Attualità

'Non avevo mai visto un tale livello di violenza'

Abbiamo parlato con @riphuda, l'autrice del video diventato virale, di cosa è successo nei dettagli all'alba del 27 giugno fuori da McDonald's a Milano.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
huda-milano-instagram-carabinieri
Grab via Instagram/@riphuda.

In questi giorni è circolato moltissimo un video su Instagram che mostra alcuni frammenti di quanto avvenuto all’alba del 27 giugno a Milano, in ciò che a molte persone è apparsa come una reazione a dir poco spropositata delle forze dell’ordine.

Come ha raccontato Huda Lahoual, 18enne, il suo gruppo di amici era fuori dal McDonald’s di piazza XXIV Maggio quando una volante dei carabinieri si sarebbe fermata a causa dell’atteggiamento di un ragazzo sul posto, che—sempre stando al racconto—stava suonando il campanello di un monopattino.

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Da lì in poi, la situazione è precipitata. Sono intervenuti altri agenti, anche in tenuta antisommossa, e a un certo punto è stata fatta partire una carica per disperdere il gruppo.

I frammenti pubblicati nel video IGTV—alcuni realizzati da suoi amici, altri da Lahoual, che nei primi attimi non era sul posto, come vedremo—sono forti e inequivocabili. Si vedono i militari colpire in testa una ragazza (afrodiscendente, come la quasi totalità dei presenti), mentre un ragazzo a terra viene preso a calci. Altri ragazzi, in risposta, hanno lanciato bottiglie e altri oggetti contro i carabinieri.

Nell’intervento, riportano vari quotidiani, sarebbero state sanzionate 12 persone per violazione di norme anti-COVID, mentre due sono state arrestate e denunciate per resistenza a pubblico ufficiale. In base al racconto di Lahoual, che parla di “abuso di potere” e discriminazione razziale, una ragazza e un ragazzo sarebbero stati apostrofati con frasi discriminatorie—tra cui “tornatene al tuo paese” e la n-word.

La versione delle forze dell’ordine è opposta. Parlando con Il Post, ad esempio, un carabiniere ha detto che si è trattato di un controllo “come mille altri.” In un comunicato stampa, il comando provinciale di Milano ha spiegato che l’intervento è stato richiesto da una pattuglia dell’esercito impiegata nell’operazione “Strade sicure” per una “rissa nei pressi del McDonald’s che coinvolgeva oltre 20 giovani.”

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Una volta giunti sul posto, continua il comunicato, i militari non sono riusciti a “effettuare le operazioni di identificazione […] in quanto i giovani reagivano, brandendo bottiglie e lanciandole contro i militari”; a quel punto si sarebbe resa necessaria una “azione di contenimento.”

Sempre nello stesso comunicato, si afferma che i video dell’intervento sono stati “trasmessi all’autorità giudiziaria e sono in corso ulteriori approfondimenti in relazione alle circostanze nelle quali è maturato l’evento.”

Oggi è intervenuto sulla questione anche il sindaco di Milano Beppe Sala, scrivendo su Facebook che “l’accaduto di qualche giorno fa non è stato così lineare” e che “finché sarò Sindaco [il razzismo] lo combatterò con tutte le mie forze, ma sempre rispettando la verità.”

Da allora sono emersi altri frammenti, contributi e filmati, anche delle ore precedenti, e si aspetta maggiore chiarezza sulle dinamiche.

Una cosa va però detta: al di là delle circostanze specifiche, dal video pubblicato da Lahoual emerge l'estrema durezza dell'intervento delle forze dell’ordine—fatto da decine di militari addestrati, dotati di scudi e manganelli, nei confronti di un gruppo di ragazzi poco più che maggiorenni.

Ieri ho raggiunto Lahoual al telefono per avere un racconto più dettagliato della vicenda dal suo punto di vista. Come mi racconta, era arrivata a Milano nel pomeriggio di sabato insieme alla cugina e degli amici, per il Pride. La sera sarebbero dovuti andare a un evento, ma nel frattempo si era fatto troppo tardi; verso le quattro di mattina di domenica il gruppo si è fermato al McDonald’s, a quell’ora ancora aperto.

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“Ci siamo messi sui tavolini fuori,” racconta, “dove c’erano altri gruppi di ragazze e ragazzi che non conoscevamo. In tutto erano tre o quattro gruppi, noi compresi.” Intorno a quell’ora c’è stata una rissa nei paraggi del locale, che ha coinvolto circa venti ragazzi (a suo dire non appartenenti ai gruppi seduti ai tavolini; secondo i carabinieri, almeno uno lo era), per poi esaurirsi.

Passata un’ora, intorno alle cinque e mezza, Lahoual racconta di essersi allontanata brevemente insieme ad altri per cercare un bar aperto e fare colazione, dato che nel frattempo il McDonald’s aveva chiuso. Non trovandone, però, torna sul posto, dove “c’è un disastro: si sentivano urla, grida, rumore, un sacco di baccano.” C’era appena stata la carica, e gli altri “stavano discutendo e litigando con i poliziotti per quello che era successo.”

Contestualmente, prosegue, “mi hanno raccontato di quello che era successo prima, ovvero il fatto che avessero preso e spinto un ragazzo per terra, poi preso a manganellate sua sorella e arrestato un altro ragazzo.”

Anche le fasi di identificazione sono state piuttosto concitate. Secondo il racconto di Lahoual, i carabinieri avevano “un atteggiamento passivo-aggressivo, anche se in realtà era più aggressivo che passivo.” Tutti i presenti avrebbero dato i documenti, tranne una ragazza—che sarebbe stata trattata come “se non capisse la lingua” nonostante continuasse a ripetere di essere cittadina italiana. “Lei ha pianto e ci è rimasta male per questa cosa, che si vive spesso quando si è ‘stranieri’ in Italia.”

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A tal proposito, mi spiega, “a me è capitato di vivere situazioni di razzismo e discriminazione, anche un po’ velata, da parte di polizia e carabinieri in situazioni di controlli, ma non avevo mai visto un tale livello di violenza.”

Come ha scritto in una didascalia a corredo di una storia su Instagram, “gli stranieri in Italia sono abituati a essere trattati da bugiardi, per questo all’arrivo della polizia abbiamo sempre i telefoni in mano.” Per il resto, non si aspettava che il video avesse una tale risonanza. Ma si augura che questo possa contribuire a cambiare la percezione delle persone su determinate tematiche.

“Sicuramente è più facile credere a una cosa che vedi, rispetto a una che ti viene solo raccontata,” mi dice. “E quando vedi un abuso, a un certo punto non puoi negarlo. Io spero che questo aiuti ad avere più consapevolezza, e anche a essere più attenti a quello che si fa.”

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