Quello che noi in Giappone chiamiamo hon wasabi, ovvero ‘autentico’, è costosissimo. Un chilo può arrivare a costare quasi 300 dollari.
Si scrive wasabi, si legge: quella pallottola verde che trovate di fianco agli uramaki o al sashimi nel vostro ristorante di sushi del cuore. C’è chi la immerge nella salsa di soia, rendendola piccante, per poi intingerci riso e pesce (sbagliato!). C’è chi lo tocca a malapena con la punta di una bacchetta. C’è chi conosce l’amico di un amico di un amico che una volta ne ha mangiato troppo tutto insieme. Brucia, è il commento prevalente. ‘Sa di dentifricio’ è la seconda opzione. Ma chi sa davvero cos’è e come si produce?
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“Partiamo dalle basi: quello che trovate in Occidente non è vero wasabi, è finto wasabi,” esordisce perentoria Aya Yamamoto della Gastronomia Yamamoto di Milano. L’Eutrema Japonicum è una pianta giapponese della famiglia delle Crocifere conosciuta come wasabi. Le varietà più note dell’Eutrema Japonicum sono Daruma e Mazuma. Da essa – più precisamente dal suo rizoma – si ottiene la pasta verde dal sapore piccante che prende il suo stesso nome. O meglio: si dovrebbe ottenere. Quello che troviamo nella maggior parte dei ristoranti non ha niente a che vedere con il vero wasabi.
Il finto wasabi
“Quello che noi in Giappone chiamiamo hon wasabi, ovvero ‘autentico’, ‘nativo’, è costosissimo,” spiega Aya. “Un chilo può arrivare a costare quasi 300 dollari.” E così per produrre la maggior parte della pasta di wasabi in commercio nel mondo si utilizza il rizoma del rafano – della stessa famiglia del wasabi – che viene mescolato con coloranti verde, per dargli un colore più brillante, e ridotto in pasta. Spesso oltre ai coloranti si aggiunge pure della senape.”
Insomma, le pallette verdi del vostro sushi preferito sono con ogni probabilità un misto di rafano, coloranti e magari in piccolissima percentuale wasabi o addirittura polvere di wasabi (che è fatta di wasabi essiccato e sa di… beh, sa di pochissimo.) Quasi sempre i ristoranti comprano questo mix in polvere e lo mescolano con acqua prima del servizio.
Originariamente il wasabi si usava per le sue proprietà antibatteriche: non c’erano frigoriferi ed era fondamentale per conservare meglio il pesce.
Ma perché il wasabi è così costoso? La coltivazione dell’autentico wasabi è difficilissima: c’è chi dice sia la coltivazione più difficile al mondo. La pianta cresce con le radici nell’acqua, in zone fredde (temperatura intorno ai 10-18 gradi), non ama il sole diretto ed è parecchio delicata. Una volta fatta la prima semina, bisogna aspettare due anni per il primo raccolto.
Anche in Giappone ci sono gli all you can eat e si usa il finto wasabi, anche se noi lo chiamiamo ‘western’ wasabi, wasabi occidentale.
In Europa sono riusciti a ricreare una coltivazione simile solo in Dorset. Nel resto del mondo esistono coltivazioni anche in Cina, Taiwan, Nuova Zelanda, Australia. “Non capisco perché gli italiani non si siano cimentati nella coltivazione,” dice Tsuruko Arai di Yuzuya a Bologna, il mio ristorante preferito di cucina giapponese. “Tipo il Trentino Alto Adige avrebbe il clima perfetto, simile a quello di Nagano in Giappone, dove viene prodotto molto wasabi e molto pregiato.” In realtà pare che molte aziende agricole, specializzate in prodotti asiatici, si siano cimentate senza troppa fortuna, come la fattoria di Luino sul Lago Maggiore.
Il vero wasabi
Nel caso ve lo steste chiedendo: no, il sapore di rafano e wasabi non è lo stesso. Quel piccante aspro e pungente che siamo abituati ad associare al wasabi dovrebbe essere moderato da una certa dolcezza di fondo e da un aroma più erbaceo: “È difficile da spiegare, è decisamente peculiare. Una bomba. Una figata.” I dati dicono che solo il 95% dei ristoranti giapponesi nel mondo propone il finto wasabi. Ma consolatevi: il problema del wasabi ‘falso’ esiste anche in Giappone. “Anche da noi ci sono i ristoranti ‘con rullo’ e anche da noi si usa il finto wasabi, anche se noi lo chiamiamo ‘western’ wasabi, wasabi occidentale.”
Volevate fare i fighi mescolandolo con la salsa di soia? Sbagliavate. Il metodo corretto è una piccola grattugiata sul pesce e non sul riso.
Tsuruko ha trovato un buon importatore che le vende hon wasabi grattugiato. “È molto buono, davvero simile a quello grattugiato fresco,” mi spiega. “Ci trovi ancora dentro il rizoma macinato e non ci aggiungono niente. Prima del servizio ci aggiungo l’acqua. È così buono che alcuni clienti mi chiedono come averlo anche a casa! Però noi lo compriamo solo in confezioni da 1 kg.”
Come usare il vero wasabi (e dove trovarlo)
Originariamente il wasabi si usava per le sue proprietà antibatteriche: senza frigoriferi era fondamentale per conservare meglio il pesce. Ed era molto diffuso in ambito medicinale come digestivo e antisettico. Solo nel periodo Edo diventa un vero e proprio ingrediente. “Nei ristoranti si dovrebbe grattugiare la radice con un movimento a rotazione usando una specie di grattugia fatta di pelle di squalo. Va mangiata subito: in meno di 15 minuti perde il sapore,” spiega Aya. Credevate di fare i fighi mescolandolo con la salsa di soia? Sbagliavate. Il metodo corretto è una piccola grattugiata sul pesce e non sul riso. Il suo scopo è esaltare, e non coprire, il sapore del sashimi o del sushi.
Tsuruko suggerisce altri usi: “In Giappone viene spesso servito a fine pasto con il Chazuke, riso e tè verde, oppure semplicemente sopra il tofu.” mi racconta. “Per me è perfetto per pulire il palato con pesci grassi come il salmone oppure con carni come il wagyu.”
Come fare a comprarlo per casa propria? Se in Giappone è molto più facile trovare i rizomi di wasabi in vendita al mercato, mentre da noi è decisamente più raro. Online potete comunque trovare molte wasabi paste in vendita: accertatevi di scrivere ‘hon wasabi’ nel motore di ricerca e di controllare che ci siano altri ingredienti.
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