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I milanesi non riescono proprio a rassegnarsi alle palme in Piazza Duomo

La storia, l'urbanistica e la botanica non riusciranno a placare la furia dei milanesi.
Niccolò Carradori
Florence, IT

Viviamo in un'epoca strana, in cui l'istinto conservatore si applica a tutto: identità nazionali, tradizioni, culti religiosi e fauna urbana.Lo ha dimostrato la polemica generata lo scorso gennaio dai cittadini di Milano, quando il comune ha annunciato un deciso restyling di piazza del Duomo, nelle cui aiuole saranno piantate palme, banani, e altre piante sempreverdi.

Come avviene ogni volta che un'amministrazione comunale annuncia dei cambiamenti nel tessuto urbano, la notizia ha infatti generato un certo disappunto: a occultare la bellezza di piazza del Duomo ci possono essere solo brutti alberi di Natale, stormi di piccioni o al massimo la nebbia, e se per di più a farlo sono delle "piante endogene" offerte dall'azienda (Starbucks) che mette a repentaglio l'integrità culturale del cappuccino, capirete che l'allerta è massima.

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Per tamponare lo sdegno l'amministrazione aveva cercato di chiarire che le palme in piazza c'erano già nell'Ottocento, postando una foto d'epoca su Facebook, ma questa rievocazione storica non ha sortito alcun effetto sull'indignazione dei milanesi. A cui in effetti importa più indignarsi che i motivi per cui si indignano. E che hanno continuato ad alimentare polemiche—con toni anche molto accesi—a ogni nuovo aggiornamento sulla questione palme/piazza Duomo.

L'ultimo capitolo della polemica si è aperto questa mattina, quando la pagina Facebook del comune ha definitivamente annunciato che le palme sono arrivate, e che contemporaneamente i clerodendri sono stati trasferiti in altri luoghi della città—sono contento che mi abbiano rassicurato, in effetti ero molto preoccupato dal destino dei clerodendri. 

Sotto al post, in una replica esatta di quanto successo al post precedente, sono state lasciate decine di commenti, che sembrano ricordare la trasposizione di un congresso di botanica: c'è chi si lamenta per la mancanza di senso estetico nell'abbinare le palme al Duomo, chi si batte per i diritti di tutte quelle piante autoctone (italiane!) che sono state ignorate e che si vedono soffiare il diritto di domicilio da palme e banani clandestini, chi evidenzia come con il freddo questi alberi esotici siano destinati a morire—dando per scontato che i responsabili del comune non ci abbiano pensato—e chi cerca di mediare, creando ulteriori discriminazioni di cui, francamente, in questa società già divisa non avevamo bisogno: "ok sulle palme si può passare sopra, ma i banani NO."

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Ovviamente la mia parte preferita sono i complottisti che cercano di scoprire se dietro a questa scelta delle palme si nascondano delle dinamiche atlantiste, lasciando commenti piccati in cui chiedono delucidazioni su chi abbia vinto il bando per il restyling della piazza—sottintendendo che deve essere stato amico di qualcuno, non so, magari un anello di congiunzione tra Palazzo Marino e i poteri oscuri che non vogliono la scomparsa dell'olio di palma dai prodotti per merenda—e quanti soldi pubblici siano stati buttati per realizzare questo scempio.

Un celere e diligente addetto social del comune ha cercato di tamponare questo flusso di commenti, chiarendo a più riprese tutte le incomprensioni del caso nella sezione commenti di Facebook. Innanzitutto, ha ribadito ancora che non si può parlare di mancanza di rispetto verso l'immagine classica della piazza, visto che il progetto voleva  rifarsi proprio a un motivo decorativo che esisteva già nel Diciannovesimo secolo; in secondo luogo che le piante scelte dagli esperti fanno parte di una tipologia che è perfettamente in grado di sopportare il clima lombardo—visto che sono le stesse che abbelliscono diverse piazze in svariati paesi dell'Europa del Nord—e infine che non è stato speso neanche un euro pubblico, visto che il bando di appalto l'ha vinto un privato, Starbucks, accollandosi l'intera spesa.

Ma i suoi sforzi sono stati vani. Perché l'odio dei milanesi nei confronti delle palme aveva già raggiunto il suo apice da tempo, da quando degli utenti avevano fatto trascendere le considerazioni sull'estetica della piazza per arrivare allo spauracchio numero uno di qualunque vero abitante del Nord Italia: la salute. E soffermandosi sul fatto che l'allergia alle graminacee è la più diffusa a Milano, e che questa scelta mette a repentaglio la salute dei cittadini. Lanciando anche l'hashtag #stopgraminacee.

Non sono tra l'altro certissimo che la palma sia una graminacea, ma d'altra parte che ne so io, e come posso offrire con una semplice classificazione botanica una risposta all'ira dei milanesi? C'è da dire che sotto al post di oggi ci sono anche molti cittadini che si lamentano di tutta questa polemica, e cercano di evidenziare lo sforzo fatto dell'amministrazione per rinnovare la città. Ma a questo punto non è più una questione di design del suolo pubblico, bandi vinti da multinazionali, o rispetto delle tradizioni o delle vie respiratorie altrui. Tra i milanesi e le palme è guerra vera.

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