Crime

Faccia a faccia con il capo dei sicari del sanguinario cartello messicano ‘Los Zetas’

​Photos by Nathaniel Janowitz

Seduto nella stanza di un hotel di bassa lega, l’uomo mette in chiaro di non voler essere descritto fisicamente — nonostante non ci sia niente di particolarmente memorabile nel suo aspetto.

Non è possibile rivelare neppure il luogo esatto dell’incontro, tantomeno usare il suo vero nome, o i soliti pseudonimi.

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Invece, il capo di una cellula di sicari del cartello dei Los Zetas a Veracruz, uno degli stati messicani con il tasso di morte più alto, ha scelto un nome che ritiene rappresenti la sua carriera: El Sangres, dalla parola spagnola sangre, che significa sangue.

È rarissimo avere la possibilità di intervistare un comandante attivo degli Zetas. El Sangres ha concesso l’intervista per parlare del modo in cui l’influenza del suo famoso e sanguinoso cartello a Veracruz sia cresciuta – e diminuita – in rapporto alla forza dei suoi legami con il governo statale.

Gli Zetas, ammette, sono stati meno presenti negli ultimi anni a causa di una guerra territoriale con il cartello di Jalisco New Generation (CJNG in spagnolo) il quale, insiste, ha un accordo con l’attuale governatore Javier Duarte. Ma, aggiunge, è sicuro che gli Zetas troveranno il modo di tornare a dominare.

“Duarte è una marionetta,” racconta. Non sembra arrabbiato. Il tono della sua voce sembra solo suggerire un dato di fatto, che le regole del gioco sono cambiate dai giorni in cui erano gli Zetas ad avere la fedeltà del governatore. “Duarte vuole porre fine agli Zetas, ma non succederà mai. Uccidono uno di noi e ne spuntano tre o quattro contro di loro.”

Le accuse del sicario nei confronti del governatore, che è al potere dal 2010, non sono verificabili. Nonostante questo, alcuni osservatori esperti della guerra per la droga in Messico spiegano la violenza rampante di Veracruz senza far riferimenti alle politiche narcos.

‘Uccidono uno di noi e ne spuntano tre o quattro contro di loro’

Allo stesso tempo, la calma e la spavalderia di Sangres suggeriscono che – mentre si avvicinano le elezioni, domenica, per rimpiazzare Duarte – il terrore a Veracruz e in altri stati messicani continuerà.

VICE News ha confermato con tre fonti credibili che Sangres è effettivamente chi dice di essere, un membro degli Zetas attivo negli ultimi cinque anni e il leader di una cellula di sicari nella regione centrale dello stato.

Durante l’intervista, racconta di avere quasi una dozzina di killer a lavoro sotto di lui. Li chiama angelitos, piccoli angeli.

“Sono come una famiglia: la mia famiglia è il gruppo che gestisco, degli assassini veri,” dichiara El Sangres. Insiste sul fatto che sebbene “le gente pensi che siamo i peggiori,” ci sono buone ragioni per cui gli viene ordinato di uccidere. Le sue vittime “dovevano qualcosa” o si erano immischiate in cose di cui non avrebbero dovuto occuparsi. Con quello che sembra orgoglio, dice di non commettere altri tipi di crimine, come estorsioni o furti.

‘Ricevo ordini di andare in un luogo preciso, trovare una persona precisa, rapirla e poi assicurami che non si veda mai più’

“Non ti frego il portafogli o il telefono, non ti prendo l’orologio,” dice. “Ricevo ordini di andare in un luogo preciso, trovare una persona precisa, rapirla e poi assicurami che non si veda mai più.”

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Le origini degli Zetas risalgono al confine statale di nord-est di Tamaulipas, negli ultimi anni Novanta. Il cartello del Golfo aveva reclutato un’élite di disertori militari messicani per formare una squadra armata all’interno dell’organizzazione. Il gruppo di soldati altamente specializzati aveva poi cominciato a operare in maniera indipendente, e l’alleanza Golfo-Zetas finì definitivamente nel 2010, causando una guerra territoriale molto violenta nello stato di Tamaulipas.

Intanto, gli Zetas si erano costruiti una reputazione per essere particolarmente sanguinosi, lasciando cadaveri appesi ai ponti, teste mozzate all’entrata di alcune scuole, girando video di donne fatte a pezzi per poi pubblicarli online.

“Non eravamo qui a Veracruz. Siamo arrivati perché il governo di Fidel Herrera ce l’ha lasciato fare — e questo te lo garantisco,” spiega El Sangres, riferendosi al predecessore di Duarte.

El Sangres sostiene che “Fidel” aveva inizialmente invitato gli Zetas a Veracruz, poco più a sud di Tamulipas, nel 2005, per risolvere alcuni “problemi” che aveva. Ma, aggiunge il sicario, il gruppo è presto sfuggito al controllo del governatore.

L’influenza degli Zetas a Veracruz, un tempo, era talmente incontrastata che la gente del posto faceva battute sulla “z” nel nome dello stato, e in molto delle sue città più grandi — la capitale, Xalapa-Enriquez, Orizaba, Coatzacoalcos, Ciudad Mendoza, Zongolica, Aculztingo, e altre.

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Fernanda Rubí Salcedo è stata una delle vittime dell’orrore degli Zetas.

Gli Zetas sembrerebbe abbiano rapito la bella 21enne il 7 settembre 2012 perché uno dei loro leader voleva che diventasse la sua fidanzata.

Rubí e altri amici erano usciti in un bar di moda, il “Bulldog” di Orizaba, una città importante nella regione centrale di Veracruz e una roccaforte degli Zetas. Verso mezzanotte, quattro uomini armati sono entrati nel bar, dirigendosi verso di lei.

Nonostante il bar fosse pieno, e protetto da guardie di sicurezza, niente ha impedito al gruppo di prelevare la giovane donna dalla pista da ballo trascinandola per i capelli. L’hanno poi legata dentro a un camion che è scomparso nella notte. Il bar era a meno di 50 metri dalla caserma della polizia municipale, e a meno di 100 metri da quella della polizia statale.

Da allora, la madre di Rubí è diventata la forza motrice dietro agli sforzi di ritrovare la giovane donna.

Un poster di Fernanda Rubí Salcedo, rapita dagli Zetas. (Foto di Nathaniel Janowitz/VICE News)

“Ho fatto indagini approfondite, ho fornito indirizzi, nomi, indizi. Perché non hanno fatto niente?” ha detto Araceli Salcedo lo scorso mese. “Perché conoscono gli Zetas, e sanno chi è coinvolto e non li possono battere.”

Salcedo ha parlato a una marcia a Città del Messico il 10 maggio scorso – nella giornata messicana della festa della mamma – insieme a centinaia di altre famiglie che hanno familiari dispersi per tutto il paese.

‘Perché non hanno fatto niente? Ovvio. Perché conoscono gli Zetas’

La sua temerarietà è nota, a Veracruz, dove lo scorso ottobre un giornale locale l’ha filmata mentre urlava “dov’è la mia famiglia” al governatore Duarte, in visita a Orizaba.

Il governatore l’ha inizialmente ignorata, e ha poi sorriso al poster di Rubí che la donna teneva in mano.

“Non prendermi in giro, levati quel sorriso dalla faccia,” aveva detto la madre, con determinazione. “Siete tutti uguali. Pura corruzione.”

Le grida di Salcedo hanno risuonato per tutta Veracruz dove molti credono che i politici siano i criminali peggiori.

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I primi segni del declino degli Zetas a Veracruz erano arrivati da un video su YouTube postato nel luglio 2011, in cui si vede un grande gruppo di persone armate e incappucciate chiamarsi Los Matazetas — gli Zeta killer. Hanno nominato l’ex governatore come il leader degli Zetas, chiamandolo “Z 1.”

I Matazetas erano in realtà un ramo del cartello dei Jalisco New Generation, e il loro video aveva annunciato il loro tentativo di soffiare il controllo dello stato agli Zetas. Era l’inizio della guerra tra cartelli che continua ancora oggi.

I Matazetas, noti come CJNG, in un video del 2011. (Screenshot via YouTube)

Il cartello di Jalisco è da allora stato riconosciuto come uno dei cartelli in più veloce crescita, presente in diversi stati per tutto il Messico.

Nel 2015, la DEA – l’organo antidroga americano – ha pubblicato una mappa della più recente distribuzione territoriale dei cartelli in Messico, classificando il CJNH come il padrone della regione centrale di Veracruz. Un altro rapporto della DEA dello stesso anno, aveva stabilito che CJNG e gli affiliati Cuinis, sarebbero i narcotrafficanti più ricchi del mondo, più del leggendario cartello di Sinaloa e del loro leader, ora incarcerato, Joaquín “El Chapo” Guzmán. Il rapporto evidenziava Veracruz in rosso, come un fattore chiave per la loro superiorità economico, poiché attraverso questo stato CJNG può trasportare cocaina e metanfetamina verso l’Europa, il Canada e l’Asia.

El Sangres sostiene che i nuovi intrusi siano stati anche loro aiutati dal passaggio di fedeltà di Duarte, salito al governo nel 2010.

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“Stiamo perdendo terreno, presenza, rispetto, tutto,” racconta.

Il sicario spiega che gli Zetas stanno perdendo membri che passano al CJNG. Si lamenta anche dello sgretolarsi della professionalità rinomata, sebbene brutale, del gruppo, che era la norma al tempo in cui lui era entrato nella última letra, la lettera finale – Z.

“Sfortunatamente, l’organizzazione della letra sta reclutando persone che non sanno cosa stiano facendo. Mandano in guerra dei ragazzini che non sono addestrati,” dice. “Alcuni di questi ragazzini hanno 15 anni, e mai più di 20. Ci sono pochissime persone rimaste che siano più grandi e che capiscono quale sia il nostro lavoro.”

Per quanto inesperti siano i killer, la violenza a Veracruz continua.

‘Mandano in guerra dei ragazzini che non sono addestrati’

Nel mese trascorso tra l’intervista e la sua pubblicazione, tre incidenti sono finiti sulle pagine dei giornali. A Xalapa-Enriquez, cinque persone sono state giustiziate in un bar. Ad Amatlán de los Reyes, sono stati scoperti cinque corpi smembrati. Il messaggio trovato con i corpi suggerisce che i morti fossero degli Zetas, uccisi da membri operativi del CJNG. Al Bulldog – il bar di Orizaba dove Rubí è stata rapita – un membro importante del cartello è stato ucciso con un’arma da fuoco nelle prime ore del mattino del 2 di giugno.

La guerra territoriale con i Jalisco è una delle ragioni per cui El Sangres ha accettato di fare questa intervista, a patto che durasse meno di mezz’ora.

La spiegazione è stata che il suo “lavoro” gli richiede di spostarsi ogni ora, per non venire ucciso. Il suo nervosismo è palpabile. Siede rigido su una sedia in un angolo della stanza. Le sue mani si aggrappano ai braccioli della seduta. Le nocche bianche.

Il declino degli Zetas, comunque, non ha portato maggiore sicurezza per gli abitanti di Veracruz.

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Per la famiglia di Quevado Orozco, la vita sotto il controllo del CJNG è persino peggio.

Dei rapitori hanno catturato Gerson Quevado, studente 19enne di architettura, all’uscita di un negozio di alimentari nella cittadina di Medellin de Bravo nel marzo 2014. Hanno chiesto alla famiglia 80.000 pesos – circa 4.000 euro – di riscatto, pagato nelle modalità richieste.

Il padre, la madre, la sorella, il fratello, la fidanzata e il fratello della fidanzata di Gerson hanno aspettato nella casa della famiglia per una telefonata che non è mai arrivata per sapere che era stato rilasciato. Invece, un presunto amico della famiglia aveva comunicato loro un indirizzo dove aveva detto che Gerson era tenuto prigioniero.

La famiglia aveva mandato il fratello di Gerson, Alan, promettente portiere di 15 anni in una famosa squadra di Veracruz. Avevano mandato anche Miguel, fratello della fidanzata e esperto combattente di taekwondo. Non lo avevano comunicato alle autorità. Avevano paura che la polizia avesse collegamenti con i rapitori.

‘Perché hanno rapito mio figlio? Perché hanno ucciso l’altro mio figlio? Voleva solo vedere suo fratello’

Alan e Miguel sono stati accolti con degli spari e sono morti sul colpo. Gerson risulta ancora scomparso.

La famiglia è convinta che i rapitori siano parte del CJNG e godano della protezione della polizia perché questa non ha fatto niente con le prove che gli sono state fornite.

Foto dei familiari di altri ragazzi scomparsi. (Foto di Nathaniel Janowitz/VICE News)

“Non solo i nostri familiari sono scomparsi, ma le prove sono scomparse anche quelle. Cosa fai con così tanta corruzione?” aveva detto Marisela Orozco, madre di Gerson e Alan. “Questo governo di merda ci sta uccidendo.”

Orozco, suo marito, insieme a sua figlia ha sfilato con la madre di Rubí per la festa della mamma a Città del Messico, nel tentativo di sensibilizzare rispetto alla violenza di uno stato che hanno adesso abbandonato.

“Perché hanno rapito mio figlio? Perché hanno ucciso l’altro mio figlio? Voleva solo vedere suo fratello,” aveva detto. “Queste persone non hanno una madre? Non hanno figli?”

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El Sangres dice di avere una ex-moglie e dei bambini. Aggiunge che la ex sa che cosa fa, ma non i suoi figli, nonostante non veda nessuno di loro.

“La famiglia per me non esiste più, sono solo,” racconta. Per un momento sembra faticare a scegliere le parole. La sua voce trema. “Non sanno cosa mi succeda. Io so di loro, ma no…”

Il reo confesso pluriomicida descrive anche la sua decisione di affiliarsi al cartello come il risultato degli abusi di potere a cui ha assistito lavorando come poliziotto municipale. Dice di aver lasciato il posto a causa di “tutte le ingiustizie” che ha visto e di essersi poi aggiunto al cartello quando “gli hanno offerto la giusta paga.”

El Sangres ha acconsentito di farsi fotografare mascherato, coprendosi con un lenzuolo. (Photo by Nathaniel Janowitz/VICE News)

“La tua vita peggiora in tutti gli aspetti,” osserva. “Non dormi bene. Senti sempre il bisogno di muoverti da un posto all’altro. Perché? Perché anche la tua stessa organizzazione vuole ucciderti.”

Proprio prima di lasciare l’hotel, El Sangres ci comunica che possiamo scattare una sola foto, ma soltanto se avessimo fornito una maschera. Ne avevamo portata una, nel caso ci avesse fatto questa richiesta.

Il sicario prende un lenzuolo bianco e copre il resto della testa. Di fronte al muro bianco alza la mano e la punta in camera. Il movimento gli alza un po’ la camicia e lascia intravedere una pistola vera, infilata nei pantaloni.

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