logistica era che le persone interessate rispondevano all’annuncio, presentandosi spesso con il classico “altezza-età-bell’aspetto e via dicendo”, e iniziava così una corrispondenza via mail e telefono nella quale ci si organizzava più nel dettaglio per l’incontro. C’è da dire che il 90 percento delle volte non andava in porto.
All’inizio, sentendo parlare del progetto, pensavo che avreste in qualche modo cercato di essere invisibili, di seguire i loro incontri con qualcun altro—ma poi guardando le foto mi sono resa conto che queste persone venivano a incontrare proprio voi.
Sì, quello che ci interessava era la loro interazione con noi, al di là dei loro gusti [sessuali]. Detto questo, ci è capitato anche di partecipare a incontri tra altre persone—per esempio nel libro ci sono le foto di una sessione di BDSM in un albergo—che si sarebbero comunque incontrate, anche senza di noi. Ma quella del sadomaso è stata l’unica volta, ci pare.
Diciamo che l’indirizzo è cambiato un po’ nel corso del lavoro: all’inizio volevamo essere spettatori quasi invisibili di questa “performance” esibizionista, ma presto abbiamo capito che non poteva succedere. Non che noi fossimo come dei direttori d’orchestra, assolutamente no, ma abbiamo interagito moltissimo con i soggetti, chi più chi meno.
Tutte le persone ritratte nel libro, escluse pochissime—peraltro in situazioni di coppia o di gruppo—sono uomini. Perché?
In effetti non abbiamo mai ricevuto mail da donne, a meno che rispondessero coppie di persone che volevano incontrare altre coppie, o prostitute che volevano scattassimo loro un book fotografico.
Non è mai stato imbarazzante?
No. Ogni situazione era diversa, certo: c’era quello che ci ospitava a casa sua mentre la moglie era al lavoro, quello che ci faceva andare la domenica in ufficio, quello di notte al parchetto o in un bosco. E poi hotel dedicati.
Magari all’inizio ci sono state occasioni di spaventarsi, questo sì. In particolare una volta un uomo ci ha portato nel suo ufficio, e quando aveva finito il tutto non riusciva più ad aprire la porta. In realtà era solo bloccata la serratura, si è spaventato più lui di noi. Ma appunto erano le prime volte e dipende un po’ da come siamo fatti, soprattutto Anna: entravamo in casa di qualcuno e guardava dove metteva le chiavi, mentre all’aperto era un po’ più tranquilla.
Ma alla fine è il loro modo di sfogarsi, e rispetto a tante persone frustrate, gente che va in ufficio tutto l’anno e non sa come tirar fuori le cose che ha dentro… è una valvola di sfogo.
Quando uno parla di esibizionismo, scambismo, etc, parla di solito di una cosa sessuale. Nel vostro libro c’è tanta nudità, c’è tanto “degrado” o dolore, ma mi pare che il sesso c’entri poco—nel senso che mi pare sarebbe riduttivo dire che è un libro legato solo al sesso, no?
Quello che cercavamo era l’intimo di quelle persone, che non sempre è solo sessualità: è la loro persona che ci interessava.
In copertina, come poi nel libro, c’è la foto di un pavone. Immagino sia il simbolo dell’esibizionismo—ma perché avete sentito la necessità di inserirlo, di creare un contraltare simbolico al tema?
A farci venire l’idea è stata l’immagine di un pavone su una parete, durante un incontro con uno dei soggetti. Abbiamo deciso di usare il pavone prima ancora di scattare lui. Mano a mano che il lavoro andava avanti, abbiamo deciso di andare appositamente a fotografarne altri per usare il pavone come simbolo dell’esibizionismo—soprattutto in quanto pavone maschio, peraltro: per le femmine non è lo stesso, il pavone femmina è solo un pollaccio marrone.
Poi nell’editing questi pavoni hanno preso la valenza simbolica di un orgasmo, li abbiamo usati come dei picchi, dei climax all’interno del libro. Quindi sono collanti, orgasmi e simboli allo stesso tempo.
Addirittura. Grazie, ragazzi.
Bakeca verrà presentata a Polycopies, nell’ambito di Paris Photo. Trovi tutte le informazioni sull’evento qui. Anna e Marco parleranno del libro e firmeranno le copie qui. Se invece sei a Milano, il libro verrà presentato il 30 novembre all’ex Gigantic di via Termopili alle 18. Il libro è in vendita sul sito di Cesura.
Guarda altre foto di Bakeca qui sotto: