Non solo USA: 8 storie di violenze di polizia contro persone nere e di colore in Europa

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Alle proteste Black Lives Matter scaturite negli Stati Uniti in seguito all’omicidio di George Floyd hanno fatto presto eco manifestazioni in tutto il mondo, e in Europa in particolare. Queste proteste saranno certamente ricordate nella storia—ma troppo spesso, il discorso relativo al razzismo in Europa è filtrato attraverso la lente di qualche evento negli Stati Uniti.

Protestare contro il razzismo negli Stati Uniti può aiutarci a riflettere e a tracciare parallelismi, ma può anche spingerci a credere che il problema esista solo lì e non qui. Nel suo libro Why I’m No Longer Talking to White People About Race, l’autrice e attivista Reni Eddo-Lodge scrive che è importante parlare dei diritti civili dall’altra parte dell’oceano, ma che queste discussioni sono “anni luce” dalla realtà di qui—e in particolare da quella britannica, a cui lei si riferisce: “La lotta degli Stati Uniti al razzismo è globalizzata,” scrive, “ed eclissa la storia dei neri britannici così tanto che ci convinciamo che il paese non abbia mai avuto un problema di razzismo.”

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In un sondaggio del 2018 condotto dalla Fundamental Rights Agency (FRA) e a cui hanno partecipato 6.000 persone afrodiscendenti provenienti da 12 paesi europei, il 24 percento degli intervistati ha detto di essere stato fermato dalla polizia nei cinque anni precedenti. Il 41 percento di loro riteneva che il motivo fosse profiling razziale. Inoltre, l’11 percento delle persone che hanno subito violenza di matrice razzista intervistate, ha riferito che l’aggressore era un poliziotto. Un altro sondaggio del 2017 ha riscontrato che di 10.500 immigrati musulmani e discendenti di immigrati musulmani intervistati, il 16 percento era stato fermato dalla polizia nell’anno precedente al sondaggio. Il 42 percento di loro riteneva che il motivo del fermo fosse la loro identità. Questi numeri non sono solo completamente sproporzionati rispetto all’effettiva popolazione di colore nella maggior parte dei paesi europei, ma sarebbero anche una sottostima, stando alla FRA. (Per i dati sul racial profiling in Italia, rimandiamo a questo articolo).

La fiducia nei confronti della polizia è relativamente alta in molti paesi europei. Eppure, ogni anno, si registrano episodi di violenza da parte di agenti. [_In questo pezzo ci concentriamo su quella verso minoranze, ma sappiamo molto bene come il tema degli abusi in divisa sia più ampio: ne parliamo per esempio nel nostro post “_Gli altri Stefano Cucchi]. VICE ha raccolto alcuni dei casi più noti in Europa e avvenuti negli ultimi cinque anni. Non è una lista completa, ma un punto di partenza per una conversazione più ampia e necessaria.

2015. Glasgow, Scozia.

Sheku Bayoh

Cosa è successo: Sheku Bayoh, 31 anni, lavorava come ingegnere nel settore del gas. Era originario della Sierra Leone, ed era arrivato nel Regno Unito da adolescente. Sua sorella l’ha descritto come “un padre di famiglia amato e un rispettato membro della sua comunità.” Il giorno in cui è morto, Sheku era andato a casa di un amico per guardare un incontro di MMA; lì ha assunto MDMA e della flakka, uno stimolante sintetico. Stando alla sua famiglia, le due sostanze hanno provocato una reazione erratica nel suo comportamento.

Quello stesso giorno, i vicini di Sheku l’hanno visto camminare nei pressi della sua casa a Kirkcaldy, in Scozia, con un coltello, e hanno chiamato la polizia. Quando la polizia è arrivata, Sheku non era più armato. Ma un’ora e mezza dopo, Sheku è stato dichiarato morto in ospedale, con 23 lesioni gravi. La polizia ha detto di aver usato tecniche di fermo aggressive perché Sheku si stava comportando “come uno zombie,” ma le telecamere a circuito chiuso mostrano che molte delle loro dichiarazioni sono esagerate. Stando alla versione ufficiale, Sheku è stato bloccato a terra solo per 30 secondi, ma un testimone oculare ha detto che nove agenti lo hanno tenuto fermo per minuti. “Lo sentivo gridare. Avevo i brividi. L’ho sentito urlare e chiedere ai poliziotti di spostarsi. Non l’hanno fatto,” ha detto il testimone.

La battaglia legale: Nel 2018, dopo una prima indagine, i procuratori hanno deciso di non perseguire nessuno degli agenti coinvolti. Ma, inaspettatamente, il governo della Scozia ha aperto un’inchiesta sul caso a gennaio 2020, dopo più di cinque anni dalla sua morte. Si saprà il risultato tra qualche mese. “Sheku Bayoh era sotto l’effetto di droga, ma non meritava di morire,” ha spiegato l’avvocato della famiglia, Aamer Anwar.

Come aiutare: Contatta l’iniziativa Justice for Sheku Bayoh e firma questa petizione.

Adama Traoré

2016. Parigi, Francia.

Adama Traoré

Cosa è successo: Adama Traoré è morto il giorno del suo 24esimo compleanno. La famiglia lo ricorda cone un “fratello generoso” e un “buon ascoltatore.” Hanno lavorato senza sosta per rendere il suo caso il simbolo dell’antirazzismo in Francia. Il giorno della sua morte, Adama e suo fratello Baui sono stati fermati dalla polizia, che cercava Bagui, per sospetta estorsione. Adama è scappato perché non aveva un documento di identità. È stato preso, ma è riuscito a scappare di nuovo. Alla fine, tre poliziotti l’hanno trovato a casa di un amico. Non c’erano testimoni al momento dell’arresto. Stando alla polizia, Adama aveva problemi respiratori ed è svenuto mentre lo portavano in questura—dove è poi morto. Quando i paramedici sono arrivati, era ammanettato e riverso a faccia in giù sul pavimento, senza battito. Quando sua madre è arrivata, le è stato detto falsamente che Adama si trovava in ospedale. In realtà, era già morto. La famiglia è stata informata del decesso solo ore dopo.

La battaglia legale: Negli ultimi quattro anni, sono state condotte tre autopsie dalla polizia e tre contro-autopsie su richiesta della famiglia di Adama, che hanno riscontrato in tutti e tre i casi morte per soffocamento. La versione della polizia sostiene che il soffocamento sia dovuto a una condizione cardiaca pre-esistente e al consumo di erba di Adama. L’ultima autopsia chiesta dalla famiglia ha concluso invece che la morte del ragazzo sarebbe stata causata all’uso da parte degli agenti della “immobilizzazione prona”, una tecnica per cui una persona viene bloccata a terra e che può provocare asfissia. Gli agenti sono stati esonerati nel 2018, prima che le indagini fossero riaperte nel 2019 e un giudice li assolvesse di nuovo a marzo di quest’anno. Il 5 giugno, il caso è stato riaperto per ascoltare due nuovi testimoni—una donna che ha assistito al primo arresto di Adama, e l’amico da cui si era rifugiato.

Come aiutare: Contatta La Vérité pour Adama e contribuisci a questa campagna.

Rashan Charles

2017. Londra, Regno Unito.

Rashan Charles

Cosa è successo: “Rashan era un ragazzo di 20 anni, un figlio, fratello, cugino e amico amato,” ha detto il suo prozio, Rod Charles, ex ispettore di polizia. Nelle prime ore del 22 luglio, il giovane è stato seguito dentro un minimarket a Londra da un agente che lo sospettava di possesso di droga. Dentro al negozio, Rashan si è messo in bocca un pacchetto, che poi si è scoperto contenere un misto di caffeina e paracetamolo. L’agente l’ha sbattuto a terra e gli ha fatto aprire la bocca mentre lo bloccava con il corpo. Le telecamere di sicurezza mostrano Rashan che agita gli arti convulsamente. Interpretando la sua reazione come resistenza a pubblico ufficiale, l’agente ha chiesto a un civile di aiutarlo ad ammanettare Rashan, che a quel punto sembrava non più cosciente. Quando l’agente ha capito che Rashan non rispondeva, ha chiamato rinforzi anziché l’ambulanza. Un medico della polizia ha prestato primo soccorso, ma l’oggetto che aveva in bocca gli aveva ostruito le vie respiratorie, portandolo in arresto cardiaco. Quando i soccorsi sono arrivati, il suo cuore aveva smesso di battere.

La battaglia legale: Nel 2018, una giuria ha stabilito che la morte di Rashan è stata un incidente. Hanno ritenuto che la tecnica di immobilizzazione usata dall’agente fosse stata appropriata. Nonostante l’agente non abbia seguito il protocollo e chiamato prima un’ambulanza, hanno detto che le sue azioni non erano considerabili come cattiva condotta. Il prozio di Rashan ha contestato il verdetto, dicendo che la giuria era stata influenzata dal coroner chiamato a testimoniare, che aveva legami stretti con la polizia di Londra. L’IOPC (Independent Office for Police Conduct) ha condotto un’indagine separata, che la famiglia di Rashan ha definito “corrotta” fin dall’inizio. L’IOPC ha concluso che la tecnica di immobilizzazione fosse insolita, ma che non sia stata quella la causa della morte di Rashan. Il Crown Prosecution Service non ha fatto altro. “La mancata ammissione di responsabilità non compromette le relazioni con la comunità per qualche settimana o anno, ma le fa regredire di generazioni,” ha commentato la famiglia in una dichiarazione pubblica. “I nostri sforzi per avere risposte non si fermano.”

Come aiutare: Contatta Justice for Rashan o fai una donazione a Black Lives Matter UK.

Mike Ben Peter

2018. Losanna, Svizzera.

Mike Ben Peter

Cosa è successo: Mike Ben Peter, 37 anni, era un cittadino nigeriano e padre di due bambini. Nel 2018, la polizia l’ha fermato durante un “controllo preventivo contro gli spacciatori di strada” vicino alla stazione dei treni di Losanna. Secondo loro, il suo comportamento era sospetto. Durante l’arresto hanno gli spruzzato spray urticante addosso, lo hanno colpito nei genitali e nelle ginocchia, finché non è crollato a terra, con sei agenti addosso. Stando alla versione ufficiale, l’hanno immobilizzato a terra per sei minuti. Le regole della polizia svizzera raccomandano un massimo di due minuti. Quando è svenuto, la polizia ha chiamato l’ambulanza e prestato primo soccorso. È morto di attacco cardiaco in ospedale 12 ore dopo. Gli agenti hanno detto di avergli trovato delle palline di coca in bocca, ma l’esame tossicologico era negativo.

La battaglia legale: La sua morte è stata decretata accidentale. Gli agenti coinvolti nel suo arresto non sono mai stati sospesi e sono tutt’ora in servizio, nonostante l’indagine non sia chiusa.

Come aiutare: Contatta Berner Rassismus Stammtisch.

Amad Ahmad

2018. Kleve, Germania.

Amad Ahmad

Cosa è successo: Amad Ahmad, 26 anni, era un rifugiato curdo scappato dal nord della Siria per chiedere asilo in Germania a marzo 2016. “Amava la vita,” ha detto sua madre Fadhila. A luglio 2018, Amad è stato arrestato dopo che quattro ragazze avevano detto che aveva fatto gesti sessualmente espliciti nei loro confronti. La sua identità è stata inserita in un sistema informatico, dove la polizia ha trovato due mandati di arresto emessi dalla città di Amburgo ma che corrispondevano a un altro uomo, un giovane maliano con un nome simile. I due avevano descrizioni personali diverse—Amad non era nero ed era nato ad Aleppo, non Timbuktu. Amad è stato arrestato e tenuto in custodia per due mesi e mezzo, nonostante la polizia avesse ricevuto una segnalazione da un procuratore per aver arrestato l’uomo sbagliato.

A settembre è scoppiato un incendio nella sua cella. Due settimane dopo, Amad è morto in ospedale in seguito alle ustioni riportate. La polizia ha detto che si era dato fuoco ai vestiti per uccidersi, e che aveva chiuso la finestra per non essere visto. Eppure, altri detenuti hanno dichiarato che Amad aveva sbattuto contro la porta della sua cella e chiesto aiuto dalla finestra per 15 minuti, prima che la polizia intervenisse. Le registrazioni mostrano anche che Amad aveva chiesto aiuto tramite il sistema di comunicazione interna. Un esperto, inoltre, ha riferito che l’incendio non avrebbe potuto dilagare in quel modo se la finestra fosse stata chiusa. “Mio figlio è stato prigioniero per tre anni in Siria,” ha detto il padre di Amad, Mak Zaher. “È stato torturato. Perché avrebbe dovuto uccidersi in Germania?”

La battaglia legale: A dicembre 2018 è partita un’inchiesta da parte di una commissione parlamentare. I sette poliziotti e il medico della prigione sono finiti sotto indagine per detenzione abusiva. L’indagine si è conclusa dopo un anno, citando una serie di errori, ma nessun reato vero e proprio. La famiglia ha fatto appello. A gennaio 2020, un esperto ha inviato alla commissione un’analisi confidenziale che spiegava che l’associazione scorretta tra i dati di Amad e il sospettato malese di nome Amedy Guira era avvenuta tre giorni dopo l’arresto di Amad, il che significa che i due non potevano essere stati scambiati uno per l’altro. L’esperto ha detto che i dati di Amad sarebbero stati manipolati. In Germania, il caso di Amad ha ricordato a molti quello del rifugiato della Sierra Leone Oury Jalloh. Sia Amad che Oury sono morti in un incendio divampato in cella in circostanze misteriose; entrambi gli incidenti sono stati considerati dalla polizia come suicidi.

Come aiutare: Contatta la Amad Ahmad initiative e dona a questa campagna.

Arafet Arfaoui

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2019. Empoli, Italia.

Cosa è successo: Arafet Arfaoui, 32enne di origine tunisina, faceva l’operaio per un’azienda che lavora nell’indotto del porto di Livorno. Dopo aver incassato una parte dell’indennità di disoccupazione, il 17 gennaio del 2019 ha deciso di spedire dei soldi ai parenti in Tunisia. Si è recato così in un money transfer nel centro di Empoli, dove però il gestore lo ha accusato di aver dato una banconota falsa da 20 euro e ha chiamato la polizia.

Arfaoui ha respinto con forza l’accusa e si è chiuso in bagno. Giunti sul posto, gli agenti lo hanno ammanettato, gli hanno legato le gambe e lo hanno tenuto a terra per ben 15 minuti in posizione prona. A un certo punto Arfaoui ha smesso di respirare, e a nulla è servito l’intervento di un’ambulanza. La scientifica ha comunicato la morte “solo due ore dopo essere entrata in casa della vittima, e al termine di una sorta di interrogatorio che, probabilmente, potrebbe essere servito a comporre la versione da dare in pasto alla stampa.” La causa ufficiale della morte è un “arresto cardiocircolatorio,” aggravato da “intossicazione acuta da sostanza stupefacente,” ma la famiglia contesta la ricostruzione delle autorità. Acad, associazione contro gli abusi in divisa, ha riferito inoltre che alla famiglia non è stato concesso di vedere il corpo se non da lontano.

La battaglia legale: La procura di Firenze ha inizialmente aperto un fascicolo per omicidio colposo contro gli agenti e i sanitari del 118. A giugno del 2019 il pubblico ministero ha chiesto l’archiviazione, poiché le “tecniche di contenzione” di Arfaoui non avrebbero “messo a rischio la sua incolumità.” Il legale della moglie si è opposto alla richiesta, e verso la fine del gennaio 2020 il giudice per le indagini preliminari ha disposto un supplemento di indagini per verificare la correlazione tra la morte e la posizione in cui è stato tenuto l’uomo durante il fermo.

Come aiutare: Contatta Acad.

Tomy Holten

2020. Zwolle, Paesi Bassi.

Tomy Holten

Cosa è successo: Tomy Holten, 40 anni, era un cittadino olandese di discendenza haitiana, che stava per diventare padre. È stato arrestato fuori da un supermercato il 14 marzo, dopo che alcuni impiegati hanno detto che aveva disturbato altri clienti. Stando alla polizia, Tomy—che si faceva chiamare Tony da familiari e amici—si è sentito male dopo essere stato buttato a terra da sei agenti. È stata chiamata un’ambulanza, ma i paramedici hanno detto che poteva andare in questura. Nel giro di 90 minuti, Tony era morto. “Era il mio adorato fratello. C’era sempre per me,” ha detto il fratello. Ha detto che Tony aveva avuto problemi di dipendenza da sostanze e che si era cacciato nei guai per aver chiesto dei prestiti, ma precedenti come questi non giustificano in alcun modo l’accaduto.

La battaglia legale: Il caso è oggetto di indagine da parte del Dipartimento nazionale di indagini criminali olandese, una prassi comune quando qualcuno muore mentre è sotto custodia della polizia. Suo fratello non ha molte speranze, però, che l’indagine sia equa. Sta cercando testimoni disposti ad aiutarlo.

Come aiutare: Contatta Controle Alt Delete e firma la petizione contro una nuova legge che renderebbe più difficile perseguire i poliziotti per abuso di potere in Olanda.

Adil

2020. Bruxelles, Belgio.

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Cosa è successo: Adil, 19 anni, era un adolescente di Bruxelles appassionato di moto. La sua famiglia ha deciso di non divulgare il suo cognome e altri dettagli della sua vita. La notte del 10 aprile, una pattuglia della polizia ha iniziato a inseguire lui e un amico, entrambi sui loro scooter, perché non stavano rispettando le regole della quarantena. I due hanno preso strade separate e Adil è arrivato a 700 metri dalla casa dei genitori. Stando alla polizia, stava cercando di superare un furgone quando il suo scooter ha impattato contro una macchina della polizia che viaggiava nella direzione opposta. Ma un esperto ha notato che non c’erano i segni di una frenata sulla strada, e che la volante ha superato la linea spartitraffico di oltre 70 centimetri, segno che, in realtà, sarebbe stata la polizia a colpire Adil. Nel frattempo, l’amico di Adil aveva rinunciato a correre e si era parcheggiato a lato della strada. Mentre gli agenti gli facevano la multa, ha detto di aver sentito qualcuno dire “Ce l’abbiamo, l’abbiamo colpito,” alla ricetrasmittente.

La battaglia legale: Un giudice è stato incaricato di condurre un’indagine pre-processo, e di valutare se qualcuno debba essere incriminato. Si tratta di una procedura standard in Belgio.

Come aiutare: Contatta JAVVA.