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Musica

"About a Son": uno sguardo sul vero Kurt Cobain

Questo documentario distrugge il mito del cantante dei Nirvana tramite la sua stessa voce.
Emma Garland
London, GB
about a son

Se vuoi un ritratto intimo e commovente di Kurt Cobain e non hai ancora guardato About A Son hai fatto una cazzata, perché si tratta probabilmente del miglior documentario mai fatto su di lui—e non usa nemmeno la sua faccia, né la trascina in un insulso viaggio all'indietro nella polvere degli archivi casalinghi.

Kurt Cobain: About A Son è uscito nel 2006, è stato diretto da A.J. Schnack e si basa su più di 25 ore di interviste mai sentite prima registrate dal giornalista Michael Azerrad per il suo libro del 1993 Come As You Are: The Story of Nirvana (in italiano Vieni Come Sei). Il documentario è narrato completamente con la voce di Kurt Cobain—niente spezzoni audio di celebrità, telegiornali o sparate sensazionalistiche—e si appoggia su animazioni e filmati di tre città dello stato di Washington che hanno recitato una parte importante nella sua vita: Aberdeen (dove è nato), Olympia (dove ha passato l'adolescenza) e Seattle (dove è morto). La colonna sonora originale è dei concittadini Steve Fisk e Ben Gibbard, frontman dei Death Cab for Cutie, oltre a includere pezzi di Big Black, Vaselines, Butthole Surfers e altri artisti che influenzarono Cobain durante la sua vita.

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About A Son è un documentario su Kurt Cobain come non se lo aspettava nessuno, e non segue nemmeno la tradizionale forma del "rockumentary". Anzi, il suo approccio è talmente atipico che i creatori non hanno affatto usato la parola documentario, preferendo chiamarlo un "film non-fiction". Invece di mettere insieme testimonianze di persone a lui vicine e materiale inedito, About A Son dà l'opportunità di ascoltare la voce di Kurt Cobain raccontare la propria storia.

Ritornando per un momento ad Azerrad, vale la pena di attirare l'attenzione sul suo libro Our Band Could Be Your Life: Scenes from the American Indie Underground, 1981-1991 (in Italia American Indie): un importante ripasso del panorama musicale di cui i Nirvana fecero parte, che racconta le storie di svariati gruppi rock underground degli anni Ottanta e Novanta—tipo Minutemen, Fugazi e Beat Happening—che ebbero poco o nessun successo mainstream ma che furono estremamente influenti sulla cultura alternativa e indipendente americana. Nella New York Times Book Review, il critico Eric Weisbard scrive: "Azerrad è capace di tirar fuori le battaglie dei musicisti—e questo umile movimento ne fu pieno". Ne sto parlando perché, di tutte le band di quel periodo, la battaglia dei Nirvana e di Kurt Cobain (anche se non viene analizzata nel libro) è probabilmente la più conosciuta e la meno compresa. Azerrad è una delle poche persone di cui ci si può fidare sull'argomento. "Mi piace parlare con te", dice Cobain prima del quarto minuto di film, "ma non credo sarò mai più così aperto sulla mia vita privata nelle prossime interviste, perché a dir la verità, la gente si deve fare i cazzi propri".

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Per capire il motivo della diversità di About A Son, bisogna premettere che si potrebbe riempire uno scaffale di documentari di merda su Kurt Cobain. C'è Kurt & Courtney del 1998—pornografia cospirazionista che investiga le circostanze della morte di Cobain puntando il dito su Courtney Love; l'ancora inedito Soaked In Bleach che per qualche motivo ci tiene tantissimo a riprendere il discorso di Kurt & Courtney; Kurt Cobain: The Last 48 Hours che non ha bisogno di presentazione e che è allo stesso livello di concretezza di Last Days di Gus Van Sant ("racconto romanzato degli ultimi giorni di un musicista, liberamente ispirato a Kurt Cobain"). E poi c'è l'ultimo generatore di titoli da clickbait Cobain: Montage of Heck, che è l'unico lavoro ufficiale, ma che presenta un punto di vista per cui l'inclusione di filmati di vita privata casalinga (che Courtney Love ha fornito al regista Brett Morgen) risulta voyeuristica, imbarazzante e in definitiva vuota di significato—perché manca il permesso o perlomeno la presenza del soggetto stesso. About A Son evita tutto ciò perché parte da interviste intime condotte con lo scopo di stilare una biografia. Invece di trattare Kurt Cobain come una domanda a cui rispondere retrospettivamente, lo presenta semplicemente com'era.

"Non volevamo chiamarlo documentario", ha dichiarato Azerrad in un'intervista su MTV. "Lo chiamavamo film non-fiction, perché non doveva tracciare una narrativa giornalistica. Divenne più che altro una visita amicale con una persona che un sacco di gente pensava di capire ma probabilmente non ha capito. Lo si sente parlare in queste conversazioni molto intime, e si respira un clima che credo nessun altro abbia mai respirato con Kurt".

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Azerrad intervistò Kurt Cobain per una cover story su Rolling Stone nell'aprile del 1992; i due legarono subito per il fatto che entrambi alle superiori si sentivano esclusi dai ragazzi più fichi della scuola e divennero amici. Nel tardo '92, Azerrad lanciò l'idea di scrivere un libro sui Nirvana. Cobain fu entusiasta e invitò Azerrad a casa sua a Seattle per alcune interviste, che finirono per diventare la base di Come As You Are e di About A Son. "Fu estremamente gentile", Azerrad ha dichiarato a MTV: "Mi fece entrare e accomodare. E poi mi offrì dell'uva".

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Le interviste furono condotte tra dicembre 1992 e marzo 1993 e la maggior parte avvenne tra mezzanotte e l'alba. Nel corso del film, ogni tanto, si sente la figlia Frances Bean piangere o Courtney Love interrompere la conversazione con una domanda.

"Si tratta essenzialmente di un uomo nella sua cucina che parla a una persona fidata nelle prime ore del mattino", ricorda Azerrad. "La TV era sempre accesa. Era un grande fan di Superauto Mach 5. Amava la scimmia Sanpei. Stava seduto in cucina indossando jeans strappati e la maglia del pigiama".

Dalla descrizione della sua "infanzia felice" e dell'ambizione naïf che veniva dall'essere completamente ignari del proprio ambiente sociopolitico, alle riflessioni sulla tecnologia che prende il sopravvento sulla fantasia ("Ho sempre pensato che la mia fosse l'ultima generazione innocente"), a come le mosche fossero sempre attratte da lui alla mattina e lo bombardassero mentre era a letto, About A Son non ti fa sentire come se conoscessi meglio Kurt Cobain—e non finge neanche di essere quel tipo di film. Al contrario, ti costringe a mettere in dubbio quello che credevi di sapere e ti fa sentire piuttosto stupido anche solo per aver pensato di poter sapere di più. Rivela molto, ma non in modo esagerato o intenzionale. Uno dei momenti migliori è un aneddoto che Kurt racconta all'inizio, di come gli piaceva pensare di essere un alieno, adottato da sua madre che lo avrebbe trovato dopo che era stato scaricato da un'astronave ("Era davvero divertente fare finta che ci fosse un motivo speciale per cui mi trovo qui e ho sempre una grandissima nostalgia—è così per tutti gli alieni, e incontrerò al massimo una manciata di altri alieni nel resto della mia vita, ma alla fine un giorno capiremo cosa siamo qui a fare").

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"All'uscita del cinema, vi servirà un minuto per riprendervi", ha detto Azerrad a MTV prima dell'uscita di About A Son: "[Kurt] è brutalmente onesto in un certo senso, e il risultato è la distruzione dei dodici anni di mitizzazione, esagerazione fumettistica e speculazioni sulla sua vita. Vi farà sentire semplicemente nudi."

Gli ultimi dieci minuti del film sono dedicati a domande come: se i Nirvana arriveranno al decennio successivo ("Sarei felice di poter semplicemente suonare con altra gente e creare qualcosa di nuovo. Sarei più contento di fare questo che di restare nei Nirvana"), il futuro della musica rock in generale ("Si è già trasformata in nulla più che una moda e un'identità usa e getta che i ragazzini usano per scopare e avere una vita sociale"), morte, droga, divorzio e "La tua è una storia triste?" ("No, non proprio. Non è niente di pazzesco o nuovo, quello di sicuro"). L'ultima cosa che si sente sono i due che si salutano, e l'inizio e la fine del film sono marchiati da immagini di un'alba e di un tramonto—incorniciando il tutto con la luce del crepuscolo, nella quale si sono svolte queste conversazioni, e nella quale rimarranno.

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