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La guida di VICE alle Elezioni

Ho seguito i Cinque Stelle a casa della gente nella periferia di Napoli

In Campania è stato lanciato "M5S a casa tua". Sono andato a vedere come funziona.
Il deputato Roberto Fico e altri esponenti del M5S a casa del signor Franco. Grab via Facebook.

Seguire un parlamentare non è cosa inconsueta per un giornalista. Mai mi sarei aspettato di provarci, però, facendomi inviare la sua posizione su WhatsApp ed entrando in casa di gente che non conosco. Il parlamentare in questione si chiama Salvatore Micillo, deputato del MoVimento 5 Stelle, ricandidato alla Camera nel collegio uninominale che comprende gran parte dei Comuni alla periferia Nord di Napoli.

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Per capire come io sia finito a partecipare a una sorta di riunione di condominio con i rappresentanti del MoVimento devo fare un passo indietro e risalire all'inizio di febbraio—quando sulla pagina Facebook del M5S Campania viene postato un video con protagonisti il parlamentare Roberto Fico, presidente di vigilanza Rai, e le consigliere regionali Valeria Ciarambino e Maria Muscarà, che entrano a casa del signor Franco per parlare del loro programma di governo. Se vi state chiedendo chi sia il signor Franco, sappiate che non lo so nemmeno io. L’essenza dell’iniziativa #M5Sacasatua è proprio questa: entrare in casa delle persone comuni per fare campagna elettorale in vista delle elezioni del 4 marzo.

Mi rendo conto che detta così sembra un approccio porta a porta degno del miglior venditore di enciclopedie, ma la procedura è un po’ più complessa.

Le persone interessate a ospitare i candidati mandano una mail, specificando luogo dell’abitazione e numero di “amici e condomini”—così è scritto sul form—che parteciperebbero alla riunione. Dalle richieste effettuate, lo staff del Movimento opera poi una scrematura e “invia” parlamentari e candidati a seconda del collegio di appartenenza. È così che mi sono ritrovato a seguire Micillo fra i paesi e le abitazioni che compongono il collegio dove anche io voterò.

Il primo appuntamento è in una casa di Sant’Antimo, paese di 34mila abitanti il cui nome non dirà nulla a parecchie persone. Chi conosce quest’area del napoletano, però, sa che qui è nato Luigi Cesaro, uno degli uomini più influenti di cinque governi Berlusconi, ex presidente della provincia di Napoli, molto “chiacchierato” per essere finito a processo sui presunti rapporti con la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e col clan dei casalesi (processi per i quali è stato però assolto in Cassazione). Cesaro è tutt’ora capolista in Campania nelle liste di Forza Italia—un immortale, in pratica. Ecco perché sono molto curioso dell’accoglienza che sarà riservata ai Cinque Stelle, che nel bene o nel male rappresentano una novità nella politica cittadina.

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La posizione condivisa da Micillo su WhatsApp mi porta in una strada di campagna. L’insegna al neon di un bar è l’unica fonte luminosa nel raggio di un centinaio di metri. Riconosco l’abitazione prescelta grazie a una piccola fila di persone, in attesa davanti al citofono: “Pure voi qua per i Cinque Stelle?”, mi chiede un signore. Pure io, sì. Il cancello si apre. Sulle scale che portano al primo piano della villetta trovo il proprietario di casa che mi invita a entrare senza nemmeno chiedermi nome e cognome.

Siamo in salotto, circa venti persone per altrettanti caffè. Due vassoi strapieni di dolci vengono posizionati sul tavolino.

La scelta stessa dei candidati presenti dice molto dei temi che si vorranno affrontare: Salvatore Micillo ha una storia di attivismo ambientalista alle spalle, ed è promotore della legge 68/2015 sugli “ecoreati” che prevede fino a 15 anni di carcere per i reati contro l’ambiente; l’altra candidata è Maria Domenica Castellone, ricercatrice del Cnr e oncologa. La cosa non mi sorprende: siamo in piena “terra dei fuochi.” I discorsi sull’ambiente, sulla salute e sullo smaltimento dei rifiuti qui hanno quasi sempre la priorità. Quasi, appunto.

“Io vedo per televisione che ci stanno un sacco di immigrati. Mi metto paura di uscire da casa certe volte,” esclama all'inizio dell'incontro una signora, che nell’elementarità del ragionamento “immigrazione = aumento dei reati”, ci mette subito di fronte a uno dei temi più controversi su base nazionale per il M5S.

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“Siamo tra i primi produttori di armi al mondo. Abbiamo esportato la guerra in paesi i cui abitanti, oggi, vengono in Europa in cerca di un rifugio,” esordisce il deputato M5S, che parla poi di “paura indotta dalla televisione” e di una falsa sensazione di “essere circondati dagli immigrati.”

La signora non sembra rabbonirsi. Per lei è vero che le strade sono popolate da orde di stranieri pronti a ogni nefandezza. La risposta di Micillo pone però fine alla questione: “Signora, qua stiamo facendo la guerra tra poveri. Quelli che parlano in televisione degli immigrati, prima parlavano così dei napoletani.” Silenzio. La disfida verbale si conclude, la signora annuisce e i presenti pure.

Da parte mia, penso che giocare sull’orgoglio ferito produca sempre i suoi effetti. E penso anche che Micillo abbia fatto un discorso che si discosta da un certo tipo di propaganda grillina anti-migranti. Sul punto ci tiene a chiarire: “Essere contro il business dell’immigrazione non significa essere contro gli immigrati. Per come sono gestiti, molti centri diventano una bomba sociale, con persone incattivite che non vedono l’ora di uscire e sfogare la propria rabbia. È qui che dobbiamo lavorare.”

Il confronto si sposta sul reddito di cittadinanza e sul voto di scambio. “Lo sapete come funziona da queste parti, no? Gente che mi dice ‘io vi voterei pure. Ma ho le mani legate, ho promesso il voto a Tizio e Caio’," dice un attivista. “C’è gente che si vende il voto per venti euro e un pacchetto di sigarette,” continua. “Ma se la gente se puzza ‘e famm’ come deve fare?,” ribatte l’indomita signora, che a questo punto è assurta a mio personale filo conduttore per inquadrare la serata.

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Micillo e Castellone espongono l’idea: 780 Euro al mese per chi cerca un impiego, corsi di formazione professionale e successive offerte di lavoro da parte delle aziende convenzionate. “Mi state dicendo che in una famiglia con tre persone disoccupate, queste si portano a casa 2.340 euro al mese?” ribatte scettico un signore col giubbotto di pelle. “Sì, ma a tempo determinato," precisa Micillo. "Se questa persona rifiuta per tre volte consecutive un’offerta di lavoro che gli viene proposta non avrà più diritto al reddito. È un sistema simile a quello in uso in Germania.”

In generale, mi sembra che sul punto ci sia ancora qualche riserva da parte di chi ascolta. Confondere il tema del reddito di cittadinanza con un semplice sussidio di disoccupazione è facile per chi ha visto svendere un voto a molto meno di 780 euro. Il tempo a disposizione, tuttavia, non consente di fare prolungata opera di convincimento: bisogna spostarsi nella vicina Giugliano, dove è previsto un altro incontro.

La posizione su WhatsApp di Micillo mi aiuta a individuare il parco residenziale ma non l’appartamento preciso. Per fortuna mi imbatto nei due anziani portieri dello stabile che, senza nemmeno chiedermi chi io sia e cosa ci faccia lì, sorridono. La donna lancia uno sguardo d’intesa a quello che presumo sia il marito: “Vincè, dovevamo mettere i cartelli stasera. Vieni con noi, stanno al terzo piano, scala C.” Un’intraprendenza che prelude la domanda ferale: “Ma tu non sei del parco, eh? E come mai stai qua? Ah, sei un giornalista. Per caso scrivi per quel giornale locale del Piddì?”. Alla mia risposta negativa la coppia ritrova l’affabilità: “E mi raccomando: scrivete le cose buone.”

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Siamo circa in trenta. La prima cosa che faccio è cercare il mio filo conduttore, quello che fra me e me ho ribattezzato “signora di Sant’Antimo.” Lo trovo nelle forme di un signore con i baffi e il pullover rosso, seduto sul divano, vicino ai due candidati che stavolta sono in piedi, in fondo al soggiorno. Dichiara fin da subito le sue idee: “Io sono un comunista nato, cresciuto e pasciuto.”


Guarda la nostra serie I politici rispondono, con cui abbiamo portato le domande dei lettori di VICE ai candidati dei quattro principali schieramenti:


Non noto particolari mugugni in sala. Anzi. L’impressione che mi si fa largo in testa è che una componente numericamente larga dell’elettorato M5S “di sinistra” esista eccome. Un recente libro curato da Piergiorgio Corbetta, docente di Metodologia della ricerca sociale all’Università di Bologna, rileva come la percentuale degli elettori che si dichiarano di estrema sinistra, sinistra e centrosinistra e che si auto-collocano nell’attuale elettorato Cinque Stelle oscilli intorno al 40 percento. E ancora: un sondaggio di “Atlante politico-Demos&Pi,” pubblicato nell’aprile 2017, indica come il 15 percento degli elettori M5S si dichiari vicino a Sinistra Italiana, con un ulteriore 7 percento che si dichiara persino affine al Partito Democratico.

Il signore con i baffi, nel frattempo, aggiunge di aver lavorato per decenni nella sanità pubblica. Si augura che i candidati lì presenti “non facciano come certi miei conoscenti, politici di lungo corso, che hanno parlato tanto e poi non hanno fatto niente per eliminare la dipendenza delle Asl dal controllo della politica.” Micillo lo tranquillizza: “È fra i primi punti del nostro programma.” Il signore con i baffi lo squadra con sguardo indagatore: “Tanto vi conosciamo e sappiamo dove state di casa.” Risata collettiva.

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In sostanza, ciò che vedo sono persone accomunate da una generale tendenza a voler capire chi hanno di fronte. La polarizzazione mediatica, spesso alimentata sui social anche dai sostenitori grillini, non aiuta. Qui però il discorso non cade mai su temi puramente ideologici, ma su problemi storici del posto (l’ambiente, la sanità) o su “paure indotte” (l’immigrazione).

Del resto però, in provincia di Napoli, il MoVimento 5 Stelle gode di ampi consensi—come peraltro dimostra la provenienza del capo politico, Luigi Di Maio da Pomigliano d’Arco. Un territorio devastato dal punto di vista ambientale, ribattezzato “terra dei fuochi”; una sanità inefficiente e ancora schiava di meccanismi clientelari, come dimostrano gli ultimi dati dell’osservatorio nazionale sulla salute (a Napoli si vive circa quattro anni in meno rispetto a Rimini e Firenze, due in meno rispetto alla media nazionale); i voti che ancora vengono svenduti a 20 Euro perché ‘a gente se puzza ‘e famm’.

Sono elementi che mi aiutano a comporre il quadro e a capire che qui, in questa stanza, ci sono persone che vogliono capire se ci sarà qualche novità dopo le elezioni. Prima ancora dei meme sui parenti della Boldrini, e prima ancora delle “persone falze” o dei “pidioti,” osservo in prima persona un confronto basato sulla domanda: noi qui abbiamo questi problemi. Riusciamo a risolverli o no?

La riunione di condominio si conclude. Il signore auto-dichiarato comunista si alza dal divano, va verso Micillo e gli poggia una mano sulla spalla: “Aspettiamo il 4 marzo. Qualunque cosa succeda, noi speriamo solo che non ci deludiate.”

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