Rohingya, trafficking, Myanmar, Kashmir
Illustrazione di OWI LUINIC/VICE.
Rohingya

Nell'inferno delle donne rohingya vittime di tratta

VICE World News ha parlato con alcune donne rohingya di come sono cadute vittima di tratta e vendute a uomini in Kashmir.

Con il figlio in braccio, Muskan ricorda la fredda notte in cui è stata costretta a un viaggio di oltre 3.000 chilometri per sposare un uomo 30 anni più grande.

“Avevo le gambe gonfie e doloranti per le botte e il freddo,” racconta Muskan a VICE World News nella sua casa in Kashmir, una zona sotto la giurisdizione del governo dell’India devastata dai conflitti. “Ero disperata. Non avevo via d’uscita.”

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Sono passati cinque anni da quando ha compiuto quel viaggio, partendo dalla sua patria, in Myanmar. Ma Muskan non può dimenticare l’orrore di essere stata tenuta prigioniera nel mezzo di un inverno impietoso, chiusa a chiave in una stanza senza bagno. I trafficanti non lasciavano neanche che lei e le altre donne vittime di tratta usassero i servizi igienici. Muskan racconta che i suoi aguzzini le picchiavano quando si rifiutavano di sposare uomini sconosciuti, spesso molto più anziani di loro e affetti da disabilità mentali. Molti di questi matrimoni erano infatti organizzati dalle famiglie in cerca di qualcuno che si prendesse cura di questi uomini.

Muskan, che ha ora più di 30 anni, è stata venduta per 100.000 rupie (1.150 euro) a un contadino di 60 anni del Kashmir affetto da disturbi mentali.

Durante un’indagine durata nove mesi, VICE World News ha ricostruito il viaggio di quattro donne rohingya vittime di tratta dal Rakhine, la regione settentrionale del Myanmar, al Kashmir. Per proteggere le loro identità, sono citate con pseudonimi.

In interviste separate, le donne hanno detto di essere state ingannate dai trafficanti che hanno promesso loro che avrebbero sposato “giovani scapoli di bell’aspetto.”

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Le quattro donne, che hanno parlato a condizione di restare anonime per paura di ritorsioni da parte delle comunità in cui vivono ora, hanno detto di essere state condotte fuori dal Myanmar attraverso il Bangladesh, poi affidate a trafficanti indiani in Kashmir, che le hanno tenute in condizioni terrificanti per giorni. Sono stati negati loro cibo e cure mediche, mentre imploravano di tornare dalle loro famiglie.

Le repressioni violente operate dall’esercito del Myanmar nei confronti dei rohingya—un gruppo etnico apolide di fede musulmana—ha condizionato le vite di queste persone in molti modi, anche alimentando il mercato che traffica spose fuori dal paese. Nel 2017, l’ultimo attacco sistematico dell’esercito contro la comunità ha costretto oltre 740.000 rohingya ad abbandonare il paese a maggioranza buddista, attraversando il fiume Naf verso la parte sud-orientale del Bangladesh.

L’esodo di massa e improvviso ha fatto crescere l’offerta per le spose rohingya nelle reti di traffico di esseri umani, sostengono gli esperti.

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“C’è stato un picco dopo l’esodo dal Myanmar nel 2017, mentre il traffico che colpisce le donne del Bangladesh è sceso, per quanto resti sempre prevalente,” spiega Salma Ali, presidentessa dell’associazione di donne avvocato del Bangladesh, BNWLA, e attivista anti-tratta.

Rohingya Women Trafficked From Myanmar to Kashmir

Una bambina rohingya che vende culle intrecciate a mano nel mercato del campo rifugiati Nayapara, a Cox's Bazar, in Bangladesh. Foto: Pari Saikia

Hasina Kharbhih, fondatrice di Impulse NGO Network, una ONG che si occupa di diritti umani nella città di Shillong, nel nordest dell’India, ha aggiunto che molte donne rohingya sono finite in Kashmir e in Hyderabad per via delle più folte popolazioni di fede musulmana che vivono lì.

Stando a Imtiyaz Ali, che lavora nei servizi sociali con Childline in Kashmir, le famiglie della regione pagano tra i 570 e i 1.150 euro per una sposa rohingya, una cifra di gran lunga inferiore rispetto alle spese minime per un matrimonio tradizionale, che costa intorno ai 5.700 euro.

“Sempre più persone preferiscono risparmiare e comprare una sposa, anziché organizzare un matrimonio,” dice Ali.

Ingannate e tradite

Ma le persecuzioni della popolazione rohingya in Myanmar spingono le persone a lasciare lo stato di Rakhine anche da prima della crisi del 2017. Il paese, che è a maggioranza buddista, perseguita il gruppo etnico dei rohingya da decenni, costringendo molti a intraprendere pericolosi viaggi verso l’estero in cerca di una vita migliore.

Muskan, che viene dal villaggio di Inn Din, diventato tristemente noto per una strage due anni dopo la sua partenza, ha detto che i trafficanti andavano spesso lì in cerca di famiglie disperate e disposte a mandare le figlie in sposa fuori dal Myanmar.

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A settembre 2015, un trafficante rohingya del Myanmar ha mostrato a Muskan la foto di un uomo che sembrava benestante e di bell’aspetto, e le ha detto che era del Kashmir. Era la prima volta che Muskan sentiva la parola “Kashmir.” Una settimana dopo, il trafficante ha incontrato i suoi genitori, che erano contadini, e li ha rassicurati, dicendo loro che la figlia avrebbe sposato l’uomo che aveva scelto tra le foto. La famiglia gli ha dato l’equivalente di 125 euro per la sicurezza della figlia.

Rohingya Women Trafficked From Myanmar to Kashmir.

Rohingya in un campo nello stato di Rakhine in Myanmar, in attesa di trovare un passaggio sicuro verso il Bangladesh. Novembre 2017. Foto: Phyo Hein Kyaw / AFP

Anche Zubaida, di Mangdaw, in Rakhine, è stata ingannata. Aveva 16 anni quando i suoi genitori hanno dato una piccola somma a un trafficante perché la portasse fuori dal Myanmar. Era l’unico modo per permetterle di crescere lontana dalle persecuzioni subite dalla comunità nel 2012, quando una serie di scontri anti-rohingya hanno portato alla morte di centinaia di persone. Ma una volta arrivati in Kashmir, il trafficante l’ha venduta per meno di 570 euro a un uomo di 37 anni, anche lui affetto da problemi psicologici.

Zubaida, che ora vive nel distretto di Anantnag in Kashmir ed è madre di un bambino di sei anni, è preoccupata per il futuro con il marito. “È vecchio. Cosa succederà quando morirà? Scapperei, se non avessi figli,” dice.

Farida, 30 anni, vive nel distretto di Pulwama, nello stato federato del Jammu e Kashmir, da oltre cinque anni. Ha detto che il suo primo marito è stato ucciso nel Rakhine insieme ad altri uomini rohingya in un attacco perpetrato dai soldati del Myanmar nel 2011, informazione che VICE non ha potuto confermare in modo indipendente. Per sfuggire a un destino simile, Farida è scappata dal Myanmar attraversando a nuoto il fiume Naf fino al Bangladesh, con il figlio piccolo legato dietro la schiena.

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Nel 2015 ha pagato un trafficante più di 1.000 euro per scappare in India. Farida ha detto che non poteva sapere che il trafficante l’avrebbe venduta a un uomo col doppio dei suoi anni per 580 euro. Ha detto che sa di almeno due donne rohingya provenienti dal campo in cui aveva trascorso diversi anni che sono state portate nel villaggio del Kashmir in cui vive.

A differenza delle altre spose, che sapevano che sarebbero state portate in India, Begum, una donna rohingya di 32 anni originaria del distretto di Maungdaw nel Rakhine, credeva che sarebbe stata portata in Bangladesh.

“Ci vuole un giorno per raggiungere il Bangladesh dal Rakhine, ma abbiamo viaggiato per 15 giorni e notti, cambiando diversi veicoli,” racconta di quanto accaduto nel 2011.

Appena ha capito che la stavano portando altrove, il gruppo è stato catturato dalla polizia. Le è stato detto che si trovava in Kashmir. La polizia l’ha mandata in un vicino campo per profughi rohingya, dove è stata accolta da una famiglia. Ma anche quel luogo era pieno di trafficanti e una donna sola come lei ha attirato subito l’attenzione. Voleva raggiungere il Bangladesh, ma un trafficante incontrato nel campo le ha detto che era impossibile. L’unica opzione era sposare un uomo del Kashmir. L’hanno venduta per più di 680 euro a un uomo di 32 anni che non riusciva a trovare una sposa.

La vita in Kashmir per le donne rohingya

È comune per le donne vittime di tratta finire in matrimoni in cui sono poi sfruttate. Sono spesso soggette a discriminazioni per il colore della loro pelle, i loro tratti somatici, la lingua e la nazionalità. Molte spose si lamentano di essere trattate come manovalanza; sono costrette a lavorare senza tregua nelle fattorie. E non hanno il permesso di interagire con nessuno, tranne i mariti e i parenti acquisiti.

Zubaida dice che il lavoro nei campi di meli dei suoceri le ha causato un mal di schiena cronico. Usa un busto correttivo dal 2018. “Sono trattata come una serva. Le mie medicine costano più di 1.000 rupie (11 euro), ma tutto ciò che mi danno i miei suoceri sono 200 rupie (2 euro),” spiega.

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Indicando il suo salwar kameez logoro, racconta che i suoi suoceri la trattano in modo diverso da come trattano le altre nuore, e abusano di lei fisicamente perché rohingya.

Durante un’intervista con VICE World News, Zubaida indossava ancora le stesse ciabatte maschili troppo grandi per lei che usava da giovane in Myanmar, prima di finire vittima di tratta.

La vita di Muskan in Kashmir, dove è sposata a un contadino e ha due figli, è altrettanto miserabile.

“Una volta mio marito mi ha picchiata in testa con un bastone e mi hanno dovuto dare molti punti. Minaccia di buttarmi fuori di casa e di tenersi i bambini. C’è sofferenza nella mia madrepatria, e questo posto non è diverso.”

Trafficked Rohingya brides in Kashmir

Rohingya al campo profughi di Kutupalong, ottobre 2020. Foto di Munir Uz Zaman / AFP

Muskan spiega che è il terzo matrimonio per suo marito—le due mogli precedenti lo hanno lasciato perché era violento. Spesso la picchia davanti ai figli e ai parenti. Durante l’intervista Muskan solleva il vestito per mostrare una lunga, profonda cicatrice sull’addome. Dice che il marito l’ha picchiata per aver consultato un medico per un’infezione che le era venuta in seguito al cesareo subito per il secondo figlio. È stato così violento che ha dovuto farsi ridare i punti.

“Certe volte, vorrei solo morire e liberarmi di tutta questa sofferenza,” dice Muskan, scoppiando in lacrime.

È andata più volte alla polizia per denunciare il marito e i parenti, ma nessuno l’ha mai aiutata. La sua unica consolazione è incontrare alcune altre spose rohingya che vivono nello stesso distretto.

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È tra le poche che, dopo molte resistenze da parte del marito, ha potuto parlare con la sua famiglia in Myanmar, in occasioni circoscritte. Ma esprime rassegnazione verso la sua situazione.

“Mi manca la mia famiglia, ma questa è casa mia ora.”

Un incubo senza fine

Oltre un milione di musulmani rohingya sono fuggiti dallo stato di Rakhine, dove hanno vissuto per centinaia di anni. L’UNHCR ha detto ha VICE World News che si stima che 866.457 rohingya vivano nei due campi profughi più grandi, Kutupalong e Balukhali, in Bangladesh. In India, ci sono solo circa 18.000 profughi rohingya, secondo le stime del novembre 2020.

Un report delle Nazioni Unite pubblicato nel 2019 sottolineava come le donne e le bambine rohingya soffrono le conseguenze peggiori delle repressioni militari—tra stupri di gruppo, torture e l’essere tenute prigioniere come “schiave sessuali” nelle basi militari.

Gli attivisti che lottano contro la tratta di esseri umani dicono che le donne rohingya sono portate in India passando dagli stati a nord-est, e dal Bengala occidentale, a est del confine.

“L’India condivide 4.097 chilometri di confini labili con il Bangladesh e non ci sono abbastanza persone a gestire quelle zone. Se vai nella città di Malda, nel Bengala occidentale, ti rendi conto che è un campo aperto senza alcun tipo di demarcazione,” spiega Tapoti Bhowmick, segretaria della ONG Sanlaap, a Kolkata.

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Kharbhih, di Impulse NGO Network dice che non ci sono dati chiari sulle donne rohingya vittime di tratta e portate in India, per colpa della generale mancanza di documentazione governativa. “La tratta di donne rohingya attraverso gli stati al confine nord-orientale dell’India, come Mizoram, Manipur, Assam, Tripura e Nagaland, continua ad accadere, senza tregua.”

Parole in codice: Mishti & Sandesh

Nonostante il rischio di finire imprigionate o nuovamente nella tratta nel tentativo di superare il confine illegalmente, molte donne rohingya in India cercano di ricongiungersi con le loro famiglie in Myanmar e Bangladesh.

VICE World News ha incontrato almeno 10 donne che sono riuscite a tornare in Bangladesh dopo essere state portate in India. Queste donne, fuggite dai mariti violenti in Kashmir, dicono di aver fatto lavori di qualsiasi tipo per risparmiare i soldi da dare ai trafficanti per farsi riportare in Bangladesh. Alcune hanno ricevuto anche aiuti dalle famiglie d’origine.

Tutte hanno detto che c’è un nesso tra i trafficanti, le agenzie di viaggio, i trasportatori, le agenzie di reclutamento e persino gli ufficiali governativi che operano in entrambi i paesi.

Le donne rohingya con cui ha parlato VICE World News in Bangladesh sostengono che le guardie di confine tra Bangladesh e India siano colluse con i trafficanti e facilitino il loro avanti e indietro.

Hanno raccontato che i trafficanti e la polizia di confine usano parole in codice come sandesh e misti (dolci nella lingua locale) quando usano i furgoni per attraversare il confine.

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“Le guardie arrivano, prendono i soldi e danno un lasciapassare al veicolo,” racconta la 20enne Halima, che è stata vittima di tratta insieme a un altro gruppo di donne nel 2018. “Questo succede all’alba, dopo le preghiere del mattino, o a notte fonda.”

Abida, una donna di 31 anni che era nel gruppo di Halima, dice di aver visto due guardie di confine in Bangladesh chiedere al suo trafficante denaro per superare il confine.

Gli attivisti anti-tratta dicono che né il governo indiano né quello del Myanmar hanno mai riconosciuto il problema. In una conferenza a dicembre 2020, le autorità di confine dei due paesi hanno deciso di istituire una ronda notturna comune nei “punti vulnerabili, per contrastare crimini come lo spaccio di sostanze e il traffico di esseri umani.”

A gennaio 2020, il governo del Bangladesh ha accettato di insegnare ai bambini e alle bambine rohingya fino ai 14 anni il programma scolastico del Myanmar, nonché abilità pratiche, nella speranza di contrastare la tratta dentro ai campi.

L’Organizzazione internazionale per le migrazioni (OIM) ha anche creato programmi di educazione per donne e bambini sul traffico degli esseri umani e iniziative di lavoro all’interno dei campi in Bangladesh. Ma ci sono problemi sistemici, come i campi sovraffollati, la mancanza di risorse umane e le deboli leggi anti-tratta, tutte cose che rallentano qualsiasi progresso.

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“Stiamo contattando i rohingya e spiegando che se qualcuno viene nel campo e offre loro un passaporto o un biglietto dell’aereo gratis, non è reale,” dice George McLeod, portavoce di OIM in Bangladesh.

Donne senza terra

VICE World News ha rintracciato il fratello di Zubaida, Alam (pseudonimo), a Nayapara, uno dei due campi profughi gestiti dal governo in Bangladesh. Alam è sembrato incerto rispetto alla possibilità di far tornare Zubaida.

“Come faccio a darle una vita migliore quando non ho di che sostentarmi?” dice. “Non c’è lavoro per la maggior parte dei rohingya che stanno al campo. Non ci è neanche permesso di uscire. Siamo stati cacciati dal Myanmar e neanche questo paese è la nostra terra.”

A prescindere, la minaccia dei trafficanti è costante nei campi in Bangladesh. Le famiglie povere con figlie femmine, le vedove e persino le madri sole catturano l’attenzione dei criminali. Alam ha paura che anche se Zubaida tornasse, sarebbe presto ingannata e portata via di nuovo.

Rohingya Women Trafficked From Myanmar to Kashmir

A dicembre 2020, il Bangladesh ha iniziato a trasferire profughi rohingya su un'isola. Foto AFP

Intanto, in Kashmir, Zubaida spera ancora di poter incontrare di nuovo i suoi genitori senza dover passare per i trafficanti. Ma se deve restare in India, vuole essere trattata con rispetto.

“Vogliamo essere accettate nella società—come mogli, non come serve,” dice Zubaida. 

Muskan ha una richiesta simile. “Per favore aiutatemi a ottenere diritti fondamentali come moglie. I miei figli hanno diritti. Sono stata ingannata e venduta, ma ora chiedo solo di vivere con dignità qui. Non voglio essere deportata, incarcerata o messa in un campo di detenzione. Ho vissuto abbastanza dolore… potete scrivere questo al governo?”

Per quanto riguarda Farida, ha già compiuto diversi tentativi di fuga dal marito violento, verso il Bangladesh. “Per favore, non ditelo a mio marito. Aiutatemi a fuggire in Bangladesh,” prega, temendo di essere scoperta a parlare con qualcuno dal marito.

Per Bugum, che vorrebbe riunirsi disperatamente con la famiglia in Myanmar, è diverso.

“Non apparterrai mai a nessun luogo che non è casa tua,” dice, stringendo al petto la figlia di quattro anni.