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Musica

Perché Griselda Records è un'etichetta fondamentale per il rap di oggi

Westside Gunn, Benny the Butcher e Conway the Machine: Griselda e la Black Soprano Family sono un terremoto nel rap underground.
MR
Milan, IT

Il senso di appartenenza a un luogo, represent, è risaputo essere uno dei sentimenti fondamentali del movimento hip hop sin dalla sua nascita. Per ogni città statunitense attiva nella scena esistono una o più crew simboliche, gruppi di artisti che hanno fondato un sound distintivo entrato a far parte della storia di questo genere. Ecco, diciamo che Buffalo—la cui scena hip hop ha una storia un po’ particolare, nasce tra gli anni ’80 e ’90 con tantissime DJ crew e pochissimi MC, che assieme alimentavano la cultura delle cosiddette party crew—sta fissa sulla mappa anche grazie al collettivo di Griselda Records, fondata nel 2012 da Westside Gunn.

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Buffalo è una città cupa, triste e povera alle radici, con un altissimo tasso di criminalità legata allo spaccio di droga e più in generale a gang di stampo mafioso; basti pensare che, secondo le statistiche, il rapporto tra pregiudicati e incensurati è di 44 su 1000. Nascere a Buffalo spesso significa rimanere a Buffalo, per sempre, senza vie d’uscita né orizzonti da scoprire, nessun sogno americano ha mai avuto sede lì. Condurre questo tipo di vita, il novanta percento delle volte senza istruzione né prospettive lavorative alternative, ti fa crescere con una certa voglia di scappare, e da che mondo è mondo la musica è il rifugio più immediato.

Conway The Machine, Benny The Butcher e Westside Gunn–i tre artisti di punta della label, tra l’altro imparentati tra loro—sono la personificazione perfetta di questo fenomeno. La retorica della strada e della criminalità è stata usata fino alla nausea dalla maggior parte dei rapper delle nuove generazioni—in molti casi con cognizione di causa, in altri meno—che spesso la riducono a mera celebrazione di generica street life. Dalle trenches, Conway, Benny e Gunn ci vengono veramente, e non ne fanno un vanto: è quello che conoscono, quello che sono, si riflette per forza nelle loro narrazioni. Rappresentano il concetto di realness, altro pilastro della cultura hip hop, nella sua forma più autentica.

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Griselda Records nasce proprio per raccontare chi siano veramente questi artisti in tutto e per tutto, attingendo a piene mani dall’hip hop come suonava trent’anni fa nell’East Coast e rielaborandolo. Non hanno cavalcato l’onda delle tendenze, non sono arrivati dove sono grazie chissà quali mosse intelligenti per il mercato. Hanno semplicemente fatto rap di qualità e sono stati notati dai veri big, dagli OG storici: Jay Z, per dirne uno.

‘Don’t Get Scared Now’ e gli inizi di Griselda Records

Griselda Don't Get Scared Now Westside Gunn

Il roster di Griselda non è ampissimo, non arriva a contare neanche una decina di figure, e c’è una sola donna, Armani Caesar. Eppure, è davvero prolifico. Per capire bene la storia di questa realtà bisogna analizzare bene la sua discografia. E per farlo è necessario partire da un punto fermo: Don’t Get Scared Now, il primo EP davvero collettivo uscito nel 2016, dopo quattro anni produzione incessante, con opere come la serie Hitler Wears Hermes e Reject 2 di Conway, ma soprattutto Griselda Ghost, del 2015, album collaborativo di Conway e WSG. È prodotto da The Alchemist—figura vicinissima a Griselda, tanto che per la ALC, la sua etichetta, sono usciti vari dischi in collaborazione con Conway e Boldy James, come LULU, in cui compare anche ScHoolboy Q su quella hit incredibile che è “Shoot Sideways”, o di The Price Of Tea In China—e Daringer, il produttore ufficiale di Griselda. Daringer è la sintesi perfetta tra il sound del boom bap e l’attitudine dello street rap, esattamente quello che loro ricercano. Lui fa parte di quella generazione di produttori per i quali è fondamentale lavorare in studio a stretto contatto con gli artisti, per i quali la condivisione delle idee non è solo necessaria, ma soprattutto obbligatoriamente simultanea, cosicché i progetti possano cambiare forma durante tutto l’iter creativo.

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DGSN è un album incazzatissimo, attraversato dall’inizio alla fine da un sentimento d’ira irrefrenabile, tutto racchiuso nei testi e nei toni: c’è poca ferocia nei flow e, addirittura, all’interno di tutte e sei le tracce ci sono sezioni strumentali lunghissime. È proprio quest’approccio al beat che hanno Conway, WSG e Mach-Hommy—ma anche Prodigy, ospite in chiusura disco—a farti capire che questa è musica di gente che ha davvero sofferto e si pone con un atteggiamento di marcato distacco, un distacco però diverso dal menefreghismo: è più una sorta di sana insensibilità.

‘What Would ChineGun Do’

A proposito, il vero ed effettivo primo album in studio collettivo in realtà è What Would ChineGun Do, uscito nel 2019—in omaggio a Machine Gun Black, che tra l’altro era il fratellastro di Benny–, prodotto sempre da Daringer affiancato da Beat Butcha. L’obiettivo di WWCD è circa lo stesso di DGSN: una dichiarazione stilistica e d’intenti, ma a questo giro con un po’ più di denuncia sociale, se possibile.

I motivi alla base della nascita di Griselda, quali il desiderio di uscire dal quartiere e costruirsi un futuro diverso da quello già praticamente scritto, sono di nuovo al vero cuore della questione, al centro di questo disco, intitolato in onore di una delle innumerevoli vittime della violenza di strada vicine al gruppo, scomparsa nel 2006. È un album molto denso anche a livello di distribuzione e con diverse collaborazioni di artisti esterni alla label, tra cui Eminem, figura centrale per la crescita di tutta Griselda, che nel 2017 ha firmato accordi con Shady Records.

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E la parte più figa forse è che sono stati girati quattro mini documentari—disponibili su YouTube—nei quali Daringer, Conway, Benny e WSG raccontano storie e ragioni dietro la concezione di WWCD, dalla sparatoria che ha coinvolto Conway lasciandolo con metà volto paralizzato, alla vicenda di ChineGun. “Di tutto quello che vedi ora, io sono l’architetto, l’ho costruito da zero,” dice WSG dopo neanche un minuto della prima puntata. “Griselda è cultura […] è costruita in maniera organica.” Qualcuno si è azzardato a dire che WWCD potrebbe diventare il 36 Chambers delle nuove generazioni.

‘Pray for Paris’ di Westside Gunn e il 2020 di Griselda Records

Singolarmente e cronologicamente parlando, invece, tra i dischi più simbolici di Griselda post WWCD c’è innanzitutto sicuramente Pray For Paris di WSG, un album-capolavoro sul quale non ha più senso spendere altre parole. Non solo è una delle uscite più forti dell’etichetta sin dalla sua fondazione, ma direi di tutto il 2020. Perché sì, il 2020 è stato un anno abbondantemente dominato da Griselda, che dopo PFP ha rilasciato From King To A God di Conway e Burden Of Proof di Benny, e menzione speciale merita anche THE LIZ di Armani Caesar, che è un EP di presentazione della rapper al mondo, più che un album. Tutti e quattro sono dischi che puntano molto in alto, mirano ad arrivare a un pubblico più ampio.

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Conway con FKTAG ha consolidato definitivamente il suo status di imperatore di Buffalo, se l’è presa tutta, e ora spinge per uscire dai confini di quella città grigia e monotona che gli sta stretta—e promette di farlo con God Don’t Make Mistakes, in uscita quest’estate per Shady Records. Armani è un caso atipico: è perfettamente a proprio agio nel roster di Griselda, ma a differenza degli altri è più propensa al riadattamento di suoni diversi, e questo permette all’etichetta di avere una controparte che se non è sperimentale è comunque sicuramente più contemporanea. Un esempio al volo, in “Drill A RaMA” c’è l’utilizzo del triplet flow.

Benny invece, stando pur sempre su quel sound grezzo e inconfondibilmente metà anni Zero, riesce comunque a risultare un filo più commerciale, detto con tutta l’accezione positiva che merita, e questo accade probabilmente grazie alla produzione di Hit-Boy. Lungo tutto il disco Benny riesamina la propria vita passata stando molto attento a comprenderne ed evidenziarne le conseguenze negative: “Mi dà sui nervi quando questi rapper parlano tranquillamente / Della vita di strada, sembra che ti parlino solo di lusso / […] Sai che questo game ha molte più conseguenze del carcere,” da “New Streets”.

Benny The Butcher e la Black Soprano Family

Benny è un personaggio particolare, anello di congiunzione tra due fenomeni attuali molto singolari: oltre ad essere un pilastro di Griselda, infatti, è fondatore della Black Soprano Family, un secondo collettivo formato da altri rapper di Buffalo: Ricky Hyde, Loveboat Luciano, Heem B$F, Jonesy… le cui circostanze sono un po’ diverse rispetto a quelle che coinvolgono l’etichetta di WSG.

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La BSF, che più che un’etichetta è una società, non gode di alcun beneficio delle major, a differenza di Griselda che si appoggia sia su Shady Records che su Roc Nation; diciamo che è musica che viene fuori davvero dal niente, a parte un accordo con la eOne Music, che rimane pur sempre una label indipendente. Nasce tra il 2011 e il 2012 circa, e il nome è chiaramente ispirato dalla fascinazione—sbagliatissima e tendenziosa—che gli americani e non solo hanno nei confronti della mafia italiana e di tutta la cinematografia che ne è derivata. È una realtà solidissima a livello di rapporti tra i membri e di direzione artistica, probabilmente tanto quanto Griselda, e culturalmente parlando colleziona delle vere pietre miliari del coke rap contemporaneo. Tra le più recenti sicuramente c’è la serie The Plugs I Met, il cui secondo capitolo è prodotto da Harry Fraud (la cui tag è una meme machine di dimensioni epocali), altro produttore largamente rispettato e strettamente legato sia a Griselda che alla BSF. The Plugs I Met, sia 1 che 2, elaborano le stesse tematiche di altri album come Burden Of Proof, ma con un taglio più narrativo e rivolto al presente: “Io vengo da quella era, non paghiamo se l’hai pesata male / […] Abbiamo preso l’hip hop e l’abbiamo fatto nostro / Vendevo le dosi, caso vuole che sia il tuo rapper preferito,” da “Crowns for Kings”.

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‘The Respected Sopranos’, un mixtape come si deve

Il progetto forse più strano, ma interessante, uscito dalla BSF è però forse Benny The Butcher & DJ Drama Present: The Respected Sopranos, uscito l’anno scorso. Fondamentalmente è un mixtape abbastanza breve (otto tracce) con il quale vieni catapultato indietro di almeno venticinque anni, impossibile non percepire forte e chiaro i gloriosi anni Duemila di DJ Drama. È uno di quegli album che non avrebbe senso dividere in sezioni, non si può parlare di hit, né di filler, né di niente: è un ascolto unico e totale, che mantiene lo stesso livello dall’inizio alla fine, anche se forse forse mi viene da dire che “Grams In The Water” sia una gemma rara.

Per i motivi di cui sopra, è stato un po’ ammazzato dalla critica, soprattutto perché è uscito in un periodo di grande hype che aleggiava sugli artisti di Griselda, in particolare dopo il rilascio di Pray For Paris, che ha inevitabilmente alzato l’asticella per tutti quanti. Qualitativamente parlando, però, è innegabile che The Respected Sopranos sia un prodotto validissimo, che ti venga voglia di riascoltarlo o meno dipende solo da che cosa cerchi. Simbolicamente parlando, invece, è di grande importanza. In primo luogo, è una grossissima attestazione artistica: la Black Soprano Family ha quel tipo di imprinting, vuole fare quel tipo musica, quella con mezz’ora di ad-libs che sono praticamente frasi fatte e finite, che comunque rispecchia perfettamente l’ontologia dei collettivi coinvolti.

In secondo luogo, accende un lume di speranza per le dinamiche dei rapporti fra gli artisti. Mi spiego meglio: su un piano generale, può funzionare da esempio per altre realtà simili. Benny, che è un personaggio ormai ampiamente affermato nel contesto sociale-musicale in cui lavora, è quasi una presenza di passaggio in questo mixtape, che porta il suo nome nel titolo, mica quello di Loveboat Luciano o chi per lui. Si sente eh, ma i protagonisti sono gli altri, non suona per niente come un joint album di Benny e Drama. In un mondo dominato da una competizione costante e a tratti anche malsana, è rincuorante vedere che uno come Benny The Butcher sfrutti il proprio nome per dare completa visibilità ai suoi, senza preoccuparsi troppo di accelerare ulteriormente la propria carriera; sarà banale, ma anche questo fa parte di Griselda.

‘Conflicted’, il film di Griselda

Una cosa in cui Griselda Records ha fallito, se proprio dobbiamo andare a scavare nei pozzi secchi del deserto dei miei sogni, forse c’è: Conflicted, il loro film sulla vita di strada autoprodotto e uscito all’inizio di quest’anno. O meglio: ha fallito nel momento in cui lo si guarda con occhio critico esperto, ma se si considera che è totalmente indipendente, con attori e registi non professionisti e con una colonna sonora degnissima ad opera della grande famiglia Griselda + BSF, allora è okay. Okay come è okay per esempio State Property di Roc A Fella, con quel cameo storico di Jay Z che ha forse quattro battute in totale, tra le quali: “Imma kidnap dat bitch”. Un film cult per gli appassionati, ma cinematograficamente parlando decisamente osceno.

Griselda è tutto questo: continua e perpetua rielaborazione artistica di realtà che, sul nascere, con l’arte non hanno proprio niente a che fare, con degli scopi che vanno oltre sia alla gloria che allo sfogo creativo: è dottrina.

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