Cultura

Ho iniziato a vendere le mie opere digitali con i NFT, e ho cambiato vita

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Da qualche mese a questa parte, online si parla incessantemente di un argomento di cui io stesso—che su YouTube sono bombardato da preroll di ex-gommisti liguri che hanno raggiunto la “libertà finanziaria” con schemi Ponzi, e in generale mi ritengo una persona ossessionata dai soldi—non avevo mai sentito parlare prima: gli NFT.

L’acronimo sta per non-fungible token, una tecnologia (un’applicazione della blockchain) usata per autenticare e tracciare la storia di oggetti digitali. Ogni token generato è una nuova unità di dati che viene registrata su una “riga” di un registro digitale. Da quel momento in avanti il gettone può cambiare proprietario, e ogni transazione genera nuovi “blocchi” sulla “chain.”

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Ciascun NFT è un oggetto diverso e unico: un po’ come se una banconota da 10 euro fosse autografata. L’arte digitale sfrutta gli NFT per “certificare” ciascuna copia digitale di un’opera d’arte, che viene poi rilasciata tramite piattaforme che funzionano anche da mercati per il trading delle opere stesse.

Queste ultime possono essere letteralmente qualunque cosa a cui è associabile un token. Giusto per fare qualche esempio: il fondatore di Twitter ha messo in vendita il primo tweet della storia, ma sono stati venduti anche una illustrazione orrenda di Logan Paul con in mano delle carte dei Pokémon, gif celebri, canzoni e figurine animate di momenti storici dell’NBA. Di recente, la casa d’aste Christie’s ha battuto un pezzo di Beeple a 69 milioni di dollari.

Potrete immaginare la mia reazione quando un amico ed (ormai ex) collega ha annunciato su una chat condivisa che si sarebbe licenziato dopo che il suo “drop” (il lancio di una collezione) di NFT era andato meglio del previsto.

L’amico in questione, DotPigeon, ha un profilo Instagram sul quale pubblica artwork digitali. Negli anni ha monetizzato vendendo merchandising, stampando alcune opere, stringendo qualche partnership e vendendo copie fisiche tramite la sua galleria, Plan X Art.

Fino a quest’anno non era però mai riuscito a trovare canali di monetizzazione così liquidi. Il 6 marzo ha “droppato” su Nifty Gateway (un mercato per NFT) la sua seconda collezione intitolata “My Dark Twisted Fantasy” e ha svoltato. Come un sacco di altra gente resuscitata dal suo passato, anche io l’ho chiamato per chiedergli come ha fatto, come funzionano in concreto i NFT e cosa pensa del fenomeno.

VICE: Da quanto fai arte digitale? E come hai conosciuto i nifties? Dotpigeon: Ho cominciato su Deviantart, un portale abbastanza celebre di arte digitale, quando avevo 16 anni. Non definirei quello che facevo all’epoca “arte,” però. Per anni sono rimasto fermo e ho ripreso in modo più strutturato nel 2017, quando ho aperto il profilo Instagram.

I nifties li ho sentiti nominare la prima volta a settembre dell’anno scorso, grazie a @slimesunday, un artista abbastanza grosso su Instagram che aveva fatto una story riguardo il suo drop su Nifty Gateway. Preso dalla curiosità sono andato a vedere cosa fosse e, molto onestamente, non ci ho capito niente.

Ho scritto direttamente alla pagina di Nifty Gateway chiedendo, “Ragazzi, fighissimo tutto, ma mi spiegate cosa state vendendo?” Abbiamo iniziato una conversazione, mi hanno spiegato cosa sono gli NFT, me ne sono innamorato e mi hanno proposto di fare un drop.

**Com’è andata la prima volta?
**Da quando gli ho scritto, la prima data disponibile per un drop era il 6 gennaio. Già all’epoca c’erano un paio di mesi di attesa. Ho lavorato quei due mesi alla mia prima collezione, che però è andata un po’ così così.

In questo ambito ero totalmente sconosciuto: i collezionisti non mi conoscevano e quindi non avevano alcun interesse a comprarmi. La collezione poi esulava dal mio stile, e non l’ho nemmeno promossa—nel senso che non avevo ancora capito quanto enorme era il potenziale della community.

Con il secondo drop ho capito che dovevo assolutamente essere me stesso e attenermi il più possibile al mio stile, piuttosto che cercare di strizzare l’occhio a un trend o a un motivo visuale ricorrente.

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Ok, but the real jungle is outside, un’opera di DotPigeon.

**Conosci qualcuna delle persone che ha comprato i tuoi NFT? Concretamente, che cosa ci si può fare?
**Personalmente ne conosco un paio, non di più. Una percentuale bassissima, se conti che sono stati venduti 1.300 pezzi. Questo a livello fisico, diciamo. Virtualmente ne conosco molti di più, anche perché tendenzialmente i miei compratori sono più stranieri che italiani.

Sulle opere d’arte non ci sono poi tutte queste cose che puoi fare: se sei uno affezionato all’oggetto fisico più che a quello digitale puoi inserire le opere in cornici digitali, canvas, schermi. C’è poi tutto un mercato di device che servono a riprodurre, appendere su un muro o appoggiare su una mensola gli NFT che compri. E ci sono anche un sacco di “mondi” virtuali in cui gallerie, musei, case private, spazi, vengono allestiti con le opere d’arte di chi ha comprato il “terreno.”

**Ai miei occhi le piattaforme per commercializzare gli NFT si somigliano un po’ tutte. Ma è così? E perché hai deciso di vendere su Nifty Gateways?
**Sembrano tutte uguali, ma non lo sono. Alcune si somigliano perché l’oggetto è quello, ma le meccaniche di vendita e di selezione degli artisti cambiano da piattaforma a piattaforma.

La prima grossa distinzione generale è tra piattaforme curatoriali e quelle open: nelle curatoriali c’è un team che decide se chi fa application può entrare a far parte del roster di artisti o meno. Nelle open chiunque può “mintare” [cioè farne degli NFT] il proprio pezzo e venderlo. Rarible e Open Sea sono open. SuperRare e Nifty Gateway sono curatoriali.

Le piattaforme curatoriali non hanno l’esclusiva sugli artisti, ma sull’opera, quindi la stessa non può essere venduta su piattaforme diverse.

La seconda distinzione è sulle tipologie di vendita consentite sulla piattaforma: per esempio SuperRare funziona ad aste, cioè tu metti il tuo pezzo—tendenzialmente parliamo di un pezzo, non droppi una collezione intera—e questo va all’asta per un determinato periodo di tempo, alla fine del quale l’offerta più alta vince. Piattaforme come Nifty Gateway permettono di strutturare il drop in maniere più complesse: puoi decidere se fare delle open edition, delle aste, delle silent auction o delle limited edition.

**Più in generale, mi puoi spiegare come funziona il mercato secondario degli NFT? Le stesse condizioni si applicano su qualunque marketplace?
**Il mercato secondario è uno dei punti davvero rivoluzionari degli NFT: gli artisti che rilasciano le proprie opere come NFT—essendo tutto tracciato— hanno il diritto di guadagnare delle royalty sui pezzi che vengono rivenduti. Nel caso di Nifty, al momento della compilazione del contratto viene chiesto di indicare qual è la percentuale che vorresti ottenere da una vendita secondaria.

Il funzionamento è molto semplice: io rilascio un drop il giorno X all’ora Y. Arriva un nostro amico, un collezionista che quel giorno non poteva comprare e decide di comprare un pezzo da qualcuno che l’ha acquistato al drop. Il prezzo lo decide il venditore (e non l’artista), quindi può essere che un pezzo rilasciato a 100 venga rivenduto a 1.000.000: i guadagni cambiano di conseguenza.

**So che partecipi attivamente al server Discord di Nifty Gateway: com’è la community? Che clima si respira?
**C’è di tutto: chi si è appena iscritto al sito e decide di far parte della community, ma anche chi colleziona nifty da un anno, poi ci sono gli artisti, e così via. Il clima è super-gioviale e positivo. Io non ho mai assistito—se non un paio di volte—a screzi, nonostante ci siano migliaia di persone iscritte e centinaia online a qualunque ora del giorno.

Questa cosa si riverbera poi nel successo o nell’insuccesso di un drop di un artista che ha deciso di coinvolgere la community e ingaggiarla in qualche modo. Io vado sistematicamente sul server a chiacchierare con le persone, non solo per parlare di un drop che deve uscire o per farmi pubblicità, ma anche per scambiare quattro parole mezz’oretta. Il motivo per cui il mio secondo drop ha funzionato è che la community è stata interpellata: ho dato in anteprima, prima di postarli su qualunque altro canale, una serie di contenuti relativi.

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Hey Alexa, tell everyone to go fuck themselves, un’opera di DotPigeon.

**L’esplosione di questo mercato rappresenta per qualcuno una forma di radicale democratizzazione nell’accesso al collezionismo artistico, per altri solo una bolla speculativa a cui partecipare prima che sia troppo tardi. Tu come la vedi?
**Per me non è una bolla, è l’inizio di una curva. Attualmente c’è un’impennata pazzesca. Come in qualsiasi nuovo mercato che si apre ci possono essere delle speculazioni, ma quello che muove tutto il mercato non è questo tipo di pensiero. Questa è la mia opinione, poi magari domani scopriamo che siamo tutti dei burattini mossi da Bill Gates.

**Come ti aspetti evolverà il mercato? L’ingresso delle case d’aste o dei collezionabili NBA ha cambiato qualcosa?
**Sicuramente il mercato cambierà, perché già sento molti collezionisti e utenti in generale lamentare l’enorme numero di open edition. Due o tre mesi fa una open edition faceva 300-400 esemplari; oggi ne fa anche 5.000. Questa cosa inizia a stare un po’ sulle scatole a qualcuno, tanto che si sta cominciando a pensare a meccaniche di burning delle edizioni vecchie, per accentuare il concetto di scarsità dell’opera d’arte.

L’ingresso di nuovi attori invece ha allargato e aiutato a rendere tutto più mainstream. Brand come NBA o case d’aste famose, muovendo anche solo un passo in questo mercato, allargano enormemente la platea di utilizzatori. Credo però che ci sia ancora tanto, tanto da fare, nel senso che adesso tutti i brand cominceranno a entrare o vorranno comunque provarci, le gallerie in qualche modo dovranno adattarsi a questo mercato.

Questo può voler dire organizzare show e mostre relativi all’ambito digitale, cosa che fino all’altro ieri il 90 percento delle gallerie non avrebbe considerato; ma anche cambiare la forma contrattuale che lega artisti e gallerie, con, ad esempio, royalty per il mercato secondario anche in questo caso.

**Ho una curiosità: si può rubare un NFT?
**Si può hackerare un profilo, come si può hackerare un profilo di qualsiasi altro portale e spedire i nifty di questo profilo su altri profili. È un hacking abbastanza banale, però. Del tipo che ti rubano la password e entrano nel profilo. Nel momento in cui proteggi il tuo profilo il nifty non è rubabile.

**Per finire, un’ultima domanda: se qualcuno decidesse di provare a guadagnare con gli NFT, cosa gli consiglieresti di fare?
**Dal mio personale punto di vista, cioè quello di un artista, la cosa migliore è entrare in questo mercato come creator. Poter dare un messaggio attraverso l’espressione visiva o audio o qualunque altra cosa è la cosa più figa che si possa fare.

Chiaramente non tutti hanno la voglia, il tempo, il talento o il dono per poter creare qualcosa, ed è comunissimo che si entri in questo mercato da investitori: c’è gente che guadagna centinaia di migliaia di dollari soltanto comprando e rivendendo le opere d’arte.

Sono due strade percorribili: nella seconda ipotesi, per me la regola d’oro da seguire è essere pronti a perdere tutti i soldi investiti. Non è un guadagno dichiaratamente facile, non è che qualunque cifra metti viene moltiplicata come i pani e pesci da Gesù. Devi essere pronto a perdere.

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