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Utilissimi trucchi da sapere prima, durante e dopo un colloquio di lavoro

Dovrei mettere privati i miei social? Se mi chiedono "ha intenzione di avere figli?" Quanto tempo dopo posso chiedere aggiornamenti sul colloquio?
Claudia Floresta
Catania, IT
colloquio-lavoro
Foto via Gender Spectrum Collection.

“È un po’ come negli incontri romantici: se ci si rende conto di aver instaurato una buona intesa con chi abbiamo di fronte allora è un buon segno,” mi spiega Fabiana Andreani, esperta di orientamento alla carriera e autrice di Lavorare alla grande, quando le chiedo come capire se un colloquio di lavoro è andato bene. È una similitudine un po’ azzardata, ma che trovo verosimile.

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Per dire: in un sondaggio condotto da Harris Poll per conto di CareerBuilder si afferma che agli addetti alla selezione bastino appena cinque minuti per capire se la persona che hanno davanti potrebbe essere adatta al profilo che cercano.

Che è un po’ quello che mi succede quando ho un primo appuntamento, ma con una grande differenza. Al recruiter risponderei col sorriso anche se mi chiedesse, “Se fossi un colore, quale saresti?” Perché, voglio dire, ne dipende il mio sostentamento.

Quindi, come prepararsi per un colloquio? Dopo aver raccolto un po’ di suggerimenti per creare un curriculum d’impatto, ecco qui di seguito una conversazione utile per lo step successivo.

VICE: Ciao Fabiana, partiamo da qui: è meglio mettere privati i profili social prima di un colloquio? O levare il privato se lo hai da sempre?
Fabiana Andreani:
Diciamo che non tutti i recruiter guardano i profili, ma può capitare che succeda, soprattutto per alcune posizioni—marketing e comunicazione, ad esempio. In questi casi, la gestione dei propri social è anche un modo per valutare la capacità di usare alcuni degli strumenti indispensabili per la posizione.

In generale, consiglio di googlare il proprio nome e cognome—importante anche la ricerca per immagini—e fare un controllo, soprattutto per quei contenuti che vogliamo restino privati o che non ci rappresentano più. Tutto il resto possiamo decidere di curarlo e usarlo come nostro punto di forza.

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Mettiamo il caso che sto per ricevere una chiamata o una mail per un colloquio. Quando rispondo, devo chiedere delle informazioni in particolare?
Sicuramente chi incontreremo e che tipo di colloquio sarà. Ci aiuta a capire su cosa dobbiamo essere preparati: un recruiter si occuperà del colloquio dal punto di vista conoscitivo, un manager andrà più sul tecnico.

Cambia anche se ci presentiamo a un colloquio dopo un’autocandidatura o se rispondiamo a un annuncio. Nel primo caso non sappiamo nello specifico quali siano le competenze che cercano, quindi è consigliato raccogliere più informazioni possibili sull’azienda (sito web, pagine social, prodotti e servizi, competitor). Nel secondo, dobbiamo anche essere pronti al fatto che il colloquio sarà molto più incentrato sulla posizione, e quindi su competenze, attitudini e background richiesti.

Ultimo suggerimento: torna utile geolocalizzare su Instagram la sede dell’azienda, soprattutto se molto grande. Scorrendo le foto, possiamo capire molto.   

E se ho tatuaggi o capelli colorati?
Negli ultimi anni da questo punto di vista c’è molta più apertura, ma purtroppo dipende molto dalla posizione e dall’azienda. Se è un’azienda molto formale e si deve lavorare a contatto con il pubblico il look e il vestiario avranno il loro peso. Viceversa ci sono posizioni e aziende in cui il look non viene preso in considerazione o può essere un punto a nostro vantaggio.  

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In generale: se il tuo stile rispecchia i valori dell’azienda fanne un punto di forza, se è qualcosa che può penalizzarti meglio coprire un po’ o smorzare. Quindi il consiglio che posso dare è di mantenere un “profilo basso” quando ci si presenta al primo colloquio.

Entriamo nel vivo del colloquio. Si sente dire che bisogna essere “brillanti” coi recruiter per essere assunti. Ma cosa significa? Cosa viene prima: la personalità o le competenze?
Spesso si dice che non è importante essere bravi in generale ma apparire come tali ai colloqui. Credo che la verità stia nel mezzo. Il colloquio è una relazione, e come tale ha una sua importanza essere in grado di esprimere in modo efficace il proprio potenziale, altrimenti non riusciremo ad essere valutati in modo corretto.

Non dobbiamo sforzarci di essere chi non siamo, né apparire come dei leader super carismatici se non fa parte di noi. Nelle prove di gruppo, per esempio, si può provare a fare dei recap, assumere il ruolo di moderatore, esprimere la propria opinione aggiungendo qualcosa a quello che hanno già detto gli altri. Sono tutti aspetti altrettanto apprezzabili che, in qualche modo, dovremo far emergere per dare la possibilità ai recruiter di valutarci.

Quindi, qual è il modo più corretto per rispondere a una domanda durante un colloquio? L’ironia è una buona tecnica? 
Non è sbagliato avere un atteggiamento ironico nella vita, ma in sede di colloquio è importante sfruttare ogni domanda che ci viene posta a nostro vantaggio. Anche una domanda banale, “Come ti descriverebbero i tuoi amici?,’’ può aiutare molto a far capire le nostre potenzialità e soft skill se troviamo il modo corretto di sfruttarla. La battuta secca, invece, non dà nessuno spunto in più e sprecheremmo un’ottima opportunità per farci notare. 

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Inoltre ricordiamoci sempre che la nostra reputazione è importante. Le aziende si fondono e i recruiter possono passare da un’azienda a un'altra, quindi anche se ci ritroviamo ad un colloquio per una posizione che non ci piace, cerchiamo di lasciare un bel ricordo di noi. Potrebbe tornarci utile in futuro. 

In sede di colloquio però può anche capitare che vengano rivolte domande non strettamente inerenti alla posizione, per esempio “in quale animale ti identifichi.” A cosa servono?
Ultimamente vanno molto di moda perché tante domande come, “Quali sono i suoi pregi/difetti?’’ sono diventate molto mainstream e i candidati spesso le preparano.

Quello che si cerca di fare con queste domande è valutare come il candidato riesca ad articolare una riposta sincera in una situazione di imprevisto. Per mia esperienza il modo migliore di rispondere è associarci a immagini che abbiano connotazioni positive e che siano semplici da spiegare, in modo tale da non apparire come persone con scarse capacità comunicative.   

Posso dire cose come, ''Per me una work-life balance è fondamentale”? O può apparire ''respingente''?
Esistono aziende che hanno tra i loro valori la flessibilità e la disconnessione. In questi casi, sottolineare che si tratta di un valore condiviso è un punto a nostro favore.

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Quando invece ci rapportiamo ad aziende che fanno leva su altri aspetti converrebbe evitare, e questo non perché si debba venire a patti a ogni costo. Cerchiamo di far andare bene il colloquio, poi valutiamo se le offerte proposte sono in linea con noi—in caso contrario siamo liberi di rifiutare.

Se in sede di colloquio si ricevono domande inopportune, come “Hai intenzione di avere figli in futuro?,'' che fare?
Queste sono domande assolutamente fuorilegge, quindi siamo liberi di non rispondere. Ma è proprio da questo tipo di domande che possiamo fare le nostre valutazioni. Un’azienda che ti fa capire chiaramente che vede la cosa come un peso e che vuole indagare sulla tua vita privata, dovrebbe farci riconsiderare se vale la pena o no continuare la selezione.

Se poi vogliamo comunque mantenere un rapporto civile, il mio consiglio è quello di glissare il più possibile, oppure di chiedere in maniera molto cortese, “Mi scusi, potrebbe spiegarmi cosa c’entra con la selezione?’’.

Avere figli è una nostra scelta e una nostra responsabilità. Non è interesse del nostro datore di lavoro. Un’azienda che si presenta con questi presupposti difficilmente sarà un posto sereno in cui lavorare.

Posso chiedere, invece, a quanto ammonterà la mia Ral? E se non ne fossi soddisfatto è possibile “trattare’’? 
In Italia purtroppo è molto presente il tabù legato ai soldi, sono percepiti come qualcosa di ‘’sporco’’, quindi di solito si comincia a parlarne solo nelle fasi finali di selezione. 

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Per quanto riguarda la trattativa, invece, abbiamo due casistiche. Quando applichiamo per uno stage solitamente il budget è allocato, viene fissato dalla policy aziendale e non avendo una base contrattuale forte è davvero difficile—se non addirittura inutile—trattare sulla Ral. 

Se invece applichiamo per un lavoro in cui è richiesta esperienza, solitamente l’azienda non ha un prezzo fisso, piuttosto un range di riferimento e la Ral viene stabilita in base ad una serie di criteri—come ti presenti, i tuoi risultati, il beneficio che potresti portare all’azienda.

Una cosa che può capitare è che venga chiesto quanto ci si aspetta di guadagnare o a quanto ammonta lo stipendio attuale. Se poi l’offerta non ci soddisfa è possibile cercare un accordo, solitamente c’è sempre uno spazio di manovra di almeno 2.000 euro sulla Ral. 

In generale, se si vuole crescere dal punto di vista professionale conviene sempre di più cambiare azienda piuttosto che tentare di crescere nella stessa, perché in quel caso gli scatti sono molto più lenti. 

Come faccio a capire, invece, se il mio colloquio è andato bene?
Prima di tutto è necessario fare una piccola premessa. A volte non è il recruiter a decidere direttamente se il colloquio è andato bene, ci sono anche altre persone che devono intervenire e valutare le informazioni raccolte.

Esistono però alcuni indizi. Per esempio: richieste di tempistiche sulla disponibilità a cominciare, anticipazioni sullo step successivo, “ti vorremmo far incontrare con..’,’ ma anche il feeling creatosi col recruiter.

Quanto tempo deve passare prima di mandare una mail? 
Dopo aver fatto un colloquio è preferibile mandare una mail di feedback, ringraziando e rinnovando l’interesse per la posizione. È un buon modo per stabilire un contatto.

Se dopo qualche giorno o i tempi che ci avevano comunicato non abbiamo notizie, possiamo mandare una mail di sollecito. Meglio non chiedere se ci sono “novità,” perché si lascia aperta la possibilità che ti rispondano dicendo, “Se ci fossero state novità ti avrei chiamato.”

E se ho passato il colloquio ma non sono più interessata o ho trovato altro nel frattempo, come faccio a rifiutare in modo cortese?
Rifiutare non è mai un compito semplice ma il lavoro non è un favore, e anche noi possiamo avere più proposte ed essere liberi di scegliere quale portare avanti.

Credo che il modo migliore di rifiutare sia far capire che ci sono state delle condizioni che hanno reso la nostra scelta la migliore possibile. Per esempio, migliori condizioni contrattuali altrove. Questo ci permette non solo di mantenere un ricordo positivo nei nostri confronti, ma anche di poter chiedere di restare in contatto ed essere avvisati nel caso in cui si presentassero nuove opportunità.