Cibo

Sono andata alla ricerca del miglior cibo di Bologna dopo mezzanotte

Mangiare di Notte a Bologna

I biassanot , in dialetto bolognese, sono i tiratardi. Il popolo notturno che un tempo girovagava per le strade della mia Rossa, Grassa e Dotta città fino all’alba, biascicando un po’ per effetto del vino, girovagando fra quelle “osterie, vino e malinconie” di cui Guccini è sempre stato il cantore supremo (non sanzionatemi perché cito Guccini, accadrà ancora da qui alla fine del pezzo).

Per quel popolo ho sempre nutrito una discreta fascinazione – una fascinazione un po’ distaccata, da non amante della vita notturna in generale, e di quella bolognese in particolare. Soprattutto, lo ammetto alzando un sopracciglio alto-borghese, della sua evoluzione negli ultimi anni, molto accomodante verso gusti e bisogni degli universitari, poco verso quelli dei cittadini.

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Ma cosa si può fare quando MUNCHIES ti chiede di scrivere un pezzo sul mangiare di notte a Bologna? Ho chiamato l’amico e fotografo Roberto Taddeo, estimatore dei gin tonic post-mezzanotte, e l’amico Luca Marozzi, grande conoscitore della vita notturna bolognese, sempre pronto a rimbrottarmi per l’anzianità precocemente insita nelle mie scelte di vita.

Mangiare di notte a Bologna: Vagh In Ufezzi

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Ore 00.15: la nostra navigazione inizia da Vagh In Ufezzi , in una defilata via del centro storico. Il locale ha aperto a inizio Novecento e da allora si sono susseguite diverse gestioni. Nel 2005 Mirco e Antonella hanno aperto Casa Carati, specializzato in cucina mediterranea, che nel 2013 hanno trasformato in un’osteria di stampo più tradizionale, a partire dal nome: “Me a vâgh íñ ufézzí“ , dicevano i nonni bolognesi quando andavano in osteria e non volevano essere disturbati dalle mogli, “Vado in ufficio”. Cucina di gusto e sostanza, pochi frizzi e lazzi nel servizio, non stanno più aperti fino alle due come un tempo ma rimangono un accogliente rifugio per i tira-non-eccessivamente-tardi.

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Aperto sia a pranzo che a cena, espone sempre i piatti del giorno fuori dalla vetrina. Noi ordiniamo uno paté di fegatini di pollo che si rivela maestoso nelle dimensioni e nel sapore. Con tre bicchieri di vino rosso fanno 12 euro e passa la paura.

A pochi passi di distanza c’è La Tigre, storica osteria rilevata qualche anno fa da un gruppo di soci tra cui figura Cesare Cremonini. La frequentazione è giovane, il menu basico, si beve discretamente e ogni tanto si fa vip watching (locale). Noi, però, stanotte vogliamo dirigerci verso altri lidi.

Django – appena fuori porta

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Ore 1.00: subito fuori Porta Castiglione c’è Django, aperto da circa un anno nei locali dell’ex Bar Degli Etruschi, data di apertura 1910. È Bologna, bellezza: dovunque ti volti stratificazioni di storia e insegne, macchie di vino e patacche di ragù.

Riservato

Il locale è affascinante in un suo modo un po’ lynchiano: luci bassissime, colore rosso dappertutto, frequentazione – a quanto vediamo – esclusivamente maschile. Ordiniamo uno Spritz, due gin tonic e un piatto di gramigna alla salsiccia, propostoci come l’unica alternativa a toast e ai taglieri. Il trillo del microonde ci annuncia come è stata preparata. Decido di non volerne sapere di più sulla preparazione.

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Gramigna cotta al microonde

Dopotutto chi, al secondo Spritz e all’approssimarsi delle due di notte, ha modo di preoccuparsi del dito abbondante di olio e grasso animale rimasto nel piatto?

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Io che me ne frego della cottura della Gramigna.

Nella selezione preventiva di locali che abbiamo fatto, ahimè, abbiamo dovuto escluderne diversi. Prima di tutto quelli fuori centro come la celebre Trattoria Il Mulino Bruciato, perché volevamo muoverci solo a piedi, impresa facilitata dal fatto che la maggior parte delle osterie notturne sono nella zona ‘alta’ della città, quella più borghese e residenziale, in contrasto con quella ‘bassa’, sotto le Due Torri, più frequentata dagli universitari e di conseguenza a più alta concentrazione di pub, kebab, forni.

Osteria Borgonuovo – Mangiare bene bene di notte a Bologna

Un altro dei local favorites è l’Osteria Borgonuovo. Se decidete di andarci – si trova nell’omonima via, sempre in pienissimo centro – fate attenzione: fuori non c’è nessuna insegna, dovete spingere la porta ed entrare.

Gli interni sono intimi e vagamente goticheggianti (fate caso ai candelabri), l’atmosfera sempre conviviale ma in modo rispettoso, la cucina confortevole con tratti di seria delizia – l’ultima volta ho preso una terrina di patate, sedano rapa, speck e uovo in camicia che non avrebbe sfigurato in un vero ristorante con orari diurni.

Osteria dello Scorpione – via Saragozza

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Osteria dello Scorpione

Ore 2.15: approdiamo all’Osteria dello Scorpione, in una piccola traversa di via Saragozza. Aperto fino circa alle tre, tra le sue strette pareti ricoperte di pannelli in legno offre ristoro notturno, giochi di società e una buona selezione di liquori ai nomadi della notte. “Cosa dovremmo ordinare?”, chiediamo al proprietario.

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Il rotolo gigante, risponde senza indugio, e dopo qualche minuto ci porta a tavola un rotolo, effettivamente gigante, di quella che sembra pasta di pizza ripiena di prosciutto, formaggio, rucola e altre cose non meglio identificate. Buono è buono.

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Entra un signore che avevamo già visto da Django. È il popolo notturno in marcia, con i suoi rituali di riconoscimento, le sue abitudini capovolte, le sue tappe cristallizzate. Si ferma a guardarci. “Possiamo fermare tutto tranne il tempo” proclama con voce stentorea e una certa fissità vacua nello sguardo. Si interrompe un attimo. In sottofondo sta cantando Steve Lacey. “Il tempo non passa, siamo noi che passiamo”. Dopodiché si avvia al tavolo di fianco, dove una coppia di coetanei lo sta evidentemente aspettando per una partita a carte, insieme a una coppia di ragazze giovani.

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Sarà il cartonato di Valentino Rossi che con aria inquietante troneggia sul nostro lavoro, saranno tutte queste persone che paiono conoscersi, sarà il secondo bicchiere di Cynar, ma l’atmosfera dello Scorpione ha davvero un che di esoterico.

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Almeno per me: Luca decide di andarsene a letto e ci abbandona, Roberto ordina un altro gin tonic.

Al Mi Furner – Il Forno in Porta San Felice

Pizza al mi furner bologna di notte

Ore 3.30: è il momento del forno. Perché che senso ha fare l’alba se non ci si ferma a un forno? Che senso ha, chiedo appunto a Roberto, visto che io non lo faccio mai? Nessuno, mi conferma. E quindi eccoci da Al Mi Furner , il forno più noto di Bologna – forse anche per la posizione strategicamente comoda al parcheggio, subito fuori Porta San Felice. Lo gestiscono il signor Valentini e i figli, che ci inviano a entrare nel laboratorio con le facce riposate, sorridenti e tranquille di chi ha un ritmo circadiano diverso da quello del resto della popolazione.

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Premetto subito una cosa: a me i bomboloni non piacciono. Non mi piacciono le cose zuccherose di pasta lievitata, non mi piacciono le cose zuccherose fritte di pasta lievitata. È quindi con estrema rassegnazione che mordo un bombolone ripieno di crema al pistacchio, scelto perché mi sembrava la cosa più simile a “quello che potrebbe ordinare un cliente abituale di Al Mi Furner in chimica”. Infatti, mi confermano, è il più apprezzato.

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Una patina istantanea di zucchero mi ricopre i denti, la crema sa di tutto tranne che di pistacchio, intravedo principalmente il sapore del “rimpianto per quel che m’hai dato, che è quasi ricordo, e in odor di passato”.

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Il mio stomaco si rimesta e quasi vorrei ordinare una pizza per fermare l’inarrestabile alzarsi del picco glicemico. Immagino sia esattamente quello lo scopo nello sfornare dolci notturni: creare un circolo vizioso bombolone-pizza-cornetto-pizza. Diabolici.

Babilonia – Falafel e un sacco di altre cose in via del Pratello

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Ore 4.00: la nostra ultima tappa è in via del Pratello: il kebab e i falafel di Babilonia, sono forse i più celebri della città. Perché cos’è un tour gastronomico notturno senza il reflusso, i sogni unti di salsa allo yogurt, le lacrime di cipolla cruda del giorno dopo? Quando però arriviamo lì davanti, strascicando i piedi nel tentativo di mantenerli su una linea dritta, scopriamo che è chiuso. Perché sei chiuso, Babilonia? Di chi ci si può fidare, in questo mondo, se anche i kebabbari chiudono in un qualsiasi mercoledì infrasettimanale? È così che si tratta la gente sbronza alle quattro di notte? Potrei fingere che tutti questi pensieri mi abbiano davvero attraversato il cervello obnubilato da una nube di Cynar e stanchezza. In realtà ho semplicemente pensato con sollievo: che fortuna. Posso tornare a casa e sperare di digerire tutto entro domani sera.

[voce del narratore fuori campo: la nostra beniamina non sapeva che non avrebbe comunque digerito prima di due giorni]

Torniamo sui nostri passi, appesantiti e insonnoliti, “cullati fra i portici cosce di mamma Bologna”. Che forse Guccini e Dalla non ci son più a suonare la chitarra in osteria, ma la notte a Bologna il suo fascino l’ha mantenuto.

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