Franek Broda è un attivista LGBTQ polacco di 18 anni. Suo zio, invece, è l’attuale primo ministro, Mateusz Morawiecki.
Broda è salito alla ribalta nel 2020, quando—tre settimane dopo il suo diciottesimo compleanno—è apparso sulla copertina della principale rivista LGBTQ del Paese. Oggi, dopo essersi espresso contro un parlamentare conservatore di spicco, è uno degli attivisti LGBTQ più in vista del paese. Un paese in cui, sotto la spinta del partito Diritto e Giustizia (PiS in polacco), le minoranze come quella LGBTQ sono spesso apertamente osteggiate.
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Nella sua prima vera intervista con una pubblicazione di lingua inglese, Broda ha raccontato a VICE World News, via Zoom, per quali motivi non ha paura di esprimersi, le conseguenze del suo attivismo sulla sua famiglia, e il suo posto nella comunità queer.
VICE: Cosa significa essere un diciottenne polacco, nel 2021?
Franek Broda: Posso parlarne solo dalla mia prospettiva e, siccome frequento soprattutto persone ben più grandi di me, la mia prospettiva è probabilmente un po’ diversa dalla media. Non ho mai avuto l’abitudine di uscire con i miei coetanei e compagni di scuola. Ho sempre preferito gruppi con qualche anno in più. Mi piace credere di essermi creato la mia stessa storia. Ho lasciato casa a 17 anni e vivo da solo, e questo ha decisamente dato forma al modo in cui penso.
Guardo al mondo attraverso le lenti dell’indipendenza e dell’autonomia personale, del prendermi cura di me stesso e prendere da me le mie decisioni. Tutto ciò si traduce nel mio attivismo politico e nella mia arte. È difficile per me dire cosa significa avere 18 anni quando, a essere onesti, non sono mai stato un diciottenne normale.
Come è visto il tuo attivismo dai tuoi coetanei?
Mi sembra che ora i miei coetanei stiano iniziando a recepire il messaggio. Per molti di loro è difficile comprendere quanto alcune persone possano mancare di rispetto nei confronti degli altri. Ed è questa la ragione principale della mia militanza: la mancanza del semplice rispetto.
Io sono una persona socievole. Magari non so molto di, diciamo, legge o economia, ma leggo tanto di argomenti di natura sociale, ho parlato con tantissime persone e penso sia difficile per persone come me accettare quanto la società possa essere piena di odio. Sono contento che la mia cerchia di conoscenze mi tratti ancora come un amico, e non solo come un attivista, perché sarebbe stancante.
Quindi è la mancanza di rispetto nei confronti delle parti più marginalizzate della società a guidare il tuo attivismo?
“Attivismo” è un termine molto ampio. Non significa solo partecipare alle proteste o urlare gli slogan. Per me, include anche il modo in cui agisci nella tua vita di tutti i giorni. Sono un attivista persino quando parlo a una persona che ho incontrato per la prima volta e con la quale sto scambiando punti di vista.
Cosa mi dici della comunità queer? Quanto è complicato farne parte in Polonia?
Dipende se sei abituato o meno. Conosco una coppia che si ama e sta insieme da anni, che mi ha rivelato di essersi isolata dai recenti avvenimenti. Vorrebbero sposarsi ed essere riconosciuti dallo Stato, ma preferiscono semplicemente andare avanti con le proprie vite. A questo punto del loro cammino, ci hanno semplicemente fatto il callo.
La Polonia ha davvero un grande problema con la cultura della vergogna. Odiamo le persone che vogliono essere loro stesse senza alcun rimorso. Le persone LGBTQ in Polonia hanno paura di tenersi per mano per strada o di truccarsi. Perché ti chiamano subito “f****o”. Il governo manda costantemente segnali negativi attraverso i media, dicendo spesso che noi vogliamo “rovinare i ragazzini.”
Come risultato, se ti mostri per quello che sei, sei in pericolo. Un mio amico è stato aggredito su un mezzo pubblico per il semplice fatto di avere indossato delle stringhe arcobaleno sulle scarpe. Personalmente, mi è capitato di essere minacciato per la stessa ragione. Dunque sì, la vita in Polonia per noi è dura. Dobbiamo aspettarci di essere infilati in un ghetto?
Parli con la tua famiglia di politica?
Sì e no. Quando lo faccio, cerco di non trattare temi che inducano tensione. Politicamente, io e la mia famiglia siamo agli opposti. Non è sempre stato così, comunque: quando ero più giovane ero un sostenitore del PiS, sono stato persino un membro dei loro club giovanili.
Come vivi il fatto di essere nipote del primo ministro, è una condanna o una benedizione?
Nel momento stesso in cui ho saputo che mio zio sarebbe stato primo ministro, ho saputo che sarebbe stata una maledizione. Venti minuti dopo la sua nomina, ho cominciato a ricevere messaggi dagli hater. Per me, comunque, è una condizione piuttosto neutrale. Sarebbe una benedizione se volessi trarne vantaggio. Per esempio se fossi davvero malato e chiedessi di essere portato in un ospedale privato in elicottero. Cosa che non è in programma.
Tuttavia, un professore in psicologia mi ha detto essere una benedizione in un senso diverso. Ovvero che, benché io non supporti i suoi punti di vista, grazie a lui ho una voce. Però è anche una condanna nel momento in cui tutti guardano a te come al nipote del premier, e non ti considerano come Franek Broda.
Cosa ci dici della tua vita di tutti i giorni?
Una volta sono entrato in un negozietto e la signora alla cassa mi ha chiesto se ero il nipote del primo ministro, perché avevano un mucchietto di giornali sui quali comparivo in copertina. La maggior parte del tempo, però, solo le persone più interessate e orientate verso la politica sanno chi sono. Diversamente, sono solo Franek Broda, ed è così che mi presento.
Come vedi la tua famiglia e tuo zio, ora?
Io li rispetto. Il primo ministro è il primo ministro, lo zio è lo zio. Se lo critico, critico la figura del premier, non mio zio. I giornali fanno sempre sembrare sia l’esatto contrario, sfortunatamente. Ma io amo la mia famiglia e sono in grado di separarla dalla politica.
Perché pensi tutti vogliano metterti contro tuo zio?
Per i click. Se qualcosa ti fa cliccare su un link, è tutto che ciò che conta. Chiaramente, sarebbe molto redditizio sia per me che per loro uscirsene con un titolone del tipo “Franek Broda manda al diavolo suo zio, il primo ministro,” ma non mi interessa la popolarità. Io voglio vedere un cambiamento reale.
In un’intervista hai detto che tra dieci anni ti piacerebbe vederti con un partner e con la tua famiglia, ma che non sai se sarà possibile. Non sarebbe più semplice trasferirsi?
Certamente, ma qui non si tratta di affrontare alcunché di semplice. Sono nato qui, qui ho i miei amici e qui ho incontrato giovani che si sono messi a piangere sulla mia spalla, troppo spaventati dall’essere loro stessi. In Olanda potrei avere una relazione tranquilla, dei figli, sposarmi. Ma cosa dovrebbero fare quelli che non possono trasferirsi all’estero, le persone che non possono permetterselo o non parlano altre lingue? Se altri attivisti ragionassero in questo modo, ci sarebbe mai un cambiamento? Voglio che ci si senta liberi di vivere in Polonia, non in un qualche posto di merda simil-ghetto.
Hai preso parte alle proteste di massa dopo l’abolizione dell’aborto?
Sì, ogni giorno. Avevo preso l’abitudine di andare da un posto all’altro: protestare a Breslavia di giorno e a Varsavia di sera.
Non credo che il resto del mondo ne sia a conoscenza, ma in Polonia abbiamo come materia scolastica la religione, obbligatoria in molte scuole. Benché non in tutte. Alcuni politici sostengono che dovrebbe avere un suo esame alla fine del ciclo scolastico, altrettanto obbligatorio. Cosa ne pensi?
È spaventoso, sì, e peraltro è pagato dai contribuenti, cosa oltremodo assurda. Se dovessi partecipare a quell’esame mi alzerei, straccerei il foglio, lo lancerei in aria e me ne andrei. Stiamo pagando affinché i preti possano venire nelle scuole e dire ai ragazzi che la masturbazione farà loro delle cose assurde. Non dovrebbe andare in questo modo, soprattutto visto che si tratta di scuole finanziate dallo Stato, non dalla Chiesa.
I miei insegnanti di religione dicevano che i ragazzi magri hanno più probabilità di diventare gay e che la masturbazione non è naturale perché il corpo di un uomo si sbarazza dello sperma in esubero attraverso l’urina. Anche loro tendevano ad essere persone dalla mentalità ristretta, individui moralisti e pronti a giudicare gli altri. Hai avuto un’esperienza simile?
Il prete che ci faceva religione aveva l’abitudine di arrabbiarsi quando mi rivolgevo a lui chiamandolo “signore” [professore] al posto di “padre”. Gli chiesi se avrebbe rispettato il pronome di una donna trans durante una conversazione con lei. Mi rispose di no, spiegando che “Dio l’ha creata come uomo.” Quindi mi sono rifiutato di chiamarlo “padre”.
Se ti potesse essere concesso un desiderio, quale sarebbe?
Che un giorno la Polonia cambi.