Se frequentate queste pagine, è probabile che conosciate la rubrica Vita Vera e il suo autore, Valerio Mattioli. Bene, perché quella che state per leggere è una nuova sottorubrica. Si chiama Vite Vere di Uomini Illustri, e parla di personaggi conosciuti, meno conosciuti o dimenticati. La prima puntata è dedicata a Austin Osman Spare, il “fratello nero” di Aleister Crowley e padre della Chaos Magic.
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Qualche anno fa mi invitarono in una libreria del centro di Roma a presentare la nuova edizione italiana di Anatema di Zos, il “libro maledetto” firmato dallʼartista e occultista inglese Austin Osman Spare nel 1927. Fu una delle esperienze più umilianti della mia vita.
Ero andato lì con lʼintenzione di sproloquiare a proposito degli aspetti più pruriginosi dellʼautore: i suoi gusti sessuali eccentrici, la predilezione per persone deformi, freak e storpi ambosessi, le vicende biografiche da dropout reietto, Hitler che gli chiede un ritratto e lui che risponde “Signor Hitler, se lei è un superuomo, che io resti per sempre un animale.” Potevo pure pensarci, che la presentazione non si sarebbe svolta nella sala-bar di uno squat sotto il Raccordo Anulare, ma in una delle più serie e rispettate librerie esoteriche dellʼintera nazione. E per la misera, potevo pure immaginarmelo, che il pubblico non sarebbe stato composto da mezzi tossici dai gusti scoppiati, ma da anziani e composti cultori di cose occulte, gente che la magia magari la praticava sul serio, e che con sigilli, riti e formule aveva senzʼaltro più dimestichezza del sottoscritto.
Quelli giustamente volevano sapere in cosa esattamente consistesse il sistema magico inventato da Spare, mica chi si portava a letto nel suo studio in qualche slum londinese a cavallo tra le due guerre. Chiedevano lumi sul concetto di Zos-Kia e sullʼAlfabeto del Desiderio, mica volevano sentirsi raccontare di quante droghe si facesse Spare tra un amplesso e lʼaltro.
Austin Osman Spare. Foto via Wikimedia Commons
Il fatto è che io a queste domande sapevo rispondere solo per metà, e forse manco quello. La realtà è che Spare è un personaggio che mi ha sempre affascinato, ma per le ragioni sbagliate; superficiali, direi. Le sue creature, i suoi disegni, le sue bizzarre figure tratteggiate a china, popolarono una delle più potenti esperienze psichedeliche della mia vita (lago di Martignano, funghi hawaiani e non so quante ore altrove), ma a viaggio concluso mi limitai a un compiaciuto “ah però” senza per questo sentirmi in dovere di approfondire lʼuniverso parallelo suggerito da tali visioni. E dire che i suoi libri, almeno quelli disponibili sul mercato, li avevo tutti. Comprati nella stessa libreria esoterica in cui poi avrei finito per fare la figura del sensazionalista scemo, pensate (anche se ai tempi stava in unʼaltra sede). Chissà cosa avrà pensato di me il proprietario.
Il nome di Austin Osman Spare dirà poco ai più, ma se avete un minimo di familiarità con autori come Alan Moore e Grant Morrison, e se in casa avete qualche disco di Coil e Psychic TV, più o meno vi troverete nella stessa situazione in cui versava il sottoscritto intorno ai ventʼanni dʼetà, quando a furia di saltellare da uno Watchmen a uno Scatology, il nome di Spare prese a spuntare un poʼ ovunque.
Alan Moore racconta Austin Osman Spare alla BBCIl grande mago—nonché supposto padre del satanismo moderno—Aleister Crowley, descrisse Austin Osman Spare come il suo “fratello nero”: detta da un tizio che si faceva chiamare La Grande Bestia 666 e che in vita aveva fama di essere “lʼuomo più malvagio del pianeta”, è una definizione quantomeno impegnativa. Se a Crowley vengono attribuite una quantità di nefandezze che vanno dal plagio alla depravazione bella e buona, di cosa mai si sarà macchiato Austin Osman Spare per meritarsi tale epiteto?
Quello che sappiamo è che Spare nasce a Londra nel 1886 da una famiglia modesta (il padre è poliziotto) e che da adolescente diventa una specie di piccolo prodigio nel mondo delle belle arti inglesi: a 17 anni vince una borsa di studio al Royal College of Arts di South Kensington, di lì a qualche tempo comincia a esporre nelle gallerie, arrivano le prime attenzioni da parte della stampa, i critici prendono nota, e nonostante si dividano sul talento del giovane artista, Spare diventa un nome di un certo peso nella comunità artistica e intellettuale della capitale britannica. Viene chiamato a dirigere riviste per le quali scrivono tipi come William Butler Yeats e Robert Graves, frequenta gli ambienti della sinistra socialisteggiante, solidarizza con la causa delle suffragette, e si fa notare per i modi anticonformisti e poco convenzionali.
Poi, a 37 anni, il crollo: lʼultranichilista Anatema di Zos è un libello dai virulenti toni nietzschiani che se la prende con la borghesissima “cricca di Mayfair” e da lì con lʼumanità intera, e che nelle parole dellʼautore gli viene “dettato da Satana in persona.” Gli scritti indecifrabili e i comportamenti vieppiù bizzarri gli valgono in breve lʼostracismo dei colleghi, ma Spare non si perde dʼanimo e trova rifugio nei più degradati quartieri a sud di Londra (Elephant & Castle, Brixton) dove familiarizza con alcolizzati, prostitute ed emarginati di vario genere e grado. In piena seconda guerra mondiale, il suo studio viene centrato da una bomba nel corso del Blitz tedesco (mai prendere a male parole un tipo come Hitler), e per qualche tempo Spare perde lʼuso delle mani. Nel dopoguerra, espone qua e là vendendo a prezzi stracciati le sue opere, principalmente nei pub. Muore poverissimo, dimenticato e circondato soltanto dai suoi amatissimi gatti nel 1956.
Come artista, Spare era uno che si faceva notare. Per molti versi fu lʼultimo erede del simbolismo inglese, e al contempo un anticipatore di tecniche squisitamente surrealiste come il disegno automatico; furono però i contenuti a far discutere: la sua arte venne descritta dallʼObserver come “anormale, malsana, selvaggiamente fantastica e incomprensibile,” roba che più che ai critici sarebbe interessata “ai patologi,” mentre per George Bernard Shaw, “la medicina di Spare è troppo forte per lʼuomo comune.” Tutto nella sua opera è deforme, malsano, in certi casi ributtante: a un primo sguardo i suoi dipinti e disegni sembrano perlopiù incubi sovraffollati da creature oscene, e non ci vuole un esperto per capire che si tratta di proiezioni grafiche di un subconscio particolarmente vivace. E poi cʼera lʼaspetto occulto, o meglio ancora magico, delle opere in questione; lʼartista in proposito era molto chiaro: i suoi non erano semplici dipinti, ma il parto di intelligenze occulte, lʼespressione di abitanti di regni invisibili e trascendenti.
Spare iniziò a interessarsi di esoterismo negli anni dellʼadolescenza, influenzato dalla relazione con tale signora Paterson, una vecchia strega non si sa quanto reale o inventata che lo introdusse ai misteri del sabba, e che per il giovane Spare rappresentò tanto unʼamante quanto una madre. Nello stesso periodo cominciò anche il suo rapporto con le droghe, un particolare che ebbe un certo peso nella definizione del suo sistema magico. Nel 1909 si iscrisse allʼAstrum Argenteum di Aleister Crowley, ma ne uscì disgustato dagli aspetti rituali dellʼordine e dalla rigida gerarchia imposta da Crowley stesso: Spare in effetti era una specie di mago anarchico, che rigettava i dogmi della magia cerimoniale e proponeva semmai un approccio libero e personale alle arti occulte.
Austin Osman Spare, Portrait of the Artist (1907). Lʼoriginale fu poi comprato da Jimmy Page. (Immagine via Wikimedia Commons)
Un buon riassunto del sistema magico propugnato da Spare, lʼho trovato nellʼintroduzione firmata Dario Spada allʼedizione italiana di Il libro del piacere, testo che Spare scrisse nel 1913 e che nel 1993 venne dato alle stampe (in 666 copie) dalle Edizioni librarie Franco Spinardi di Torino. Secondo Spada, obiettivo di Spare è “rompere la corazza che separa la mente cosciente dal subconscio,” “raggiungere le grandi riserve di energia” che sempre nel subconscio hanno dimora, e in questo modo “risvegliare gli atavismi primordiali” dellʼindividuo. A tal fine, il metodo suggerito da Spare prevede “numerose possibilità pratiche, quali lʼutilizzo di sostanze stupefacenti, lʼautoipnosi, lʼesaurimento psicofisico”, ma anche lʼesaltazione della coscienza per mezzo della musica, e soprattutto lʼattività sessuale, un particolare che inserisce la dottrina di Spare (il cosiddetto culto di Zos-Kia) nel più generale contesto della magia sexualis.
Secondo la magia sexualis, lʼenergia scatenata dallʼorgasmo può rappresentare—se opportunamente impiegata—un proficuo punto di contatto tra mente cosciente e livelli extramondani. Spare però decise di spingersi oltre, e nei suoi scritti lanciò quella che da lui stesso venne battezzata Nuova Sessualità. Di cosa si tratta? Prendo di nuovo spunto dalle parole di Spada: la Nuova Sessualità “rivolta come un guanto il principio estetico del bello: le partner dellʼatto sessuale magico non andavano cercate tra donne belle e giovani ma, allʼopposto, il canone estetico andava verso lʼesatto contrario.” E cioè: “vecchie megere e repellenti mostri, freak e nani ermafroditi.”
A furia di rapporti sessuali con freak e nani ermafroditi, droga, deprivazione fisica e vai a capire cosʼaltro, Spare confidava in una discesa negli abissi del subconscio che era anche una “discesa allʼinferno, dove si agitano le potenze distruttive e incontrollate del Caos, e solo il più temerario dei maghi può osare di affrontare le forze oscure che vengono evocate nella mente conscia durante queste pratiche stregoniche.” Insomma, è roba seria. Altro che visioni psichedeliche al lago di Martignano: “Un fallimento potrebbe significare lʼinvasamento o la pazzia.” Sono di nuovo parole di Dario Spada, ma fateci caso: pare di sentire Lovecraft che parla del Necronomicon. E infatti non siamo così distanti.
Dopo la sua morte Spare fu dimenticato in fretta, sia come artista che come mago. Dapprima a tenerne viva lʼeredità fu lʼamico e occultista Kenneth Grant, fino a quando, tra la fine degli anni Settanta e lʼinizio degli anni Ottanta, lʼinglese Peter Carroll diede alle stampe Liber Null e Psychonaut, i due testi chiave della cosiddetta Chaos Magic, o Magia del Caos: lʼunica branca dellʼesoterismo moderno che nei suoi rituali può contemplare tanto un inno a Cthulhu quanto lʼutilizzo di uno spazzolino da denti comprato al supermercato, tanto la discografia delle Ronettes quanto una pagina di Burroughs. Col suo approccio dissacrante, provocatorio e do it yourself, la Chaos Magic è stata giustamente definita “lʼequivalente magico del punk”. E in tal senso, non stupisce che tra i suoi numi tutelari—accanto a Harpo Marx e lo stesso Lovecraft—ci sia proprio Austin Osman Spare. Che anzi, della Chaos Magic è considerato a tutti gli effetti il padre spirituale: chi meglio di lui può incarnare il motto “niente è vero/tutto è permesso”?
Di Austin Osman Spare è uscita nel 2011 una biografia (che non ho letto) firmata Phil Baker. Recensendola, il Guardian ha descritto Spare come “lʼanello mancante tra Aubrey Beardsley e Jimmy Page”: non ci hanno capito molto. Voi piuttosto, ricordate: “Solo colui che trasmuta ciò che è tradizionalmente brutto in un alto valore estetico, avrà nuovi piaceri al di là del timore.” O anche: “The more Chaotic I am, the more complete I am.”
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