Cibo

Il programma di Netflix sulla cannabis in cucina che vi farà venir voglia di fumare

Nell’epoca della legalizzazione, il revival della canapa a uso alimentare – anche se in Italia è consentita solo la vendita della cannabis light – ha investito un po’ tutti i campi dell’enogastronomia e dell’intrattenimento, dall’alta cucina fino ad arrivare a questa nuova serie su Netflix: Strafatti in cucina, dove i cuochi si sfidano e cucinano utilizzando la cannabis.

Ma non pensate di aver trovato il programma con cui saluterete la vostra vita sociale; lo show americano sembra uscito da uno di quei format che girano su quelle reti televisive dozzinali: brutti dialoghi, atmosfere che sfiorano l’amatoriale e pessime battute. Ma molto probabilmente, aldilà dello schermo, non c’è un pubblico fatto di casalinghe, piuttosto degli adolescenti alle prime rollate.

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Il set stile showroom Ikea.

Come funziona Strafatti in Cucina? In ogni puntata due cuochi si sfidano cucinando, ma non immaginatevi una complessa gara in più fasi come Masterchef, qui c’è solo un round. Niente impianto di luci e attrezzature mozzafiato, tutto è girato in una cucina che pare una di quelle dello showroom Ikea, con tanto di pavimento in cemento scrostato. La durata di ogni episodio è di circa 14 minuti – per fortuna – e l’atmosfera che si respira è piena di quell’imbarazzo che provi quando sei fatto durante un pranzo in famiglia.

I giudici cambiano ogni volta e sono esperti di fattanza; si alternano rapper sconosciuti a tipi che vendono panini (messi a confronto sembra sempre che ci sia la versione presa bene e presa male dei fumatori). C’è poi Ngaio Bealum, un divulgatore della Ganja che presenta il tipo di erba che verrà utilizzato dai concorrenti in una sorta di intermezzo educativo.

Ngaio Bealum, l'esperto della Ganja

I concorrenti – anche loro – non sono particolarmente famosi, ma vengono sempre accompagnati dal loro nickname di Instagram, come Canna_queen71 (ho controllato ed è proprio così). Cucinano senza dare indicazioni su come mascherare il sapore della marijuana o incorporarne il sapore, l’unico consiglio che viene dato è quello di riscaldare la cannabis in olio – la maggior parte dei piatti sono infatti cibi lavorati con burro e olio alla canapa – così per attivare il THC.

Una concorrente con un nickname Instagram a tema.

Il cibo non è mai particolarmente bello e appetitoso, ma qualche volta ci si lascia prendere dalla fantasia, come quando nella seconda puntata una concorrente presenta un soufflé, che viene rinominato Sballé (che ridere, eh) decorato con foglie di marijuana, che sembrano di plastica…avanguardia del food porn.

Lo sballé e le guarnizioni “erbose”

Finito l’assaggio dei giudici, il presentatore decreta l’arrivo del momento “THC timeout”, quando la fattanza dovrebbe risalire rendendo tutti allegri, ma la percezione è quella fastidiosissima, di gente che si finge alterata.

Quante foglie di erba vuoi dare al piatto di …?

Si arriva poi il momento della votazione dei giudici, e ovviamente lo strumento sono le foglie di Marijuana. Il premio per il vincitore non è una fornitura annuale di erba, ma un’inutilissima pentola d’oro (il pot of gold è un tipo di cannabis, sempre per restare nell’ordine della grande ironia).

Un vincitore con la sua gold pot.

Insomma, il tipico programma che ti guardi compiaciuto dopo il terzo blunt.

Se poi sei in fame chimica potrebbe farti correre direttamente al frigo.

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