Música

Neneh Cherry – Blank Project

I più antichi ricordi di Neneh Cherry che ho sono i video di “7 Seconds” e “Woman”. Eravamo in piena golden age dell’R&B, e il suo stile era assolutamente conforme all’epoca. Sarà che ero poco più di uno gnomo, e non coglievo le—mi dicono—raffinate inflessioni jazzy dei suoi arrangiamenti, ma mi pareva davvero una voce femminile come tante altre. Se non altro, in sua compagnia pure Youssou N’Dour sembrava più pop e sexy, e almeno un po’ affrancato dal world-colonialismo paraculo e forzato di Peter Gabriel.

Non sapevo un accidente del suo passato, da solista o coi Rip Rig + Panic, nè sapevo chi fosse suo padre adottivo Don Cherry, mentre invece adesso ti meno se non lo ritieni uno dei musicisti più geniali di sempre. No, di parente le riconoscevo solo quell’imbarazzo di fratello; questo per dire che nella mia testa l’immaginario legato a Neneh rimarrà sempre quello di MTV anni Novanta, con giusto un pizzico di Pavarotti&Friends (grazie, Youssou). Non ci posso fare niente, non riuscirò a rimuovere questo imprinting, nemmeno concentrandomi sul fatto che l’anno scorso la signora si è unita a un combo avant-jazz con cui ha coverizzato chiunque, dai Suicide a Madvillain.

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Proprio di “Dream Baby Dream” era uscito a un certo punto un remix di Four Tet. Questo ha fato sì che Hebden, smanioso di ficcare le sue protuberanze dappertutto e il più possibile, le producesse un album intero. Tale e quale come ha fatto con Omar Souleyman. Nonostante la diffidenza nei confronti di ste eminienze, parrebbe proprio che il lavoro fatto insieme dai due abbia prodotto una bella bomba. Il beat di questa “Blank Project” (stesso titolo del disco) suona come una versione “trattenuta” delle nevrosi alla Death Grips, e fa risplendere la—ora me ne rendo conto—unica e geniale espressività di Neneh. C’è tempo di prepararsi all’uscita dell’album (febbraio) ma l’avvertimento mi pare chiaro.