Questo articolo è stato creato in collaborazione con UNOTRE per il lancio di Che sonno, uno spray sublinguale con le sostanze naturali “che ti aiutano a dormirci sopra—domani saprai cosa fare.”
In un’intervista di qualche tempo fa Elon Musk rivelò di dormire sei ore per notte. “Ho provato a dormire di meno, ma c’è stata una totale riduzione della produttività.” Il rapporto tra ore di sonno e task portate a termine è un grande argomento di dibattito nel mondo dell’imprenditoria “ispirazionale”, con tizi che cercano di spiegare come l’abitudine a dormire di meno possa aumentare il livello di lavoro prodotto. Silvio Berlusconi si è vantato più volte di essere arrivato a dormire solo tre ore per notte (“fa benissimo,” sostiene). E così via: Tim Cook si sveglia ogni giorno alle 3.45; Donald Trump dorme dalle 4 alle 5 ore; Marissa Mayer, famosa per la sua settimana da 130 ore lavorative, ne dorme 4. Gli esempi si sprecano.
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Al di là delle critiche che si possono muovere al concetto di iperproduttività in relazione al mondo del lavoro, le ore sottratte volontariamente e con sforzo al sonno hanno ricadute piuttosto evidenti sulla salute fisica e mentale. Abbiamo provato a riunirne alcune, basandoci su studi e riscontri medici.
Cos’è il ritmo circadiano e perché non possiamo auto-settarci come robot
Una cosa che ci dimentichiamo spesso in quest’epoca di delirio tecnologico e post-umano, è che anche noi siamo parte integrante del mondo animale. Non è un caso se i gufi vivono di notte e noi di giorno, il comportamento di una specie è il frutto di millenni di evoluzione, e non puoi semplicemente decidere di cambiarlo perché ci sono le maratone notturne di serie TV. Alcuni fattori biologici coordinano la nostra vita in base al ritmo circadiano: l’orologio interno che scandisce l’alternanza sonno-veglia nelle 24 ore. Come molti altri animali, l’essere umano ha una propensione naturale al sonno che matura col calare del sole. Questo perché il nostro organismo, non appena si fa buio, inizia a produrre spontaneamente un ormone endogeno, la melatonina, che dopo qualche ora induce la sensazione del sonno. È il motivo per cui non dovresti fonderti le retine con tablet e smartphone prima di andare a dormire, come ti consiglia il dottore: la luce artificiale prodotta da questi apparecchi riduce la secrezione di melatonina e disturba il sonno. Il normale ritmo circadiano dell’uomo, tra l’altro, è già stato modificato dall’evoluzione della società e del costume: si stima che, con l’inizio dell’epoca industriale e la diffusione della luce elettrica, gli esseri umani abbiano perso due ore di sonno rispetto alle abitudini precedenti.
Ora: nonostante il concetto di ritmo circadiano generale, ognuno ha il proprio orologio interno. E le ore di riposo necessarie ad una persona possono variare, anche considerevolmente. Le famose otto ore di sonno per notte, che da sempre prendiamo a modello per indicare il quantitativo minimo, sono semplicemente il frutto di un dato statistico.
In media l’essere umano tende a sentirsi pienamente riposato dopo otto ore di sonno, ma nella realtà specifica ci sono dormitori a cui bastano cinque ore, mentre altri a cui ne servono anche 10/11. Di per sé il numero di ore di sonno, in assenza di disturbi diagnosticati, non rappresenta una minaccia per la salute, se si rispettano i propri bisogni. È sottrarre le ore che il corpo richiede naturalmente, forzando il comportamento, che fa sbarellare completamente l’equilibrio psico-fisico.
Gli effetti sulla salute fisica della privazione del sonno
Dormire meno del dovuto ha effetti dannosi sia sul breve che sul lungo periodo. Già i primi sintomi dovrebbero rappresentare un campanello di allarme che il corpo ci invia, ma noi tendiamo a valutarli (nell’estasi della volontà di potenza del capitalismo) come temporanee debolezze che passano con la sopportazione: sono le piccole défaillance che sperimentiamo quando dormiamo qualche ora in meno. Ovvero senso di stanchezza, riflessi rallentati, spossatezza muscolare, leggera nausea o acidità di stomaco.
Se forziamo il nostro organismo a resistere a questi cali di prestazione fisiologici, dopo un po’ tenderanno ad attenuarsi e passeremo una fase in cui la riduzione del sonno sembrerà “accettata” dal nostro corpo, ma non è così: l’organismo sta semplicemente “lavorando in eccesso” per mantenere il ritmo delle nostre stupide urgenze. E infatti, sul lungo termine, potrebbero presentarsi problemi più gravi.
La lista dei disturbi legati ad una prolungata privazione del sonno è molto lunga, quindi è opportuno elencare solo i principali. Negli ultimi anni è emersa, ad esempio, la correlazione tra riduzione del sonno e la probabilità di insorgenza di disturbi degenerativi come l’Alzheimer. C’è un aumento statistico significativo del rischio di malattie e disturbi cardiovascolari. È dimostrato l’aumento del pericolo di diventare diabetici. Ovviamente, quando si parla di temi come questi—nonostante l’aderenza con i dati scientifici—è sempre opportuno fornire un quadro prudenziale: gli studi effettuati sulla privazione del sonno sono lavori di associazione, basati sull’incidenza della probabilità. Non è detto assolutamente che chi si priva volontariamente del sonno, per lavorare come una macchinetta, tra 20 anni avrà necessariamente una di queste malattie. Ma il rischio è sicuramente più elevato.
Gli effetti sulla salute mentale della privazione del sonno
Oltre ai disturbi fisici, poi, ci sono quelli di natura mentale e cognitiva, che a loro volta si differenziano tra breve e lungo termine. Quando si dorme meno del dovuto si diventa subito più irritabili, la memoria a breve termine zoppica un poco, c’è una diminuzione della vigilanza e le facoltà cognitive (apprendimento, attenzione, ecc ecc) calano.
Sul lungo termine invece si registra un aumento della probabilità di esperire due macro categorie di disturbi psicologici—e purtroppo in tali casi psichiatrici—ovvero i fenomeni depressivi e quelli di ansia. In questi casi, va specificato, la letteratura scientifica mostra un quadro bidirezionale del fenomeno: è vero che chi si priva del sonno ha più probabilità di incorrere in un episodio depressivo, ma è anche vero che chi soffre di depressione ha più probabilità di avere disturbi del sonno.
Il paradosso del calo della produttività
Come se non bastassero i paragrafi precedenti a dissuadervi dal calcolare a tavolino quante ore dormire per notte, così da diventare un case study per le pagine Instagram che pubblicano reel motivazionali, sappiate che recenti studi hanno addirittura messo in correlazione la riduzione delle ore dormite da una popolazione con la diminuzione del Pil. Esatto, avete capito bene: a lungo andare una popolazione che dorme di meno non solo produce di meno—ovviamente per alcuni singoli casi non è così, ma in media sì—ma costa anche di più. Perché al calo della produttività vanno sommati i costi sanitari dovuti alle cure dei summenzionati disturbi. Una situazione che dovrebbe lasciare pochi dubbi riguardo all’opportunità di smanettare con le proprie ore di riposo.
In un certo senso, quindi, procrastinare gli impegni per riposarsi come si deve è un atto di ottimizzazione sul lungo termine di quelli impegni. Riappropriarsi del sonno e del diritto al riposo è un atto politico, sociale, economico e sanitario.