La piramide del Cocoricò che domina Riccione, foto di pubblico dominio via Wikipedia
Il Cocoricò ha aperto nel posto giusto al momento giusto: Riccione, 1989. Al di fuori di Detroit a metà anni Ottanta e Berlino a primi anni Novanta, è difficile pensare a circostanze migliori per fondare una discoteca. E per tutti gli anni Novanta e i primi Duemila, il Cocoricò è stato la Mecca per chiunque amasse la cassa dritta, il senso di comunione del dancefloor e il luccichio speciale dell’alba sull’Adriatico mentre si torna a casa. Trent’anni dopo, inevitabilmente, la storia del Cocoricò è finita. Il Tribunale di Rimini, come riportano diversi quotidiani, ha dichiarato il fallimento della società che gestisce il locale lo scorso 4 giugno. All’inizio dell’anno la Guardia di Finanza aveva già sequestrato alla società beni per 800 mila euro a causa di mancate dichiarazioni fiscali nel 2015 e 2016.All’inizio del nuovo millennio è iniziata la de-discotechizzazione d’Italia, e ormai le cattedrali del divertimento che erano luoghi di pellegrinaggio di migliaia di giovani nei fine settimana degli anni Ottanta e Novanta sono in gran parte ecomostri abbandonati. Negli ultimi anni si è parlato del Cocoricò principalmente in termini tragici: nel 2015 un ragazzo di 16 anni ha perso la vita al suo interno per overdose da MDMA, fatto che spinse il questore di Rimini a disporre la chiusura del locale per quattro mesi. È lecito pensare che da questo brutto colpo e dalla demonizzazione della discoteca come “tempio dello sballo” sulla stampa nazionale il Cocoricò non si sia mai ripreso. Vagli a spiegare che educazione e riduzione del danno sono l'unico modo per contenere le conseguenze fatali del consumo di droga, e che il proibizionismo non ha fatto altro che danni.Gli anni Ottanta e Novanta non torneranno, e forse non torneremo neanche più a guardare i primi raggi dell’alba filtrare dalla piramide di vetro del Cocoricò, ma speriamo almeno di continuare a ballare.Segui Noisey su Instagram, Twitter e Facebook.
Pubblicità