Cultura

Ho ripercorso i miei 10 anni su Facebook e ora mi vergogno di me stesso

Non fatelo.
Niccolò Carradori
Florence, IT
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Un estratto dalla bacheca dell'autore.

Avete presente quel misto di vergogna, orrore, e piacere masochistico che proviamo quando ripensiamo a quanto eravamo ridicoli in passato? È un'attitudine molto utile, per quanto dolorosa, quella della memoria che porta al rimorso: perché ci fa capire che in ogni attimo della nostra vita stiamo commettendo errori che solo il futuro potrà svelare. Il problema, però, è che spesso i nostri ricordi sono compromessi—l'inconscio, come forma di protezione, li seleziona, li sbiadisce e li distorce per farci apparire migliori di quello che siamo stati. Per questo non ti accorgi di quanto a 16 anni tu ti pettinassi male finché, con lo sguardo distaccato e lucido, non vedi una tua vecchia foto. Nei faldoni sulle capigliature dell'adolescenza la memoria ti diceva "Johnny Depp in Blow", e invece no: Nino D'Angelo in Un jeans e una maglietta. Fortunatamente esistono vari strumenti in grado di riportarci indietro di almeno un decennio e srotolare per noi il passato, anno dopo anno, mese dopo mese, giorno dopo giorno. Tipo la funzione archivio della bacheca di Facebook.

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Non so voi, ma nell'ultimo decennio non ho mai pensato—galleria delle foto a parte—di andare a rivedere cosa contenesse lo stoccaggio della mia attività su FB. Ultimamente è il sistema che ti propone qualche ricordo da ri-postare, ma sono sempre i migliori e i più quotati in like e commenti, segno del fatto che forse Mark Zuckerberg (qui nel ruolo dell'inconscio di internet) non vuole che ci facciamo del male andando a vedere di nostra iniziativa cosa c'è sotto la punta dell'iceberg. E per molti è un iceberg gigantesco. Negli anni dell'università ho passato anche 7-8 ore al giorno su Facebook, mentre fingevo di preparare gli esami. E ci riversavo ogni ione della mia esistenza: caricavo foto, pensavo agli status da mettere, commentavo sistematicamente ogni contenuto pubblicato delle ragazze che mi piacevano. È come il Chronicon di San Girolamo di tutto quello che abbiamo sperato, esternato, e subìto in rete.

Ho quindi deciso di ripercorrere gli ultimi dieci anni della mia bacheca, per vedere che impressione mi sarei fatto valutandomi a distanza, e constatare quanto e come è cambiato il mio approccio. Sono partito dal marzo del 2009, il mese in cui mi sono iscritto.

Posso dire fin da subito che il mio primo anno di Facebook è stato il più umiliante in assoluto da rivedere. Una sorta di carnevale fatto di incapacità nel comprendere un social network—e quindi cosa è opportuno postare e cosa non lo è—e un di provincialismo esasperato.

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Non mi ricordavo di quanto fossi romantico e sdolcinato fino al ridicolo, ad esempio. Nei primi mesi ho utilizzato Facebook soprattutto per scrivere status in cui taggavo la mia fidanzata e le dicevo quanto l'amavo, quanto era stato bello stare con lei un pomeriggio, e quanto mi mancava (la vedevi tutti i giorni, coglione). Una volta le ho dedicato una canzone di Max Pezzali—questa—e credo che basti per far capire quanto posso cadere in basso quando sono innamorato. È stato il mio periodo stilnovista di Facebook.


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A quanto pare ad aprile del 2009 mi sono iscritto al gruppo “Quelli che hanno un amico da tutta una vita”, e ho messo like alla pagina “Per te farei qualunque cosa”. Più tardi: iscrizione al gruppo “GAETANO SCIREA CAPITANO GENTILUOMO”; mi piace alla pagina “Gli amici di IOLAO” (l’amico parassita di Hercules che si faceva sempre zombare di botte dai nemici); uso dei puntini di sospensione tipico di un 50enne buongiornista; partecipazione, ostentata, al quiz "Quale coltello Miracle Blade sei".

L'unica forma di invidia che ho nutrito per il me stesso di allora, riguardando le foto è stata per la mia magrezza. Avere vent'anni, a parte per il metabolismo, faceva schifo. Alla fine del 2009 la mia ragazza mi aveva lasciato, e l’abbandono si era riversato sul mio profilo FB come una bruma di mestizia e rancore mascherata da priapismo isterico. Postavo status allusivi in cui speravo di comunicare alla mia ex che stavo scopando molto in quel periodo. Volevo farla ingelosire, e ha funzionato talmente bene che lei dopo poco si è rifidanzata. Preso dalla frustrazione mi sono buttato in una serie di commenti calcistici su quanto facesse schifo la Juventus, ma per colpa di altri. Centinaia di commenti sotto ai post per spiegare come Calciopoli fosse stata una macchinazione, e che se la Juve comprava Amauri era colpa di Facchetti. Questa bruma è durata quasi tre anni.

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Rivedendomi adesso, mi sento di ringraziare tutte le persone che mi hanno sopportato e mi sono state vicine in quel periodo. Come avete fatto? Nei commenti ero aggressivo, inutilmente polemico, e saccente. Ma soprattutto ero costantemente arrapato, e tentavo di comunicarlo a tutto spiano. A Pasqua del 2011 ho fatto un breve viaggio a Stoccolma, e i post ammiccanti su quanto sono belle le scandinave si sono sprecati nel periodo pre-partenza. Volevo che tutti fossero coscienti che stavo andando con degli scopi precisi. Una volta tornato, come nella peggiore tradizione degli italiani stronzi che vanno all'estero, ho messo una bandiera della Svezia come immagine del profilo. Forse il punto più basso mai toccato. [Ci tengo a specificare che in Svezia non ho rimediato niente, zero, e che per cinque giorni mi sono limitato a girare la città in bicicletta e mangiare polpette. Ma di questo non c'è traccia sulla mia bacheca.]

Nel 2012 il mio stile di approccio ai social è cambiato. Erano gli anni degli ultimi, violenti, riverberi di cultura hipster, e probabilmente—tramite status autoironici e canzoni che mi sembravano ricercatissime—mi stavo accodando a quello per poter scopare. Un'altra cosa utile che si scopre sul proprio passato osservando la bacheca, infatti, è la fitta rete di strategie comunicative che hai messo in atto pur di accoppiarti. Ma non voglio fare solo il disfattista: è anche stato uno dei pochi periodi in cui sono effettivamente riuscito ad uscire con ragazze conosciute su Facebook.

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Nell'estate del 2013 ho cominciato lo stage da VICE, e da quel punto in poi ho pian piano iniziato a postare i miei articoli su Facebook. A usare la bacheca come una sorte di "vetrina" per le cose che scrivevo, e a interagire di più con le nuove persone che conoscevo. Avevo smesso di essere un universitario frustrato, e avevo finalmente qualcosa di sensato da condividere. O almeno qualcosa di cui mi importava sul serio. E devo dire che la mia bacheca ne ha giovato enormemente: a quanto pare se finalmente senti che la tua vita ti piace, anche il tuo Facebook migliora.

Negli ultimi due anni ho quasi smesso definitivamente di postare cose nuove. Un po' perché ormai c'è Instagram, un po' perché a 30 anni la vita mi ha già mangiato tutto l'ego che pensavo di avere, un po' perché ho di meglio da fare.

Più volte durante questo esperimento ho pensato "eppure quest'anno pensavo di essere stato fico, mi sentivo molto sicuro di me", per poi scoprire che ero esattamente la persona che non avrei mai voluto essere. Ho scoperto di essere un melenso del cazzo quando sono innamorato, di essere un passivo-aggressivo represso quando vivo periodi bui, e di essere arraffato quanto Franco Califano dopo un'iniezione di prostaglandine. Ma ho imparato anche che il tempo mi rende più saggio e pacato, che non è poi una brutta cosa.

Facebook, alla fine, è come il ritratto di Dorian Grey. Solo che invece della vecchiaia contiene tutta la nostra stupidità.

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