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Cosa succederà ora, secondo lo scienziato che aveva predetto il caos del 2020

Nel 2012 Peter Turchin ci aveva detto che il 2020 sarebbe stato un anno di rottura. Gli abbiamo chiesto cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo futuro.
Jamie Clifton
London, GB
proteste a beirut
Un uomo durante le proteste a Beirut. Foto: ZUMA Press, Inc. / Alamy Stock Photo.

Nel 2012, VICE ha pubblicato un articolo intitolato "Se il 2012 vi spaventa, aspettate di vedere il 2020." Quel titolo è stato a dir poco profetico: per quanto il 2012 sia stato segnato da vari sconvolgimenti (incluse le paranoie per una presunta apocalisse), non era niente confronto a ciò che stiamo vivendo in questo momento.

Nel 2020, il clima è sul letto di morte. Una pandemia globale ha ucciso quasi mezzo milione di persone e mandato in tilt un’economia dopo l’altra. Il mondo sta finalmente facendo i conti con secoli di razzismo, ingiustizie e discriminazioni, ma alle proteste nelle strade rispondono una polizia violenta e l’alt-right, con un presidente degli Stati Uniti che alimenta intenzionalmente le divisioni per ingraziarsi la sua base elettorale.

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Quel titolo del 2012 era relativo a un’intervista con lo scienziato Peter Turchin, il cui campo di studi, la “cliodinamica,” analizza “processi che variano nel tempo e cerca meccanismi causali” nella storia degli Stati Uniti, per essenzialmente predire il futuro. Qui trovate l’analisi del suo team degli ultimi dieci anni, se volete saperne di più. Io di recente l’ho contattato via email per chiedergli cosa ci aspetta nel prossimo futuro.

VICE: Quando abbiamo parlato nel 2012, mi hai spiegato che il 2020 avrebbe visto il prossimo sconvolgimento dello status quo negli Stati Uniti. Hai avuto le tue conferme? O eri già certo di come sarebbe andata?
Peter Turchin: È la teoria che ha generato questa predizione che ha avuto le sue conferme, non io personalmente. Ovviamente, nessuno poteva essere certo di cosa sarebbe successo—il futuro non può essere predetto in senso assoluto.

Giusto. C’è stato un momento però negli ultimi anni in cui hai iniziato a notare determinati segnali e avresti potuto dirne già le cause?
È una faccenda cumulativa. I processi strutturali che portano all’instabilità—come standard di vita che peggiorano, competizioni e conflitti intra-élite che aumentano—marciano nella direzione sbagliata dagli anni Ottanta, perciò nel 2010 io e i miei colleghi eravamo in grado di analizzare già 30 anni di questi fenomeni.

Inoltre, non c’era alcun segnale che la classe politica fosse pronta a prendere le misure necessarie per invertirli. Né intendono farlo ora. Ancora, c’era già un’ondata crescente di terrorismo suicida, cioè le stragi di massa. L’aspettativa di vita di grosse porzioni della popolazione americana si è ridotta in termini assoluti—onestamente, non mi aspettavo che le cose sarebbero peggiorate così. L’elezione di Donald Trump è un ottimo esempio di un imprenditore politico che canalizza il malcontento delle masse—ci sono molti esempi storici passati di questo fenomeno a cui guardare oggi. Perciò, come ho detto, è una faccenda cumulativa.

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Hai anche detto che le rivoluzioni iniziano quando “i membri dell’élite cercano di ribaltare l’ordine politico per meglio adattarlo ai loro bisogni.” Puoi spiegarci meglio cosa significa, anche rispetto a ciò che sappiamo oggi?
Come ho detto, Donald Trump è un ottimo esempio di un conflitto intra-élite. Se vogliamo analizzare il suo caso secondo la nostra teoria, ha iniziato come un aspirante membro dell’élite frustrato, che ha cercato di tradurre la sua ricchezza in potere politico. E poi ci è definitivamente riuscito cavalcando un’onda di malcontento popolare nei confronti dell’élite in carica, nel 2016. Questo ha portato a una polarizzazione ancora più estrema e a un conflitto all’interno all’élite ancora più profondo.

Infine, la tua teoria dice che questi periodi si sviluppano in cicli di 50 anni, ma è in grado anche di predire quando questo periodo specifico di sconvolgimenti giungerà a termine?
In realtà non è proprio come dici tu—la dinamica fondamentale si esprime in cicli molto lunghi. Nella storia americana per esempio abbiamo due cicli ampi. Prima c’è stata un’ondata di prosperità e di unità che ha raggiunto il suo apice nel 1820. Da lì, sono comparsi rapidamente gli indicatori di crisi che hanno portato alla Guerra Civile. Gli indicatori sono poi diminuiti leggermente, ma sono rimasti alti fino al 1920—l’era della ricostruzione, di Jim Crow, della Gilded Age e delle violente rivolte operaie e degli anarchici. Questa è stata la prima Età della Discordia.

Poi la corrente è cambiata; in conseguenza alle riforme introdotte durante l’Era Progressista e assicurate nel New Deal, i salari sono aumentati e l’unità politica si è rafforzata. Gli anni Cinquanta sono stati un’età dell’oro per i lavoratori e per la cooperazione tra i partiti. Le cose sono iniziate a stravolgersi di nuovo tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, e nei due decenni successivi gli indicatori di crisi sono emersi chiari come nel periodo precedente alla Guerra Civile. I salari medi sono crollati rispetto al PIL pro capite, e la polarizzazione tra i partiti ha raggiunto nuovi estremi. Dunque ora ci troviamo nella seconda Età della Discordia.

Il ciclo dei 50 anni si sovrappone a questa dinamica più ampia. Poiché le due dinamiche coincidono intorno all’anno 2020, è questo il momento in cui la nostra società è più vulnerabile all’emergere di episodi di violenza politica.

Per rispondere alla tua domanda: periodi turbolenti come questi continuano finché i processi strutturali che li creano non vengono invertiti. Finora, la storia ci ha insegnato che ci vogliono cinque, dieci o 15 anni perché ciò avvenga. Dunque, mi aspetto che la situazione di instabilità in cui siamo continui oltre il 2020.

@jamie_clifton