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Comics!

Sette cosplayer spiegano com’è fare cosplay in Italia

Quanto si può guadagnare facendo cosplay in Italia? Cosa pensa la gente? Quanto ci vuole a creare i costumi?
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
Giorgia e Milena. Tutte le foto per gentile concessione degli intervistati.

Non so se siete mai stati a un evento dedicato a fumetti e videogiochi, ma dal canto mio in questi contesti posso dire di aver visto spesso molte Sailor Moon e personaggi di Tekken, ma sempre troppe poche Nana Komatsu e Osaki (consideratelo una sorta di appello).

Tutti loro rispondono comunque al nome di cosplayer, che in Italia hanno una media di 25 anni e sono per lo più di sesso femminile. Per realizzare il proprio costume un cosplayer spende in media un po' più di 100 euro, ma può arrivare a sborsare oltre le 600 euro. Nel complesso, invece, il giro d'affari legato all'intero fenomeno nel nostro Paese sfiora quasi 150 milioni di euro l'anno.

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Nel giorno di apertura del Lucca Comics, il principale appuntamento italiano dedicato a fumetti e videogiochi, ho contattato—anche tramite l'aiuto della NOKU—alcuni tra i più famosi e/o caratteristici cosplayer italiani. Mi hanno raccontato della loro esperienza, del loro rapporto coi fan e di come è cambiato negli ultimi anni il panorama. Non tutti mi hanno voluto rivelare l'età anagrafica, ma non mi è sembrato il caso di inserirli nel mio Death Note personale per così poco.

Foto di Matteo Arienti e Pugoffka.

NADIASK, NADIA

VICE: Ciao Nadia. Tu nella vita sei stylist e costume designer. Quanto tempo impieghi per realizzare un costume per un cosplay?
Nadia: Realizzo sempre da sola i miei costumi e aiuto spesso altri cosplayer a realizzare i loro. A volte posso impiegare mesi nella ricerca dei materiali e nella realizzazione, altre volte è solo questione di giorni. Solitamente creo prima un bozzetto a mano che mi aiuta a scomporre il costume in diversi parti, poi passo alla ricerca delle stoffe e quindi alla realizzazione.

Fare cosplay può essere un lavoro? Si guadagna bene? Si spende anche tanto?
Certo che può essere un lavoro. Nonostante non trascuri mai la mia principale attività, io stessa collaboro molto spesso con software house o case editrici che mi richiedono di indossare e realizzare i personaggi delle loro serie. Per esempio solo quest'anno ho collaborato con la Sony per interpretare Aloy da Horizon Zero Dawn, la Ubisoft con Aya da Assassin's Creed Origins e la Blizzard con Jaina da Hearthstone.

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Inoltre vengo invitata molto spesso all'estero come ospite o per conferenze: grazie al cosplay ho girato letteralmente il mondo, dal Giappone agli USA, al Sud America. Si viene considerati anche degli influencer e chiamati per sponsorizzare determinati prodotti legati al mondo "nerd e geek".

Quando si arriva ad avere una certa fama e i fan iniziano a chiedere foto autografate, puoi permetterti di aprire uno store online dedicato. Nel mio caso i proventi delle vendite, li utilizzo soprattutto per creare sempre nuovi costumi perché, sì, diciamocelo, il cosplay può diventare un hobby molto costoso (un po' come tutti gli hobby alla fine).

Su internet, però, girano anche molti video erotici in costume. Penso per esempio a quelli recenti di GOT o Rick and Morty. Rovinano la scena ufficiale, secondo te?
Credo che stia nell'intelligenza dell'osservatore capire che le due cose non sono per forza legate o interscambiabili. Ultimamente c'è la moda di sessualizzare il cosplay, ma ricordiamoci che in Giappone (dove ufficialmente è nato) è sempre stata cosa comune avere videotape porno in costume. Questo però è ben lontano e si differenzia dal cosplay nell'ambito fieristico.

LEON CHIRO, PROFESSIONAL COSPLAYER

VICE: Da quanti anni fai cosplay?
Leon: Tutto è cominciato nel 2011 quando—dopo aver fatto uno shooting vestendo i panni del mio videogame preferito per gioco—un amico mi ha parlato del mondo del cosplay. All'epoca facevo il modello. Attualmente sono arrivato a indossare all'incirca 60 cosplay.

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Il mio primo è stato Tidus da Final Fantasy X, l'ultimo invece McCree da Overwatch, e tra i miei preferiti si contendono il primo posto Gladiolus, Dante e Terra. Ho partecipato a diversi contest, e ora vengo molto richiesto come ospite in diverse fiere internazionali—ho girato in questo modo 40 diversi paesi, per un totale di 90 eventi circa.

Mi hai detto che però—e me lo hanno confermato anche altri—i premi delle gare non sono abbastanza sostanziosi. Quindi, dato che te hai fatto del cosplay un lavoro, come si guadagna in questo settore? Aiuta avere un forte seguito sui social?
Posso confermarti che sono sempre più numerosi i casi di cosplayer che puntano tutto sui social utilizzando app/bot per aumentare i propri follower, con la speranza di trasformare il proprio hobby in un lavoro. Assicuro che il reale guadagno, però, avviene aldilà di questi castelli di sabbia fondati su un finto seguito: il vero business sta nella capacità di influenzare una "massa" di persone reali che potenzialmente possono riempire un evento, essere interessate all'acquisto di diversi prodotti e simili.

Quanto tempo ci vuole per realizzare un costume?
Dipende dalla complessità del costume e dal suo utilizzo. Se un cosplay viene richiesto da una casa di produzione per sponsorizzare un videogame specifico, la cura nei dettagli deve essere davvero molto alta e il margine di errore molto basso. In questo momento della mia vita sono molto soddisfatto di avere un team che mi segue nella realizzazione dei miei cosplay—che sono per la maggior parte richiesti per lavoro.

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GIORGIACOSPLAY, GIORGIA, "22 ANNI…DA MOLTI ANNI"

VICE: Tra tutti i cosplay che hai indossato quali sono quelli che ricordi con più piacere?
Giorgia: È un po' come scegliere tra i propri figli, ma devo dire di avere un debole per Alcyone da Magic Knight Rayearth—che mi ha permesso di essere selezionata come rappresentante italiana al World Cosplay Summit—e sicuramente Sailor Pluto, considerato un po' il mio cavallo di battaglia.

Com'è secondo te il panorama italiano del cosplay rispetto all'estero?
Non è molto facile rispondere a questa domanda perché una volta il fenomeno era ristretto e ci si conosceva praticamente tutti, invece negli ultimi anni il numero di cosplayer aumentato vertiginosamente e la community si è frammentata in varie pagine Facebook. Men che meno è semplice fare confronti con realtà lontane come quelle estere, di cui possiamo avere solo delle superficiali impressioni.

In generale, se vogliamo limitarci ai grossi nomi, mi sembra che all'estero non sia sfuggito il fatto che il cosplay possa essere una forma di investimento e guadagno, mentre in Italia si faccia più fatica a scrollarsi di dosso l'immagine di quattro eterni Peter Pan che si mettono addosso un costume e che puoi prendere in giro in TV o sfruttare per qualche presentazione con un tozzo di pane.

Che cosa pensano i tuoi amici/familiari che sono fuori da questo mondo della tua passione?
I miei genitori si sono ben presto arresi all'idea, e da tempo mi aiutano nella realizzazione dei costumi—mia madre è una bravissima sarta e mio padre un bravo artigiano, per cui riesco a coprire un po' tutte le skill necessarie alla realizzazione. Per tutti gli altri, io sono sempre stata quella che disegnava cartoni animati dappertutto, quindi credo che, dopo un attimo di incredulità, si siano abituati inevitabilmente all'idea.

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YURIKO TIGER, ELEONORA, 24 ANNI

VICE: Mi dicevi che fai cosplay da dieci anni e da oltre tre ti sei trasferita in Giappone, dove sei diventata piuttosto famosa. Ci sono differenza tra il panorama nipponico e quello italiano?
Eleonora: Assolutamente, parliamo di due cose totalmente differenti. Nel mondo del cosplay giapponese, oltre al fatto che va tanto il soft-porn, girano parecchi soldi, i cosplayer si limitano a sfilare (e non a interpretare il personaggio), e c'è la possibilità di diventare un "Idol" del mondo dello spettacolo—si tratta di un vero e proprio business. In Italia, invece, si fa più per divertimento e per incontrare i propri amici.

Quindi mi stai dicendo che non c'è competizione in Italia mentre in Giappone sì?
Tutt'altro. Nonostante il panorama italiano sia "più tranquillo" e i cosplayer stringano spesso amicizia, c'è anche un sacco di competizione inutile secondo me. Detto sinceramente non mi sono mai trovata particolarmente bene in Italia, perché iniziano sempre a circolare brutte voci su chi è riuscito a farsi strada. Qui in Giappone invece, anche per ragioni culturali, la community è molto più chiusa.

Che commenti ricevi dai fan e nelle tue pagine social?
Dai fan italiani ricevo molti commenti affettuosi e anche un sacco di richieste da chi vuole iniziare a destreggiarsi nel mondo del cosplay. A contattarmi per la maggior parte sono ragazze, anche se a dirla tutta qualche fan invadente e ossessivo non manca mai.

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Dai fan giapponesi invece sono trattata con più rispetto, ma penso dipenda anche molto da questioni culturali e soprattutto professionali. In Giappone sono seguita da un'agenzia e ho sempre un manager dietro, e nessuno si permetterebbe mai di toccarmi o di dirmi qualcosa di "troppo". Ovviamente qui i fan sono per la maggior parte uomini—probabimente sempre per la questione "Idol".

Foto di Gabriele Chiarenza.

LELE DRAW, GABRIELE, 25 ANNI

VICE: Com'è nata questa passione?
Gabriele: Saranno passati circa sei anni. Con un'amica per carnevale ci siamo vestiti da Rapunzel e Flynn Rider, e un fotografo per strada ci ha consigliato di fare cosplay. Da allora avrò indossato 12 cosplay, tutti incentrati sui film Disney. Il mio preferito è Aladdin—con cui mi sono classificato al secondo posto all'ultimo Comi Con di Londra—soprattutto perché al personaggio mi lega un profondo legame affettivo.

Perché fai tutto questo?
Devi considerare che fare cosplay non è soltanto un hobby, ma un vero e proprio sport se partecipi alle gare. Spendi tempo e soldi, realizzi il costume, prepari la performance, ti esibisci. Diciamo che se da un lato abbiamo un po' tutti una sindrome di Peter Pan spiccata in questo mondo, dall'altro trovi anche molta dedizione e professionalità. È una questione molto più complessa, rispetto a come potrebbe essere percepita dall'esterno.

A proposito, cosa si fa durante una performance di una gara?
In pratica, una volta salito sul palco, hai la possibilità in qualche minuto di portare in scena il cosplay. Prepari una sorta di scenetta tratta dal film/manga/videogioco—quindi audio, scenografia, eventuale video da proiettare. In questo modo la giuria non conterà solo il cosplay, ma la performance nel complesso. Di solito in palio c'è un premio in denaro (che però non potrà mai ripagare i costi dei cosplay), oppure un viaggio per partecipare a un contest di una fiera estera. Anche quando sei in giuria—e mi è capitato—ti pagano il viaggio e basta. Diciamo che ci guadagni più in soddisfazione—e va benissimo se lo fai solo come hobby.

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Foto di Reflx Studio,

MILENA VIGO, MILENA

VICE: Nel mio piccolo posso dire di conoscerti perché sei la voce ufficiale di Resident Evil, ma mi potresti un po' raccontare in breve il tuo percorso?
Milena: Diciamo che è iniziato tutto nel 2007 quando, lavorando come standista presso le fiere del fumetto, ho conosciuto dei cosplayer dell'A.Na.Co (Associazione Nazionale Cosplay). I miei nuovi amici mi chiedevano spesso di fare cosplay con loro, così alla fine ho desistito, e in segreto e con un po' di aiuto ho preparato il mio primo costume per il Cartoomics 2008: Eva del terzo capitolo del videogioco Metal Gear Solid.

Pensavo che quel costume sarebbe stato il mio ultimo, ma è diventato l'inizio del lavoro che tutt'ora svolgo. Ho avuto il piacere di collaborare con le case dei videogiochi che ho sempre amato, e recitare al fianco di alcuni dei miei miti. Ho partecipato negli anni anche a diversi contest, e il premio più importante l'ho vinto qualche anno fa, al Florida Supercon di Miami.

Da quando hai iniziato, secondo te è cambiato il mondo del cosplay in Italia?
Credo che da quando quest'hobby è stato "portato" in Italia da cosplayer del calibro di Giorgia, Roberto, Pamela ed altri, sia cresciuto davvero tantissimo. Da molti anni ormai, infatti, l'Italia è un paese che può vantare moltissimi cosplayer di alto livello, e altrettante fiere di fama internazionale come il Lucca Comics.

Come tutti i fenomeni che si espandono, però, anche il cosplay sta diventando un fenomeno davvero molto commerciale. Purtroppo non viene quasi più inteso come un hobby completo, ma considerato alla stregua del modeling: la maggior parte delle persone preferisce acquistare o commissionare il proprio cosplay ed esibirsi semplicemente con esso sfilando sul palco.

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Ci sono degli standard che non permettono ai cosplayer di poter interpretare alcuni personaggi?
Se rimaniamo nell'ambito dell'hobbystica non esistono personaggi che non si possano interpretare, sta a noi la scelta, e non esistono limiti di età, peso, fisicità, razza e quant'altro; mentre se parliamo di lavoro, qui invece la somiglianza conta moltissimo, e di certo non potrò mai essere la figurante ufficiale di Ryu di Street Fighter!

Seconda foto di Alessio Buzi.

DAVIDE RAVERA, DAVIDE, 34 ANNI

VICE: Ciao Davide, mi hai detto che hai iniziato a fare cosplay nel 2013 e da allora non hai più smesso. Quanti cosplay hai indossato fino ad ora?
Davide: Dovrei essere a circa 15 personaggi interpretati. Ma per me il numero non conta. Come dico sempre, meglio pochi ma buoni. Non capisco chi si affanna a fare 1000 costumi all'anno—che poi magari risultano raffazzonati e senza un minimo di cura.

In ogni caso, il primo personaggio che ho interpretato è Light Yagami da Death Note, l'ultimo Newt Scamander da Animali fantastici e dove trovarli, ma il mio preferito—considerando vari aspetti, soprattutto affettivi—è sicuramente quello di Vegeta da Dragon Ball.

La tua attività principale è un'altra, ma sei mai riuscito a guadagnare facendo cosplay?
Sì, mi è capitato più volte, ma rimane una cosa saltuaria. Però sono a stretto contatto con persone che hanno trasformato questa passione nella loro principale fonte di sostentamento—e ti posso assicurare che guadagnano sicuramente più di uno che critica queste cose e sta otto ore chiuso in una fabbrica. Senza nulla togliere al loro lavoro, visto che lo faccio anche io, ma almeno ho la fortuna di non pensare che se una persona si veste da cartone animato allora non può farne una professione.

Per questo nel 2013 ho aperto un canale YouTube dove cerco di sensibilizzare le persone avulse dal nostro ambiente.

A tal proposito, secondo te una persona che si imbatte in video erotici in costume può confonderli con la scena ufficiale?
È molto probabile che una persona che non conosce il mondo del cosplay, venendo a contatto con qualcosa del genere, possa confondersi. Ma come in tutte le cose, resto comunque dell'idea che una persona davvero curiosa e intelligente non si fermi alle prime impressioni e si informi sulle dovute differenze.

Le interviste sono state editate e condensate per maggior chiarezza.

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