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Cosa succede se fai uso di cannabis e la polizia ti ferma

Qual è la distinzione tra uso personale e spaccio? È permessa la coltivazione di marijuana per uso personale? Risponde l'avvocato Gennaro Santoro.
cannabis uso personale
Foto via Getty Images/EyeEm.

In Italia la confusione sulla normativa sul consumo personale di cannabis—cosa si può effettivamente fare e cosa ti fa finire dritto in tribunale—è piuttosto diffusa. Dopo la dichiarazione di incostituzionalità nel 2014 della Fini-Giovanardi (che metteva in un unico calderone tutti i tipi di sostanze stupefacenti), la legge in vigore è tornata a essere la Jervolino-Vassalli del 1990, che punisce lo spaccio di droghe leggere con pene dai due ai sei anni di reclusione.

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Il possesso di cannabis a uso personale è stato depenalizzato con un referendum nel 1993 e prevede sanzioni di tipo amministrativo. Il che non significa necessariamente che siano lievi: in alcuni casi si può arrivare alla sospensione della patente (anche se non si era alla guida quando si è stati fermati), del passaporto o della carta d’identità valida per l’espatrio o del permesso di soggiorno per motivi di turismo per i cittadini stranieri.

Ma cosa comportano queste norme? Cosa si intende con possesso per uso personale, qual è la differenza con lo spaccio e in cosa si può incorrere se si viene trovati con della marijuana in determinate quantità?

Secondo l’ultimo Libro Bianco sulla Legge sulle Droghe, nel 2019 sono state segnalate al prefetto 41.744 persone per consumo di sostanze illecite—di cui più di 4mila minorenni—per il 77,95 percento consumatori di cannabis.

“C’è una grandissima discrezionalità delle forze dell’ordine quando ti fermano, perché non c’è un unico parametro o un indicatore certo che ci dice se è consumo personale o ai fini di spaccio,” mi spiega l'avvocato Gennaro Santoro dell'Associazione Antigone, che ha collaborato alla stesura del vademecum “I diritti del consumatore di cannabis” realizzato dalla Coalizione Italiana Libertà e diritti Civili (CILD) per fare chiarezza sulla legge italiana, e all’elaborazione di altri strumenti simili.

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Ho chiesto all'avvocato Santoro cosa sarebbe opportuno sapere nel caso in cui si venga fermati dalle forze dell’ordine e si faccia uso di cannabis.

Cannabis: distinzione tra uso personale e spaccio

Non esiste un parametro netto per distinguere tra uso personale e spaccio. Ci sono vari indicatori su cui si baserà in giudice—e ancora prima le forze dell’ordine. Uno di questi è la quantità di sostanza detenuta: per esservi uso personale il principio attivo non deve all’incirca superare 1/1,5 grammi di THC—dunque più o meno 10-15 grammi di hashish o marijuana, con una percentuale di principio attivo intorno al 10 percento.

“Se hai con te un chilo o due grammi, incide. Ma non è un elemento esaustivo. Se hai cinque o dieci grammi ma sono frazionati, hai un coltellino, il cellophane, un bilancino o una grande quantità di denaro che non sai come giustificare, in quel caso la polizia che ti ferma può ritenere che ci siano i fini di spaccio,” spiega l’avvocato Santoro. Allo stesso modo, continua il legale, se una persona ha con sé 50 grammi ma dimostra di avere un suo reddito da fonti lecite, “potrebbe dichiarare che è per uso personale e potrebbe anche essere creduta.” Si presume cioè che chi ha un reddito alto possa permettersi di spendere più soldi per acquistare per uso personale. 

Cosa succede quando si viene fermati con della marijuana

Secondo l’avvocato Santoro, la cosa principale è essere collaborativi, consegnare la sostanza detenuta a scopo di uso personale e fare mettere a verbale il tipo di uso. “Se hai dei soldi, far capire perché ce li hai. Purtroppo esiste una grande ingiustizia sociale, per cui chi è di buona famiglia o ha un buon lavoro può avere un quantitativo maggiore perché può provare meglio che ha acquistato per fare, come dire, scorta e non per spacciare.”

Se c’è solo il sospetto, le forze dell’ordine possono procedere a perquisizioni o ispezioni personali anche senza l’autorizzazione del magistrato. “Accade perché esiste una normativa speciale anticrimine su droghe, esplosivi e armi per cui c’è questa eventualità al fine di prevenire crimini ritenuti molto gravi. Per questo la perquisizione è sempre possibile, un’opposizione non sarebbe lecita,” spiega Santoro.

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In ogni caso, si ha diritto a che sia compiuta in presenza di un avvocato o di un’altra persona di fiducia che può assistere. Se gli agenti non attendono l’arrivo del legale e procedono alla perquisizione, bisognerebbe cercare di prestare attenzione alle operazioni e soprattutto al verbale, controllando prima di firmarlo che quello che c’è scritto corrisponda a ciò che è stato fatto—se così non fosse, i legali di Antigone consigliano di non firmarlo.

Oltre al diritto alla presenza di un avvocato esistono tutta una serie di garanzie, tra cui il rispetto della dignità della persona e della sua riservatezza, il divieto di metodi o tecniche che minino la capacità di autodeterminazione o il fatto che le perquisizioni personali sulle donne siano fatte esclusivamente da agenti di sesso femminile.

Se dopo il controllo viene contestata la detenzione per uso personale, viene consegnato un verbale e si viene convocati dal prefetto della città di residenza—nel caso di minorenni insieme ai genitori. Il colloquio può concludersi in vari modi: con un semplice ammonimento a non usare più sostanze, oppure con la sospensione e il ritiro di un documenti (come detto sopra patente, passaporto, permesso di soggiorno per turismo) da uno a tre mesi. Oltre che in prefettura, arriverà una convocazione anche al Ser.d: è un incontro facoltativo, ma se si inizia e porta a conclusione un programma educativo si avrà la revoca delle sanzioni.

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Se la polizia invece ritiene si configuri lo spaccio, “si aprirà un procedimento penale a piede libero, poi dopo un anno e mezzo la persona sarà convocata e potrà dimostrare la sua innocenza. Ma si sarà fatta tutto il processo,” afferma l’avvocato Santoro. 

Che succede se si fuma erba con amici

In Italia a oggi l’offerta gratuita—cioè passarsi una canna o comprare per conto di altri—è considerata un reato. “Non esiste una normativa sull’uso di gruppo, perché la non penalità del fatto a seguito del referendum del 1993 riguarda solo il consumo personale e altre condotte come la detenzione, l’importazione e l’esportazione. Non viene proprio prevista la possibilità di socializzare,” afferma l’avvocato Santoro. L’uso di gruppo è una categoria creata dalla giurisprudenza per provare che ci si è messi d’accordo precedentemente all’acquisto per fumare insieme e, secondo i legali di CILD, si sarà quasi sicuramente sottoposti a un procedimento penale.

“A meno che non si venga colti nell’atto proprio di passare la canna, la cosa migliore è che una sola persona dichiari che è per uso personale, che stava consumando in compagnia di amici ma che stava fumando in autonomia. L’acquisto di gruppo è una fattispecie più scivolosa. Esiste della giurisprudenza che l’ha giustificato, ma costituisce più l’eccezione che la linea da seguire,” precisa Santoro.

È possibile coltivare marijuana per uso personale?

La risposta è no. Anche coltivare una sola pianta per uso personale è considerato reato. “Quindi purtroppo—e per assurdo—la detenzione di una piantina che ha già le sue infiorescenze comporta sicuramente un procedimento penale,” spiega Santoro. Il punto non è comunque la pianta in sé ma il principio attivo, ossia la presenza anche minima di THC. Per questo motivo, non è invece un illecito la detenzione di semi o piante che ne siano prive (o con una percentuale compresa tra lo 0,2 e lo 0,6 percento). La finalità della coltivazione non potrà essere però il consumo personale.

Il fatto che sia reato, non significa che chi coltiva marijuana verrà sempre necessariamente condannato; per dimostrare l’uso personale dovrà però sostenere un processo. “Mentre il poliziotto che ti ferma può avere il buonsenso di capire che è uso personale—perché anche se sono 20 grammi si vede che non stai spacciando—sulle piantine praticamente nel 99,9 se non 100 percento dei casi il procedimento penale si apre.”

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La giurisprudenza prevalente considera la coltivazione un reato di pericolo, nel senso che è impossibile prevedere quanta sostanza stupefacente produrrà quella pianta e dunque ne accrescerà la quantità potenzialmente esistente e circolante.

Cannabis e uso terapeutico: come funziona

In Italia è consentito l’uso terapeutico di preparazioni a base di cannabinoidi per determinate patologie, come dolore cronico o associato a sclerosi multipla, effetti collaterali di chemioterapia, radioterapia o cure per HIV, per alleviare disturbi di pazienti oncologici, affetti da AIDS o da anoressia nervosa e altre sindromi. È necessaria però la prescrizione medica da parte del medico di base o altro sanitario.

Non è possibile invece l’uso terapeutico delle infiorescenze autoprodotte, cioè non si può coltivare una piantina di marijuana per usarla a fini di cura.

Cannabis: cosa succede se si viene fermati alla guida

L’avvocato Santoro spiega che “se stai guidando si sommano più normative, tra cui anche quelle del Codice della strada, perché è un pericolo che in stato di alterazione tu possa guidare.” Nello specifico, si usa l’articolo 187 (Guida sotto gli effetti di sostanze stupefacenti) che prevede tra le altre cose multe da 1.500 a 6.000 euro, arresto da sei mesi a un anno, confisca del veicolo se il conducente è l’intestatario, sospensione della patente da un anno a due anni, decurtazione di dieci punti dalla patente (in caso di incidente le sanzioni sono raddoppiate e la patente revocata).

A differenza dell’alcol—in cui c’è una gradazione alcolica nel sangue che consente di avere un parametro per guida in stato d’ebbrezza—per gli stupefacenti non c’è un limite di principio attivo nel sangue o nelle urine. Per questo motivo la norma è stata spesso contestata, perché alcune sostanze possono essere rinvenute nelle urine per un tempo piuttosto lungo (ad esempio hashish e marijuana anche fino a 30 giorni).

Alcuni giudici hanno assolto persone per cui era stata rilevata solo la positività ai controlli ma non era stata disposta una consulenza che accertasse lo stato di alterazione al momento del controllo. L’avvocato Santoro precisa però che è possibile che venga comminata una contravvenzione penale, anche se più mite, e che comunque è bene non mettersi alla guida.

Chi si rifiuta di sottoporsi agli accertamenti verrà trattato come se fosse risultato positivo. Il ritiro della patente fino a 30 giorni e il fermo amministrativo avviene a fini preventivi anche se chi viene fermato non sta guidando, ma si trova comunque in quel momento in possesso di un veicolo, ne ha la disponibilità o le chiavi.