Carlotta Chadia Davide Kevin
Tutte le foto per gentile concessione di Giacomo Cordisco, tranne dove diversamente specificato e con l'eccezione del perturbante collage di copertina. 
Musica

Siamo stati al concerto di Pop X con Chadia

Potevamo offrirvi un normale report del concerto e invece niente, abbiamo parlato con Chadia di come migliorare il mondo.
Carlotta Sisti
Milan, IT

C’è stato un momento, circa a metà dell’esibizione di Pop X sul palco dell’Idroscalo, in cui tutti noi, sulle seggioline o sugli spalti, abbiamo fatto e ci siamo fatti molta tenerezza. Era il quarto appuntamento di Cuori Impavidi e Davide Panizza di Pop X stava cantando “Secchio”.

L'evoluzione di Pop X

In un concerto normale sarebbe stato il momento in cui uno sconosciuto m’avrebbe versato addosso una media mentre un altro avrebbe usato la mia spalla come perno per innalzare al cielo la sua t-shirt dei Neutral Milk Hotel. E invece noi impavidi ci siamo timidamente alzati dagli scranni, e lo abbiamo fatto per una ragione ben precisa: per cantare e ballare, così, spalle a destra e culo a sinistra.

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Nel mentre, questo sì, ci lanciavamo sguardi da pazzoidi, come a dirci l’un l’altro che ci saremmo fatti volentieri un po’ male, nel delirio sotto palco. E invece, dato che l’organizzazione del festival del Mi Ami di Milano ha preso—bravi—parecchio sul serio le norme di distanziamento sociale, quando ci si lasciava andare ad un mini assembramento da coro-stonato-quasi-abbracciati, arrivava un addetto alla sicurezza a sgridarci.

Ma pure loro facevano tenerezza, chiamati a “disperdere” gruppetti di persone che sostavano o bighellonavano dove non avrebbero dovuto: eravamo insomma tutti molto confusi, buffi e meritevoli di abbracci—tranne le guardie. Eppure l’atmosfera c’era tutta, con il palco circondato dall’acqua, gli amici che si incontravano per la prima volta dopo mesi, e, soprattutto, il fatto stesso che, nonostante tutto, fossimo lì per la musica dal vivo, e fanculo il twentytwenty.

In uno scenario a cavallo tra romanticismo e disturbi da stress post-traumatico, ho portato Chadia Rodriguez, così che Concertini, il format più amato da chi balla come Panizza, tornasse al suo scopo originario, ovvero connettere tra loro mondi musicali lontanissimi.

In questo scenario, a cavallo tra romanticismo e disturbi da stress post-traumatico, ho portato Chadia Rodriguez, così che Concertini, il format più amato da chi balla come Panizza, tornasse al suo scopo originario, ovvero connettere tra loro mondi musicali lontanissimi, sotto lo sguardo fidato del nostro fotografo Kevin. Quindi da un lato Chadia, 21 anni, che fa la trap, anche se il suo ultimo pezzo “Bella così” con Federica Carta è un discorso a parte, e dall’altro Davide Panizza, 35 anni, che fa Pop X ed è a Cuori Impavidi in solo show, e che un annetto fa qui su Noisey ci aveva raccontato anche di Uccelli.

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La cosa che mi ha, invece, colta alla sprovvista—oltre al fatto di non aver ancora sviluppato una grave agorafobia dopo mesi tra casa, casa dei miei e il Famila—è che la mia ospite, reduce da una giornata in maneggio dove sta imparando ad andare a cavallo, conoscesse già Pop X. Ed è stato così che, dopo qualche foto preceduta da un paio di drink—bene—e da vari “la facciamo con la mascherina ma vicine o lontane senza mascherina o la teniamo a metà che ci sono le guardie”—non benissimo—, è iniziata la nostra intervista.

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Noisey: Che cos’hai pensato, quando ti hanno detto, “Hey, ti va di andare con Noisey al concerto di Pop X”?
Chadia: In realtà mi sono presa bene, perché lo conosco, avevo dedicato “Frocidellanike” ad un ragazzo con cui stavo e a un suo amico, perché lavoravano per la Nike. Prima, però, lo avevo già sentito a una festa, da una ragazza che aveva messo “Secchio” e, se già il pezzo mi stava facendo sognare a livelli altissimi, con il video ho proclamato la sua genialità assoluta. Un grande. Comunque ascolto tanta roba, anche distante dal mio genere, mi piace prendermi bene per un artista, andarci in fissa.

Chi è la tua crush musicale, ora?
Black Atlass, un ragazzo scoperto da The Weeknd, sto cercando anche di capire come andare ad un suo concerto, tipo fan numero uno, prima fila sotto al palco.

“Il video di un live dei Dogo, non so dove né quando, è stato il momento in cui ho davvero desiderato di poter far urlare insieme a me migliaia di persone, di arrivare a dare e ricevere quell’energia.”

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Prima di iniziare a fare musica, c’è stato un live che ti ha folgorata e ti ha fatto pensare che quella potesse essere la tua cosa?
Non è stato un vero live, ma il video di un live, quando i Dogo, non so dove né quando, hanno fatto “All’ultimo respiro”, la mia canzone preferita. Quello è stato il momento in cui ho davvero desiderato di poter far urlare insieme a me migliaia di persone, di arrivare a dare e ricevere quell’energia.

Al terzo appuntamento di Concertini ho portato Jake La Furia da Gazzelle e durante l’intervista abbiamo parlato della scena rap femminile. Lui mi ripeteva che in Italia avevamo bisogno di una ragazza sfacciata, che non avesse paura di dire le cose forti e di mostrare il proprio corpo. Poi sei arrivata tu.

Se l’è mandata, insomma! No, vabbè, quella con Jake è stata una cosa casuale e magica. Io vivevo a Milano perché facevo la fotomodella e avevo fatto sentire dei vocali ad un mio amico, che in quel periodo stava collaborando con Fish. Il mio amico mi aveva detto “Chadia, fidati, queste cose potrebbero spaccare, mandiamole a Big Fish”. Gli avevo risposto di no, che al momento stavo bene così, ma, figurati, gli aveva già girato tutto. Il mattino dopo mi sono svegliata e sul telefono ho trovato dei messaggi di Big Fish e il primo pensiero è stato “cazzo ho fatto ieri da ubriaca, che il mio idolo mi sta scrivendo” ed avevo troppa ansia per aprirli. Quando l’ho fatto mi stava chiedendo davvero se volevo fare musica, collaborare con lui e Jake, ed è così che ho iniziato.

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Cosa succede quando, così giovane, arrivi a lavorare con i tuoi idoli?
Succede che devi solo imparare. Con umiltà e con voglia di fare bene.

Qual è allora la prima e più importante cosa che ti ha insegnato Jake?
La cosa che mi ha detto fin da subito è stata di essere gentile con tutti. Perché puoi anche arrivare a fare i dischi d’oro, ma se ti comporti male, se ti atteggi da stronz* i dischi d’oro te li puoi anche mettere nel culo.

Il tuo percorso, da “Dale” all’ultimo progetto “Bella così”, è stato di cambiamento, e il cambiamento, per molti, è sempre qualcosa o di allarmante o di sospetto, perché secondo te?
Chi rimane turbato dal cambiamento è una persona che vive di apparenza, che indossa una maschera e trova più semplice stare così, e si augura anche gli altri rimangano nel loro personaggio. La cosa che dà fastidio di me è che sì, sono partita che ero una persona, ed ora sono qui al tuo fianco consapevole di essere diversa, okay. Ma secondo voi si può negare alla vita la crescita? Se diventi famosa a nemmeno vent’anni devi rimanere fossilizzata lì, a ripetere le stesse cose all’infinito?

“Una cosa vorrei fosse chiara: aver fatto ‘Bella così’, non significa che se mi becchi per strada e mi insulti io non ti pesti. Il fraintendimento è che, se tocchi temi sensibili ed emotivi, sei debole. Invece è esattamente il contrario.”

Una cosa vorrei fosse chiara: aver fatto “Bella così”, un pezzo nato con l’obiettivo di aiutare tant* ragazz* a non sentirsi in colpa e a disagio, o sbagliati rispetto alla società—nel video, da 10 milioni di views, insieme a Chadia e Federica Carta ci sono 21 donne riprese in bianco e nero, che raccontano il loro pezzetto di storia tra cyber bullismo e body shaming—, non significa che se mi becchi per strada e mi insulti io non ti pesti. Io, al contrario, ti pesto. Il fraintendimento è che, se tocchi temi sensibili ed emotivi, sei debole. Invece, pensa un po’, è esattamente il contrario.

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Che cosa succede quando si ha la fama di essere una tosta?
Mi è capitato diverse volte che nei locali arrivasse gente a caso e mi mettesse le mani addosso. Ma perché, ma chi sei. Se reagisci poi passi subito per la bulla, diventi tu quella violenta. Non so da voi, ma da me si chiama difesa, ed è un’altra cosa. Il punto è che se una donna si espone, se da subito mette in chiaro che non ha problemi a parlare di tutto, esattamente come i suoi colleghi maschi, diventa divisiva e per molti si trasforma in un bersaglio.

Non è semplice gestire tutto l’odio che arriva dai social, mi sono presa del tempo per pensarci su, ed anche per lavorare con un mental coach. Poi ho capito che la cosa più utile che potessi fare era proprio smettere di concentrarmi solo su quello che succedeva a me, per allargare lo sguardo, invece, sulle vite delle altre: ragazzine, ragazze e donne. Ascoltare i loro racconti.

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Del progetto “Bella così” ho trovato prezioso il fatto che tu abbia inserito la storia di Greta, la ragazza trans, specie se si pensa che l’Italia è uno dei paesi più transfobici al mondo.
Guarda, una delle mie più care amiche è trans; vedo e sento la cattiveria feroce della gente contro di lei, i pregiudizi e la violenza, lo schifo che dicono di provare nei suoi confronti. C’è tanta ignoranza verso il mondo trans. Ignoranza e pregiudizi, le si giudica come se non potessero essere altro che prostitute. Sapendo quanto tutto questo porti ad un’enorme sofferenza e quanto certi concetti vengano inculcati, ho voluto fin dalle origini del progetto parlare anche delle donne trans.

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Immagino non ti entusiasmi il femminismo che esclude le donne trans dalla battaglia, perché non sono nate donne.
Questa cosa l’ho sentita dire un sacco di volte e la mia prima risposta è che si deve portare rispetto per come un essere umano si sente. Si deve portare rispetto per la sofferenza di stare dentro un corpo che non si riconosce come proprio.

Tu dici che loro non hanno sofferto per il ciclo, per esempio? Beh, tu però non capirai mai cosa significhi soffrire perché quel dolore lo vorresti, ma la tua biologia dice di no. Dobbiamo fare a gara di sofferenza? Se una persona vuole migliorare la propria vita, perché dobbiamo ostacolare questo cambiamento?

“Dobbiamo fare a gara di sofferenza? Se una persona vuole migliorare la propria vita, perché dobbiamo ostacolare questo cambiamento? Dovremmo tutti spronarci per migliorarci e aiutarci, pensare al gioco di squadra e non ad alimentare una società che ci imbruttisce.”

Dovremmo tutti spronarci per migliorarci e aiutarci, pensare al gioco di squadra e non ad alimentare una società che ci imbruttisce. La responsabilità è anche nostra, che abbiamo in mano (prende lo smartphone, NdA) il potere di comunicare con tantissime persone nel mondo. Ma se non parte da noi un messaggio positivo, come possono i nostri fan più piccoli capire che il sessismo, il bullismo e il cyber bullismo sono sbagliati. Forse si fa finta di non sapere che oggi il telefono conta in un certo senso più di ascoltare tua madre e tuo padre.

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Tu come ti rapporti ai fan più piccoli?
Uno dei miei mantra è dirgli “Ragazzi, sapete che non vi dirò dove sarà il prossimo concerto fino a che non mi farete vedere che avete preso dei bei voti”. C’è una ragazza che mi segue ovunque, ma veramente ovunque, e ha la media del 9. E io sono orgogliosa e penso che sia giusto. Io non ho finito la scuola, ma se avessi avuto qualcuno che ammiravo a spronarmi per arrivare fino in fondo, chissà… Quando sei adolescente davvero pensi “chi se ne frega della scuola”, ma se ci penso ora invece mi viene voglia di piangere, perché sarebbe stupendo poter riprendere a studiare e iscriversi all’università. Fare un percorso parallelo a quello della musica, che, okay, mi ha salvata, ma potrebbe anche non esserci per sempre.

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Senti tanto, ora, questa responsabilità verso la tua fan base?
Sì, tantissimo. Altrimenti per cosa diventi famoso a fare, per le collane e gli orologi? Che palle. Secondo me il senso di tutto, e della musica in primis, è poter aiutare gli altri. E allora vienimi a dare della troia quante volte ti pare, ma se anche solo una ragazza mi scrive per dirmi che si è sentita meno sola e triste grazie a me, io sono la persona più felice e orgogliosa del mondo.

E tu sei stata supportata, in particolare dalla tua famiglia?
Direi piuttosto che sono sempre stata sola. I miei ci sono e ci sono sempre stati, intendiamoci, ci vogliamo bene e l’unica cosa che vorrei è comprargli una casa e vederli tranquilli. Però mantengo sempre le distanze: è la mia vita, la mia musica, la mia scelta. Voglio sbagliare a mie spese, capire cosa è giusto e cosa no sulla mia pelle. Sì, mi sono emancipata dalla mia famiglia molto giovane, ma molto giovane soltanto rispetto ai canoni italiani!

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“Secondo me il senso di tutto, e della musica in primis, è poter aiutare gli altri. E allora vienimi a dare della troia quante volte ti pare, ma se anche solo una ragazza mi scrive per dirmi che si è sentita meno sola e triste grazie a me, io sono la persona più felice e orgogliosa del mondo.”

Quindi, ovviamente, quarantena a casa tua: come l’hai passata?
Ho pulito e arredato tutta casa. Mi sono tenuta occupata per dei mesi smontando e montando cose, come una vera maniaca.

Perché dovevi distrarti dall’idea di essere tappata in casa?
No, è che è stata la prima volta in due anni e passa che mi sono trovata a non essere sempre in giro. Io non ho mai avuto un divano a casa, fino alla quarantena, quindi o passavo il lockdown a letto o facevo qualcosa. E ho fatto, anzi strafatto, non so quante robe ho comprato on line, mi sa che sono l’unica che ha speso una follia di soldi durante il lockdown.

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Foto di Kevin il Fotografo

Intanto, mentre stavamo parlando, sono successe diverse cose interessanti. C’è stato, per esempio, Nove, che con la sua “Gabbiano”, eseguita due volte live e riprodotta una volta ancora durante il cambio palco, s’è assestato tra i 5 artisti italiani preferiti dal nostro fotografo.

Poi un molto solido See Maw, nuovo in casa Undamento, ha catturato fra il pubblico una buona dose di “ci sta”—formula che tutto risolve—e il cantante dei Tropea si è gettato nel laghetto dell’Idroscalo a fine esibizione. Anche senza questo gesto indecifrabile—perché io capisco perfettamente l’esibizionismo, è una cosa bellissima, ma se devi quasi morire, aspetta almeno di essere ai Grammy—questi ultimi avrebbero spaccato, così invece hanno spaccato, sì, ma il “sai che il cantante alla fine…” si è imposto sulla discussione.

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“Quando capita di sentire 2mila ragazzini che urlano tutti insieme i tuoi pezzi, perché i ragazzini non cantano, urlano, quello è tutto.”

Da lì, tutti a chiedersi da cosa è composto il liquame dell’Idroscalo, quindi ci è parso ragionevole accompagnare il dibattito con degli shot, fino però a dimenticare il nome della band di cui si stava parlando… Ma ormai è tutto perduto, e gli hangover post quarantena sono davvero i peggiori della vita.

Poco prima dell’inizio di Pop X in solo show, e poco dopo aver tirato un’unghia di Chadia credendo che fosse l’accendino—“succede”, mi ha detto—le ho fatto leggere un estratto di un’intervista a Davide Panizza-Pop X per Il Tascabile, dove raccontava le origini del progetto. Eccolo: “Puntavamo un po’ sul teatro. Una scenografia scarna fatta di pochi oggetti. Raccoglievamo oggetti anche in giro. Caschetto luci interattive, occhialini che si illuminavano a tempo: per l’epoca era una roba strana da vedere. Comunque non suonavamo un cazzo. […] Arrivavamo lì con l’iPod, attaccavamo, due minuti il soundcheck, uaaaaaaaa. Boccia di vodka, così.”.

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Come me lo commenti?
Che sono dei grandi, che la musica è questo, è libertà e contaminazione, è la tua cosa. Come ce l’hai nella testa, anche se vuol dire cambiare tutto all’ultimo secondo o persino durante lo show, così devi fare.

E tu come lo prepari un concerto?
Prima sbadiglio e rutto tantissimo per l’ansia, non bevo, non fumo, magari se ho una cannetta pronta me l’accendo durante, ma sono preoccupata solo che i miei fan tornino a casa felici per quello che hanno visto, e quando va male mi prendo malissimo. Però, quando succede, com’è successo l’anno scorso a Firenze, di sentire 2mila ragazzini che urlano tutti insieme i tuoi pezzi, perché i ragazzini non cantano, urlano, quello è tutto. L’amore, l’odore di ormoni che si sentiva in quel posto, era una cosa incredibile.

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“Quello che non capisce chi parla di incoerenza è che se mi do della bitch 2.0 me lo sto dicendo da sola, mi prendo il diritto di farlo, chi può negarmelo.”

Hai detto che “Bella così” è un progetto che non finisce con la canzone e il video, ma procede a lungo termine. Nel frattempo il feedback com’è stato?
Diviso a metà tra chi l’ha amato e chi mi ha dato dell’incoerente. Anzi, diciamo 60 e 40. In ogni caso, quello che non capisce chi parla di incoerenza è che se mi do della bitch 2.0 me lo sto dicendo da sola, mi prendo il diritto di farlo, chi può negarmelo. Ma allo stesso modo se faccio “Bella Così” è perché so che posso aiutare delle persone, e anche quando dico “Piacere, mi chiamo Chadia, sono sempre stata una tipa strana, sono cresciuta sola in mezzo alla strada, senza fare la ladra né la puttana” la intendo come una frase universale, che qualsiasi ragazzino o ragazzina può sentire sua.

Ma sei riuscita a capire davvero chi sono, questi tuoi haters?
Un po’ sono le persone che ho incontrato davvero nella vita e a cui non è andato a genio che sia diventata chi sono diventata. Gli altri, quelli che ti dicono “muori” ma manco sanno che cazzo vuol dire quella parola, sono anche quelli che se li incontri e gli fai “Bu” viene loro un colpo.

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Le amicizie, quando si diventa così famosi, diventano più complicate da gestire?
Non ho delle amicizie che mi porto dietro da quando sono piccola, perché, scusa il gioco di parole, anche le persone che conoscevo da piccola, nel loro piccolo, sono riuscite a fottermi. Ci ho messo un po’ a capire di chi avessi bisogno, chi volessi davvero nella mia vita e chi era meglio allontanare, perché, per qualche strano motivo, mi diceva cose del tipo “se sei arrivata fin lì lo devi a me”. Ma se devo qualcosa a qualcuno, quella è me stessa. Comunque oggi ho il mio gruppetto di persone fidate, quelle che se ho bisogno ci sono, e ‘sti cazzi se per trovarle ci ho messo anni e anni.

Che cosa ti rende fiera di te stessa?
Mi hanno detto che non potevo giocare a calcio perché sono una ragazza, e sono entrata nella giovanili della Juve. Mi hanno detto che il rugby non era roba da femmine, e ho imparato a giocarci. Con la trap stessa solfa, ed eccomi qui. L’ultima è che il freestyle lo sanno fare solo i maschi. Ah sì? Vedremo.

“Mi hanno detto che non potevo giocare a calcio perché sono una ragazza, e sono entrata nella giovanili della Juve. Mi hanno detto che il rugby non era roba da femmine, e ho imparato a giocarci. Con la trap stessa solfa, ed eccomi qui. L’ultima è che il freestyle lo sanno fare solo i maschi. Ah sì? Vedremo.”

È a questo punto che sale sul palco Pop X, con il cappello da pescatore e la faccia pittata che diventata blu, verde e gialla, i sandali e le basi Midi, l’autotune e i balletti. Tra “Cattolica” e “Io c’entro con i missili” ho guardato Chadia, immobile, che mi ha detto “non conosco neanche un pezzo ma sono ipnotizzata”.

Già, perché se non si può pogare a un live di Panizza si cade in una sorta di trance. “C’è qualcosa di ancestrale”, mi dice a un certo punto il nostro fotografo, che entrambe fingiamo di non conoscere, però in minima parte ha ragione: questi suoni li abbiamo interiorizzati da sempre, erano nei nostri videogiochi o al piano-bar obbligato con i genitori.

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Ed è questo lato più straniante e in qualche modo intimo che ci è arrivato addosso a Cuori Impavidi; oppure, e non è improbabile, siamo tutti un po’ a pezzi, chi più e chi meno.

“Che te ne pare di questo live”, chiedo a dieci minuti dalla fine a Chadia—che purtroppo a questo punto se ne deve andare, e dopo quattro ore spese insieme a lei non mi sento certo di mettere Vice nella posizione di un sequestro di persona—: “Penso che chiunque altro sarebbe grottesco e noioso, in uno show del genere. Lui, invece, ha carisma, trasmette quell’energia che non ti fa alzare per andare via dopo un pezzo. Se non lo avete mai visto, andate a un suo concerto. Poi è anche un artista a 360 gradi: musicista, cantante, ballerino, coreografo, make up artist, stylist; tutto”. Mi è dispiaciuto salutare Chadia, avevo ancora molte domande da farle, il 90% delle quali, in realtà, atte a farmi ospitare in una delle case delle sue vacanze e invece, grazie a questo pezzo per Vice, una notte in campeggio a Marina di Massa non me la toglie nessuno.

Senza Chadia, io e Kevin abbiamo raggiunto Panizza per un passaggio-lampo nel suo backstage dove, nell’ordine: mi ha chiesto se Chadia se l’era inculato, gli ho detto di sì ma che era dovuta andare via, tempo che finissi la frase e s’era già distratto, ha rovesciato un bicchiere di coca, un tavolo pieno di cose da mangiare e pacchetti di sigarette. “Volete un pacchetto di sigarette? O una mascherina?” e io avrei anche risposto di sì ed entrambe le offerte, non fosse che in quel preciso momento è stato sequestrato da due fan, che gli hanno chiesto in un video “Che voto dai al concerto di stasera?”: “Da 1 a 6 mi do 6”. E questa è la chiusa perfetta.

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