Ho come l’impressione che il 2019 prometta di essere un anno di svolta nella musica italiana. Le promesse degli anni scorsi sono ormai diventate certezze, basta guardare ai pischelli della nuova scuola ormai diventati adulti, agli stilemi trap ormai accettati come pilastri del suono pop contemporaneo, a com’è andata l’ultima edizione del Festival di Sanremo. Ma quando il suolo in superficie si solidifica, è già ora che gli strati più profondi della terra ricomincino a ribollire, fino a formare crepe, fuoriuscire e far ripartire il ciclo.
Dal magma, oggi, abbiamo tirato fuori IRBIS 37: un trio di Milano Nord che dopo un EP autoprodotto è stato reclutato da Undamento (Frah Quintale, Dutch Nazari), che il 20 marzo ha pubblicato il nuovo EP Schicchere. Di loro sapevo poco, a parte quello che ho scritto qua sopra e quello che ho potuto intuire ascoltando l’EP, cioè che si tratta di tre ragazzi con una visione musicale eclettica e complessa, che punta al pop ma ci arriva tramite sentieri obliqui e originali che passano dal rap, dall’r&b, dal jazz e dal rock. Sono Irbis alla voce e dNoise e Logos.Lux alle produzioni e chitarre. L’intervista che segue, in pratica, si può sintetizzare con “chi siete e che cosa state facendo?”.
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Noisey: Partiamo dall’inizio, raccontatemi la genesi di questo progetto.
Irbis: Io ho sempre rappato, facendomi le basi da solo. Tre o quattro anni fa ho iniziato a fare roba un po’ più melodica.
dNoise: A quei tempi ero in un gruppo metal, poi ho iniziato a produrre insieme a Davide [Logos.Lux].
Irbis: E lui era mio amico, quindi ha fatto da tramite. All’inizio Davide si è avvicinato a me perché gli piaceva la mia musica, così siamo diventati amici e gli ho insegnato i rudimenti della produzione, anche se poco dopo era lui che insegnava le cose a me.
Logos.Lux: Quando abbiamo iniziato sul serio era l’estate del 2017, abbiamo fatto “Calimero”, e poi da lì Boccadoro, il primo EP, che è uscito in inverno.
Mi incuriosisce la scelta di creare un vero e proprio gruppo, invece di abbracciare la formula più comune del rapper e dei producer che collaborano ma restano separati.
Irbis: Questa è una cosa che si è cementata suonando dal vivo nelle date che abbiamo fatto insieme a Frah Quintale. Ci siamo resi conto che funzioniamo davvero bene come gruppo.
Logos.Lux: In realtà l’intenzione c’era fin dall’inizio, fin da “Calimero”.
Irbis: Noi veniamo dal mondo della musica “suonata”, e cerchiamo di portare le nostre influenze in un contesto contemporaneo. Suonando dal vivo, abbiamo notato che è ancora più facile che nasca un ibrido, che le nostre influenze si mescolino. La cosa ci piace e abbiamo voglia di lavorarci ancora di più.
In un’altra intervista avete citato tra le vostre influenze Pino Daniele, che mi ha colpito per due motivi: il primo è che è difficile immaginarsi che qualcuno legato alla scena rap avrebbe detto apertamente una cosa del genere soltanto cinque anni fa, il secondo è che dopo averlo letto sono tornato ad ascoltare i vostri pezzi e in effetti l’influenza si sente!
Logos.Lux: A noi piace molto questa vena mediterranea. La sentiamo molto presente e se n’è accorta anche altra gente, ci è stato fatto notare che alcune delle nostre melodie richiamano proprio la musica tradizionale italiana. Inoltre la struttura dei pezzi trap, per com’è evoluta, si presta molto bene a contaminazioni strane.
Irbis: Anche lo slang, il gergo che si sta creando, è misto: la nostra cultura, la cultura milanese, ormai comprende tanti linguaggi, da tanti luoghi diversi.
dNoise: A un’altra domanda sulle nostre influenze abbiamo risposto Tiziano Ferro, Pino Daniele e Queen. [ridono]
Anche l’influenza di Tiziano Ferro si sente moltissimo.
Logos.Lux: Io sono un suo grande fan. Credo che sia stato l’unico a portare a un certo livello un genere come l’r&b, che in Italia non ha mai funzionato, però non è mai stato compreso. A un sacco di ragazzi della mia età, arrivati dopo il suo grande successo, ha lasciato molto.
I testi di Schicchere sono degni di attenzione. Mi sembra di trovare una certa pulsione “alta” e poetica rispetto all’estetica più di strada e quotidiana di molti vostri colleghi.
Irbis: Quello che ho scritto non rappresenta in pieno il mio quotidiano, non ho vissuto tutto il romanticismo che ho raccontato in certi testi. Diciamo che questi pezzi sono venuti fuori durante un periodo in cui sono successe tante cose, ci sono molti spunti diversi. Abbiamo anche pezzi più trap, più street, che però non abbiamo messo sul disco perché ci sembrava più stimolante e originale valorizzare i pezzi più nudi, più vulnerabili. Ultimamente mi ero un po’ stufato del rap, avevo voglia di fare una cosa diversa, ma tornerò a rappare: anzi, per me è importante che l’attitudine rap resti sempre, perché mi ha insegnato tantissimo.
Sei influenzato da qualcuno a livello letterario?
Irbis: Sinceramente, non sono un grande lettore. Ma ho ricevuto una buona educazione di base e ho sempre ascoltato tantissima musica. E molto rap italiano secondo me è cultura: ascoltare Rancore, per esempio, mi ha aiutato molto ad ampliare il mio vocabolario.
Provo sempre un piacere (un po’ masochistico) quando gli artisti rendono difficile il mio lavoro sfanculando i generi e facendo musica difficile da categorizzare. Come la vedete voi? Mi sembra che per una parte della vostra generazione sia una cosa ormai piuttosto scontata.
Irbis: Credo che forse tra un po’ nasceranno nuovi nomi, come è già successo un paio d’anni fa con l’itpop.
Logos.Lux: È una cosa che sta succedendo dappertutto: secondo te che musica fa Billie Eilish?
dNoise: Categorizzare la musica è una cosa che serve per comodità vostra, per scriverne e per parlarne, ma per noi è più una gabbia.
Proprio poco tempo fa mi sono lamentato su Noisey del fatto che ci sia ancora gente che fa successo con una concezione stantia e priva di personalità del pop. Voi, da giovani ascoltatori, condividete?
Logos.Lux: Siamo davvero stufi di sentire sempre le stesse cose.
dNoise: È tanto che non trovo della musica italiana che mi interessi davvero. Per dire, ultimamente sono tornato ad ascoltare soltanto Megadeth e Slayer!
Irbis: Anch’io sto tornando agli ascolti di una volta. Tra un po’ infatti usciremo con qualcosa di completamente diverso.
Credo che questo sia uno degli effetti dell’ascesa di internet: ora che ho libero accesso ai classici in qualunque momento, perché dovrei ascoltare le copie?
dNoise: Ma internet ha anche un effetto più problematico. Ti fa sentire un po’ insignificante, perché la tua musica si perde nel calderone. Vedi 20mila persone che ti ascoltano e non sai se sono tante o sono poche. Se te le trovi davanti sono tante, ma per l’industria sono poche. Per questo ci piace molto l’approccio live, perché ti mette davanti le persone, puoi vedere che faccia fanno mentre ti ascoltano. Se sono 3000 o anche 300, è comunque un’emozione assurda.
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