L’umanità ha sempre avuto l’ossessione di controllare il tempo, e per quanto i sistemi di calcolo siano mutati e affinati, il concetto di settimana, intesa come cicli da sette giorni, ha origini antichissime. I primi a “inventarla”, tramite osservazione astronomiche dagli ziggurat, furono i babilonesi oltre quattromila anni fa. In seguito, nel libro della Genesi si introdusse il giorno del riposo, che coincideva col nostro sabato. Durante il Novecento, quei giorni sono diventati convenzionalmente due.
In sostanza, la struttura della settimana è assodata, ma chiedere a un gruppo di persone quale sia per ognuna di loro il giorno ‘peggiore’—in termini di salute mentale, autonomia fisica, e produttività in senso ampio—permetterà di ottenere risposte quanto più diverse. Per alcuni il giorno peggiore è il lunedì perché si ricomincia da capo, per altri la domenica perché è la fine di tutto, per altri ancora un momento a metà tra i due precedenti, quando le energie sono al minimo.
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Per avere una prospettiva in più sul tema abbiamo interpellato tre figure esperte che hanno a che fare con le vite degli altri, la gestione del tempo e delle emozioni: una psicologa, una coach della produttività, e una insegnante di Yoga ed esperta in mindfulness.
Il lunedì è il giorno peggiore della settimana?
Per Annalisa Stella, coach della produttività, è il lunedì il giorno che creerebbe maggiore disagio tra i suoi clienti.
“Se il lunedì viene recepito come un giorno pieno di eccitazione per tutti i nuovi progetti che inizieranno, allo stesso tempo è anche o soprattuto causa di paura, preoccupazione di non essere all’altezza della nuova settimana”, spiega Stella. A volte, poi, si aggiunge il dover fare i conti con “quello che non siamo riusciti a portare a termine nella settimana precedente.”
Come risultato, questi pensieri possono portare “stress, problemi di concentrazione, tensione muscolare, agitazione o apatia, a cui contribuisce oltretutto il cambio dei ritmi rispetto al weekend,” continua Stella.
In questi casi, se la situazione si presenta spesso, potrebbe rivelarsi utile rivolgersi a un terapeuta, affinché ci indirizzi a un maggiore equilibrio. In situazioni più gestibili, invece, Stella consiglia di “lavorare con costanza e pazienza sulla nostra abilità di pianificazione, stilando la nostra lista di cose da fare nella settimana successiva nel momento in cui si considera terminata la settimana precedente.” Attenzione: qui non si sta sponsorizzando l’ossessione per l’iper-produttività, ma un’alternativa per svolgere i propri compiti nella maniera, nei limiti del possibile, più tranquilla e organizzata.
Il malessere generalizzato, sempre secondo Stella, potrebbe già presentarsi “la domenica pomeriggio nei casi in cui l’impatto dell’idea della nuova settimana sia particolarmente duro. L’ho rilevato spesso in caso di cambiamenti professionali, di scontro in ambienti di lavoro non favorevoli.”
Odiare la domenica
Per altri, come dicevamo, è proprio la domenica il giorno peggiore: non lo considerano dedicato al riposo, ma più come un nefasto passaggio dal fine settimana (sempre troppo corto) alla settimana piena di attività da svolgere (sempre troppo lunga).
A confermare questa possibilità è la psicologa Marilena Iasevoli, secondo cui, soprattutto negli ultimi decenni, “per molti il sabato è un momento di recupero, mentre la domenica assomiglia sempre più ai giorni feriali pur non essendolo.” Vale per gli studenti che svolgono la sera prima i compiti del lunedì, chi recupera le faccende domestiche o le trascura pur sentondosi in colpa, chi non stacca mai per davvero dal lavoro, chi pensa di aver sprecato il weekend, o più semplicemente ricorda scadenze e confronti imminenti. “È come se, arrivata la domenica pomeriggio, sembri di essere entrati nella settimana successiva, con l’aggravante di star ‘sprecando’ coi doveri il tempo libero.”
Nei casi più comuni, si sperimenta “uno stato d’animo di tristezza misto a leggera ansia crescente, una risposta a quella che sembra essere una minaccia incombente,” chiarisce ancora Iasevoli.
Durante l’arco della domenica poi—e questa è una questione più generalizzata—può capitare un calo dell’umore. “Solitamente si hanno più momenti di calma per riflettere su certe questioni su cui non ci soffermiamo durante la routine settimanale, vuoi perché frenetica, vuoi perché la vogliamo frenetica in modo da non pensarci,” continua Iasevoli. “I pensieri ti rattristano più in quel momento, perché è il momento in cui hai più tempo per rifletterci.”
Un escamotage che potrebbe rivelarsi utile per arginare il mix di sensazioni sovracitato è occupare il tempo con attività o persone che ci piacciono. “Mi viene in mente uno studio che ha dimostrato che chi va domenica a messa prova maggiore benessere. Non lo dico per questioni legati alla religione, lungi da me, ma perché avere degli appuntamenti e attività fisse e ripetute aiuta molto a dare un senso alla giornata,” chiarisce Iasevoli. “Avere degli eventi fissi di qualsiasi tipo può aiutare ad annullare, diminuire o circoscrivere quelle sensazioni che si sentono nel fine settimana.”
Come contrastare il calo di energie del mercoledì
In uno studio condotto dall’Università di Lincoln, e pubblicato nel 2015 su Plos One, è stato dimostrato che tendiamo a rappresentare martedì, mercoledì e giovedì come un’unica massa. Succederebbe “perché le loro rappresentazioni mentali sono scarse e simili tra loro,” mentre giorni come il lunedì e il venerdì hanno rappresentazioni mentali “ricche e distintive, sono due estremi lungo un continuum di cambiamento.”
Proprio per questo, secondo Claudia Curunella, insegnante di Yoga ed esperta di mindfulness, il giorno più faticoso, “dove ti rendi conto che non hai le forze o la lucidità per realizzare tutto quello che ti eri prefissato è proprio quello che sta in mezzo: il mercoledì.”
“È vero che la maggioranza considera il lunedì come il giorno più ostico, però tendenzialmente siamo preparati, perché nel weekend ci siamo riposati, occupati di altre attività, c’è stata evasione,” spiega Curunella. “Mentre il mercoledì è proprio a metà della tua routine, al mattino pensi ‘Ma come, siamo ancora qua? Ci sono ancora così tante ore a separarmi dal weekend?’, e quindi fisiologicamente, e un po’ inconsciamente, tendi a mollare un attimo la presa.”
Curunella—che tiene corsi lunedì, mercoledì e venerdì—spiega che durante la lezione centrale registra sempre un calo di affluenza rispetto ai giorni in preparazione o post weekend. “È un po’ come se arrivasse la colpevolezza che comunque, anche se avevi in programma di fare delle cose in settimana, le tue energie—sia mentali che fisiche—non sono infinite e devi rivedere i tuoi piani,” chiarisce.
Ritrovarsi ‘a metà dell’opera’ potrebbe far venir meno la spinta che si aveva all’inizio, e questo potrebbe portare a momenti di cedimento o sconforto. Per Curunella, “potrebbe essere utile sviluppare l’intelligenza emotiva, l‘abilità—che si può affinare con percorsi meditativi—di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale.”
Tutto ciò non significa darsi per vinti o dover ambire a modelli aspirazionali inarrivabili, piuttosto a prendere coscienza dei propri limiti. “E non significa nemmeno, poi, che uno non possa sentirsi frustrato: mi capita spesso di sentirmi dire ‘Ma tu insegni Yoga, non puoi arrabbiarti’. Ma non c’entra nulla: non insegno a reprime le emozioni, ma a gestirle,” conclude Curunella. “Siamo tutti diversi, e il come e il quando si manifestano i piccoli momenti di cedimento sono sempre piuttosto personali.”
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P.S. Ognuno ha le sue idee sul giorno peggiore, ma spero che almeno saremo tutti d’accordo sul migliore della settimana: il venerdì. Indubbiamente. Dai.
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