Salute

'La vita procede normalmente, ma io smetto di registrarla': cos'è davvero la dissociazione

Non si tratta solo di "distrarsi" o "alienarsi": chi soffre d'ansia o ha subito traumi spesso la usa per distaccarsi dalla realtà e poterla affrontare.
Ritratto di giovane pensierosa con i capelli corti
Westend61 / Getty.

Da quando è diventato (un po' più) socialmente accettabile andare in terapia (e parlare del fatto che si è in terapia), termini come attacco di panico, trigger o PTSD si stanno infiltrando nel linguaggio quotidiano—non sempre nel contesto corretto.

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Questo succede anche con la "dissociazione", usata spesso sui social per descrivere un catalogo di esperienze che vanno da estraniarsi dal dentista, all'avere un momento di rifiuto mentale dopo aver letto qualcosa di spiacevole o scivolare in uno stato di simil-trance mentre si ascolta musica.

Per confondere ulteriormente il discorso, la giornalista Emmeline Clein ha pubblicato un articolo in cui definisce la dissociazione una specie di nuova moda nel femminismo, citando il personaggio di Phoebe Waller-Bridge in Fleabag come il simbolo di una nuova forma di nichilismo performativo. Clein suggerisce che, reagendo tramite dissociazione—anziché con una sfuriata o con una risposta a tono—la donna ferita diventa più gradevole.

Per quanto sia sicuramente di moda fare riferimento alla propria disperazione esistenziale usando un tono distaccato e imperturbabile, anziché “piangendosi addosso,” Clein sta suggerendo che la dissociazione sia una scelta ("la maggior parte delle ragazze impara a farlo presto," scrive), addirittura un trend, e questo è esagerato. L'articolo (e quello che si vede sui social) rivela che c'è bisogno di chiarire cosa significa il termine, com'è viverlo sulla propria pelle, e anche se parlare con leggerezza di salute mentale sia intrinsecamente una brutta cosa.

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La dissociazione è definita come un'esperienza di distacco mentale, o disconnessione tra la mente e il corpo, un meccanismo inconscio di difesa che in genere si sviluppa in risposta a un trauma. Nei casi più gravi, la persona potrebbe soffrire di amnesia, perdita di identità e inabilità a riconoscere se stessa o cosa la circonda.

Stando a Bethany Brand, psicologa ed esperta di trauma e disturbi dissociativi, "Tutti abbiamo esperienze di tipo dissociativo, in qualche forma." Il problema, ha detto, è che "facciamo confusione su cosa significhino"—persino tra persone esperte.

Per Brand la dissociazione può essere spiegata come un continuum di esperienze. A un'estremità, c'è la "dissociazione non patologica"—tipo "l'ipnosi da autostrada," ovvero quando guidi e magari perdi l'uscita giusta perché il tuo cervello va col pilota automatico, o l'euforia del corridore, quando entri in uno stato e ritmo di corsa tali che non senti più il dolore fisico. All'altra estremità ci sono fenomeni più pesanti, come i vuoti di memoria o la "depersonalizzazione-derealizzazione" (la sensazione di osservare se stessi da fuori o di trovarsi in uno stato onirico). A chi viene diagnosticato il disturbo dissociativo dell'identità (DDI o DID) può succedere di "separarsi" in stati di personalità distinti (è quello che una volta si chiamava Disturbo di Personalità Multipla).

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I sintomi della dissociazione spesso si accompagnano a disturbi d'ansia. Durante gli attacchi di panico, è possibile avere episodi di derealizzazione, in cui il mondo appare nebuloso o surreale. Le espressioni più serie di dissociazione derivano da traumi. Le vittime di violenza sessuale possono improvvisamente uscire dal proprio corpo e vedersi come se si trovassero in un angolo della stanza o stessero fluttuando sopra se stesse (sia durante la violenza che nel ricordarla); bambini che subiscono abusi imparano a "desensibilizzarsi emotivamente e fisicamente" per non rivivere ricordi dolorosi—praticamente per sopravvivere, ha spiegato Brand. La dissociazione si può sviluppare come tecnica adattiva per affrontare un grave stress, ma può anche trasformarsi in un riflesso condizionato che alcune persone si portano dietro fino all'età adulta, e può presentare diversi problemi: da una generica difficoltà nel restare presente abbastanza per vivere una vita normale, fino all'incapacità di provare emozioni.

Durante la diagnosi, di solito alle persone viene chiesto di descrivere i sintomi e a volte di sottoporsi a una Dissociative Experiences Scale, un questionario che presenta una varietà di esperienze dissociative e chiede se e quanto spesso la persona le provi. Secondo Brand, un indicatore affidabile del problema è quando il comportamento interferisce con il funzionamento quotidiano (pensiamo alla differenza tra perdere la nozione del tempo per un attimo e guardarsi allo specchio senza riconoscersi).

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Un artista freelance di 34 anni che ci ha chiesto di restare anonimo ci ha detto di soffrire di disturbo da stress post-traumatico complesso (CPTSD) a causa di abusi emotivi subiti durante l'infanzia. Per questa persona, dissociare significa che "la vita procede normalmente, ma io smetto di registrarla." In altre parole, la sua funzione esecutiva si deteriora e perde la memoria di ore, giorni, settimane, anche mesi, ma non se ne rende conto finché non "torna", riprendendo consapevolezza. "Di solito inizia da un trigger legato ai miei traumi," ha detto. "La memoria assume i contorni di un sogno e io metto in dubbio tutto quello che ricordo. La mia esistenza mi sembra sempre meno reale."

In casi come questo, la terapia punta a “incoraggiare la riconnessione emotiva con se stessi," secondo Marlene Steinberg, psichiatra, ricercatrice sui disturbi dissociativi e autrice di The Stranger in the Mirror: Dissociation—The Hidden Epidemic. “Nel processo della psicoterapia, le persone identificano i trigger che fanno sviluppare la dissociazione, imparano a distinguere i fattori di stress passati dalle opzioni presenti e fanno propri modi costruttivi e non-dissociativi per affrontare lo stress.”

Brand pensa che la diffusione dell'uso di questo termine sia un buon segno, che indica che più professionisti del settore sono preparati sugli effetti del trauma. "Ora anche i media se ne stanno accorgendo e più persone si stanno abituando alla parola," ha detto. Ma, secondo Brand, pronunciarla con troppa leggerezza, soltanto per descrivere il "distrarsi perché non si vuole pensare a una determinata cosa," è probabilmente un uso erroneo e può risultare sminuente per chi soffre per traumi reali e di DID.

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Parlare sempre più spesso di certe condizioni può però incoraggiare anche chi le vive direttamente a esporsi. È il caso di Tik Tok, dove i giovanissimi caricano video che catturano ciò che la dissociazione significa per loro—la interpretano, letteralmente—senza recitare, ma piuttosto ricreando le esperienze che hanno vissuto.

Cora Lanzo, che gestisce l'account TikTok @Cloroxguzzler, dice di aver ricevuto una diagnosi di PTSD. "Di solito mi porta ad avere attacchi di panico e forte ansia. Mi causa anche problemi di concentrazione," ha raccontato.

In un video, Lanzo guarda in camera e dice: “Hey yo, test di dissociazione!" e poi si incanta, con gli occhi che guizzano da una parte all'altra. In un altro video, chiede ai follower se conoscono la sensazione di "sentirti come un'anima che fluttua e parla con le persone, e tu ti chiedi ma che diamine è questa roba, sta succedendo davvero, si sentono tutti così o sono una pazza? Sei lì, ma la tua mente è completamente separata dal tuo corpo."

“Sei un un posto e all'improvviso ti ritrovi in un altro, senza sapere come ci sei arrivato," ha detto a VICE. "Non hai idea di come sia successo… La mente si spegne, in un certo senso. Perdi contatto con la realtà per un certo periodo di tempo."

Tori (@frosttthesnowman), che soffre di ansia e disturbo da deficit dell'attenzione, ha detto che quando dissocia, si estrania e non è più presente—ma non se ne accorge finché non torna di nuovo presente. "Quando ne esci, è come se qualcuno avesse premuto play sul telecomando; di solito devo chiedere a chiunque stesse parlando con me di ripetere quello che ha detto," ha raccontato.

“Oggi, la fuga dalla realtà non è soltanto una cosa che si fa per divertimento; è una tattica di sopravvivenza in un momento in cui il mondo sembra così forzatamente stressante e fuori controllo," Anna Silman ha scritto in un articolo sul New York Times riguardo la popolarità della ketamina, un anestetico dissociativo che "desensibilizza il corpo e ti separa dall'ambiente che ti circonda—come se stessi guardando la tua vita invece di viverla." Molti di noi, che ci sia stato diagnosticato un disturbo d'ansia o meno (o che siamo soltanto sopraffatti dall'orrore sui social media, o che non possiamo permetterci di pagare un terapeuta), sono alla ricerca di un modo per sfuggire ai pensieri, o almeno ai nostri telefoni. Perciò non è del tutto assurdo che l'abilità di staccare la spina in situazioni di stress eserciti una certa attrazione—un talento desiderabile, come quello per la meditazione o la mindfulness.

Idealmente, parlare di più della dissociazione porterà a una maggior consapevolezza—e, speriamo, a maggiore sensibilità nel linguaggio che usiamo per descriverlo o per descrivere esperienze che ci somigliano. Nel frattempo, a meno che tu non abbia una diagnosi clinica (o si parli di ketamina), magari di' solo che ti sei distratto.