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Ho provato i preservativi femminili, l'esperanto del sesso

Pur essendo in commercio almeno dagli anni Novanta, se io e altre persone non ne avevamo mai fatto esperienza un motivo ci sarà.
Juta
illustrazioni di Juta
preservativo femminile femidom
Grafica di Juta.

Nonostante una martellante fobia da virus e gravidanze precoci, sono venuta a conoscenza dell’esistenza del profilattico femminile soltanto a 33 anni passati, tramite due amiche che mi hanno introdotta a questa specie di tunnel da gioco BUSA dell’Ikea dalle particolari proprietà protettive.

In poche parole, il preservativo femminile è una sacca di nitrile—un materiale più resistente e sottile del lattice dei preservativi—fissato alle estremità da due anelli e chiuso da un lato, dove si raccoglie il seme. L’anello esterno è morbido e rimane all’esterno della vagina, mentre quello interno si infila dentro e scivola dietro l’osso pubico per più di dieci centimetri.

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Pur essendo in commercio almeno dagli anni Novanta, se io e altre persone non ne avevamo mai fatto esperienza è perché il profilattico femminile non ha mai goduto di particolare fortuna. I costi superiori al canonico preservativo, la scarsa informazione—unita all'immagine trasmessa dai media, fatta di paragoni con "meduse, manichette antincendio, sacche colostomiche o l'urlo di Munch"—e la presentazione come prodotto di nicchia ne hanno limitato la diffusione al di fuori dei paesi in via di sviluppo (dove il suo uso è stato comunque affiancato per lo più a campagne su HIV e AIDS, come in Brasile).

Ma le sue promesse di strumento di empowerment e controllo da parte della donna, garantite anche dalla possibilità di indossarlo diverse ore prima del rapporto, sembravano piuttosto allettanti.

Così, dato che il mio Tinder è una giornata allo zoo e che tra le braccia di un amante mi risulta ancora difficile gestire quel momento in cui frapporre fra le nostre mucose uno strato sottile di lattice—l’impaccio, “aspetta”, quel lieve senso di inadeguatezza in cui mi chiedo se tocchi a me calzare il cappuccio e se non rischio di graffiarlo—mi sono decisa a esplorare le acque che si trovano oltre la Scilla dei condom e la Cariddi dei contraccettivi su base ormonale. Ovvero, a provare il profilattico femminile.

Entro in diverse farmacie del centro di Milano e domando a voce alta un profilattico femminile per vedere quali siano le reazioni. Nella maggior parte dei casi vengo accolta con un’espressione di scetticismo, seguita da un vago ricordo di quella volta che “qualcuno l’aveva ordinato, aspetti che vedo se è ancora in commercio.” Una veloce ricerca al computer rivela però l’agghiacciante verità: mai ordinato prima e stupore sommo. "Ma esiste davvero ed è ancora in commercio." Altre volte il problema è a monte—“ma a cosa serve?” o “ma perché?”—e a tali quesiti rispondo sollevandone di nuovi a mia volta: quali sono i vantaggi di un profilattico che richiede una certa abilità tecnica e dimestichezza nell’utilizzo e una spesa maggiore?

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Alla fine trovo tutto ciò di cui ho bisogno da Wovo—che non è una farmacia ma una boutique dedicata all'erotismo. Qui oltre a una confezione con tre Femidom (il marchio più noto e per estensione sinonimo di female condom, prezzo: 12 euro) mi forniscono un pacchetto da due di Beffy, la diga orale, una specie di tovaglia di lattice da stendere prima del cunnilingus (o l'anilingus) per prevenire possibili infezioni.

Quando apro la diga e la testo mi torna in mente la scena di un film sugli ebrei ortodossi di Gerusalemme in cui il marito prima di giacere con la moglie stende su di lei un lenzuolo con un buco per la vagina. In questo caso non c’è neanche il buco: una profilassi più ortodossa degli ortodossi. Quando provo a proporre il Beffy al devoto del cunnilingus che sto frequentando, il massimo che riesco a ottenere è che la diga venga usata come lenzuolo da prestigiatore, per poi essere gettata al momento di introdurre la lingua. A quanto pare, lui proprio non riesce a inoltrarsi insieme a me in questa frontiera della protezione genitale e farmi venire allo stesso tempo.

Il Femidom forma una barriera tra il pene e la vagina, la cervice e i genitali esterni e si può inserire anche otto ore prima del rapporto, come declama orgogliosa la confezione, quindi non ho bisogno di nessuna erezione per indossarlo: questo implica sicuramente maggior controllo e forse maggiore spontaneità sessuale. Un altro vantaggio è che l’anello esterno stimola il clitoride mentre l’anello interno stimola la punta del pene, ma purtroppo l’unica volta che sperimento il Femidom è con un tizio che non faccio in tempo a capire come si chiami che è già venuto e non ho quindi tempo di apprezzarne la delicata stimolazione.

Mi viene difficile criticare qualsiasi metodo contraccettivo, perché penso che siano tutti utili, ognuno a modo suo. I dati in ogni caso dicono che nonostante la superficie coperta dal cappotto interno sia più ampia—cosa che comporta una maggiore protezione da viscidi herpes—la percentuale di efficacia anti-concezionale è leggermente più bassa del profilattico maschile (probabilmente a causa di un uso incorretto). Oltre a questo, all’interno del rapporto il Femidom è grande e vistoso e poco erotico, fa uno specie di sgnac sgnac interno, riduce la sensazione durante l’atto e devi sempre stare un pochino attenta per assicurarti che l’anello esterno non scivoli all’interno delle pareti vaginali.

Eppure, proprio grazie al nitrile—che permette un minore attrito, oltre a essere più piacevole al tatto e più resistente del lattice—il preservativo femminile ha trovato numerosi devoti presso la comunità gay. Negli Stati Uniti la stessa Veru Healthcare, produttrice del preservativo femminile FC2, ha riconosciuto che una buona fetta del suo mercato è costituita da uomini gay che lo preferiscono al tradizionale preservativo (nonostante per ora la FDA ne abbia dato approvazione solo per il sesso vaginale).

In sostanza, la mia sensazione è che il condom femminile sia l’equivalente contraccettivo dell’esperanto: in teoria è davvero una bella idea, faciliterebbe le cose, ma la verità è che è silenziosamente presente fra noi da decenni, pochi sanno davvero della sua esistenza, pochissime donne lo usano e ancora meno sanno apprezzarlo. Sul sito della Lila comunque, oltre a leggere che ne distribuiscono campioncini gratuiti, ho scoperto che lo vendono al PAM. Ma devo ancora verificare la disponibilità.