Quando a inizio aprile è esplosa la violenza in Nagorno Karabakh, una zona montuosa dell’Azerbaigian, si è riacceso un conflitto iniziato più di un secolo fa.
La regione è contesa da molto tempo dalla fazione di etnia armena, che costituisce la maggioranza della popolazione, e dagli azeri, che affermano di aver diritto alla sovranità sulla regione.
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Nel 1991 gli armeni hanno dichiarato l’indipendenza del Nagorno Karabakh, e le tensioni si sono intensificate fino a far scoppiare una vera e propria guerra, che ha ucciso più di 30.000 persone e creato più di un milione di profughi.
Per anni ci sono stati piccoli scontri sul confine, ma la violenza esplosa ad aprile è una cosa molto più preoccupante. Circa 50 persone sono morte durante quattro giorni di feroci scontri a fuoco, a cui ha posto fine un cessate il fuoco negoziato dalla Russia.
Sono in corso le trattative di pace, ma se per l’Azerbaigian l’unico esito accettabile è il ripristino del suo controllo sul Nagorno Karabakh e sui distretti circostanti in mano ai separatisti, per gli armeni è impensabile accettare la sovranità azera sulla regione.
“L’Azerbaigian è stato creato nel 1918. Il Karabakh, invece, circa cinquemila anni prima. Ma è stato dato via. Ora noi viviamo qui e vogliamo vivere sulla nostra terra senza l’Azerbaigian,” dice Ribuk Danelyan, un abitante di Stepanakert, la capitale della regione.
“Non vogliamo andare da nessun’altra parta,” spiega Ella, un’altra abitante di Stepanakert. “Questa è la nostra terra, vogliamo la pace in modo da poterci vivere. E non vogliamo andarcene, non vogliamo andare da nessuna parte.”