A volte si fa il grossolano errore di pensare che la filosofia, ancora oggi, possa servire a qualcosa. Nella maggior parte dei casi si tratta di una laurea triennale in grado di deviare i cervelli più elastici nella strana convinzione di aver capito qualcosa del mondo e di convincere gli entusiasti che basta aggiungere il termine deterritorializzazione all’interno di una frase per dimostrare che si è studiata filosofia. Forme masturbatorie, insomma, sono quasi solo forme masturbatorie e fini a se stesse le uscite dichiaratamente filosofiche.
Da un paio di giorni però gira un video in cui il filosofo Umberto Galimberti fa mangiare metaforicamente la polvere al pro-vita Pippo Corigliano, ex Opus Dei e uomo il cui terzo risultato della ricerca Google porta al blog di Costanza Miriano.
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Il video è un estratto (stranamente gira targato Il Fatto Quotidiano o Repubblica, non so per quale colonialistica ragione abbiano deciso di marchiare un rip-off della tv) della trasmissione di La7 Omnibus e Galimberti è in collegamento da non so dove—probabilmente dall’iperuranio, dato che per tutta la durata di questo battibecco compare come una sorta di deus ex machina della ragione e del bene a contrastare le classiche argomentazioni contro le unioni civili sciorinate dall’ex Opus Dei.
La cosa divertente è che se in Italia non fossimo ancora a uno stadio così medievale dell’evoluzione sul dibattito che riguarda diritti civili e famiglie, tutto questo dialogo suonerebbe come una scenetta alla Monty Python in cui lo scienziato e il religioso si battibeccano su argomenti sui quali sono destinati a non trovare una quadra (una delle gag comiche più vecchie del mondo). Invece, data la povertà di appigli della situazione attuale, ci sembra che Galimberti sia finalmente la voce del popolo, finalmente la voce del buon senso.
Semplicemente, si tratta di una persona dotata di cultura che cerca di infondere questo buon senso in maniera non diseducata a un uomo a cui non darei mai dell’ignorante, ma che sicuramente rappresenta e propone un pensiero che oramai è vicino alla data di scadenza, se non probabilmente tutto marcio.
Se notate, negli ultimi giorni ci siamo dovuti ritenere lusingati intellettualmente da arringhe esposte da individui che fino a poco tempo fa non erano molto più che scendiletto della corte berlusconiana. Parlo di Sandro Bondi, che con un discorso quasi strappalacrime ha difeso le unioni civili di ogni tipo di famiglia e il ddl Cirinnà in Senato, a spada tratta. Un discorso in cui è evidente che Bondi si viva la religione in maniera tormentata, alla Blaise Pascal, e che questo dubbio lo divori da dentro tanto da portarlo a mettere in discussione tutti i suoi punti di riferimento, tranne la dignità dell’uomo.
E se addirittura gli insospettabili diventano alleati nel nostro tortuoso percorso di civiltà, chi ancora decide di remare contro assume tratti quasi grotteschi, come Corigliano quando insiste apposta su equivoci tipo mammo-mamma e “lobby omosessuale”. La linea di Corigliano qui incarna alla perfezione le varie sfaccettature di bigottismo che questo dibattito porta con sé, talmente gravi e vacue che arrivano a contraddirsi da sole e a farsi autogol. Ed è lì che Galimberti giustamente infierisce: “Ma devo spiegarvelo io il Vangelo?”
Talmente impera la confusione che Corigliano, non so se consapevolmente o meno, rivela il punto focale della frustrazione dei suoi: che la loro sconfitta è avvenuta negli anni Settanta con il referendum abrogativo sul divorzio e, poco più tardi, con quello sull’aborto. È una sconfitta che ancora rode a fondo: d’altronde è lì che si è distrutta la famiglia tradizionale, e la lotta di ora è solo il tentativo ultimo di tenere in piedi una costruzione morale che non è più in alcun modo attuale. Tanto che basta un buonsenso argomentato per mettere a nudo quel pensiero e farlo scoprire per ciò che è: una crosta di lebbra rimasta su un corpo in via di guarigione, che trema perché sa che basta lavarla via per farla sparire, si spera, per sempre.
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