Salute

Un tumore mi ha portato via metà del pene: ecco come faccio sesso

L'amputazione del pene è poco discussa, ma spesso la falloplastica non è la risposta.
Giacomo Stefanini
traduzione di Giacomo Stefanini
Milan, IT
sesso dopo tumore al pene amputazione
Illustrazione di Cathryn Virginia.

Non tutti gli uomini nascono con il pene. Il pene non si trova al centro dell'identità di genere o della vita sessuale di ogni uomo. Molti ricavano altrettanto se non più piacere dalla stimolazione prostatica o da altre zone erogene spesso ignorate. Alcuni arrivano anche a scegliere di farsi rimuovere il pene, non per una questione di identità di genere, ma perché considerano altre parti del corpo o della mente il centro della loro identità maschile e del piacere erotico.

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Ma per la grande maggioranza degli uomini nati con il pene, quest'organo è il centro della propria esperienza sessuale—e spesso anche il luogo in cui risiede una parte importante della percezione di sé e dell'autostima. Quindi, naturalmente, quando questi uomini perdono il pene, in parte o completamente, a causa di un tumore o di un incidente, le conseguenze possono essere devastanti.

Chi subisce l'amputazione del pene spesso riferisce sensazioni di forte ansia e depressione, di solito collegate a un senso di perdita della mascolinità o preoccupazione per la propria sessualità e per la propria capacità di costruire e mantenere un rapporto intimo. Secondo pochi studi limitati su mutilati parziali, appena più della metà è ancora in grado di raggiungere l'erezione. Ma siccome al moncone di un pene molto spesso mancano proprio le parti considerate più sensibili—il prepuzio, il frenulo e il glande—raramente prova piacere durante il sesso penetrativo e spesso non è in grado di mantenere l'erezione per più di pochi minuti senza un aiuto farmacologico. Né ricevono molto sesso orale, indipendentemente dall'erezione, né qualunque altra forma di stimolazione del pene.

È raro che si parli di questi problemi, in parte perché l'amputazione del pene è un procedimento relativamente raro. La maggior parte delle amputazioni deriva da un tumore al pene, una malattia rara che colpisce circa duemila uomini all'anno negli USA, contro cui i medici stanno sviluppando terapie sempre più efficaci senza dover ricorrere a operazioni così invasive (i segni del cancro al pene includono ferite o marchi che non guariscono o non scompaiono in alcune settimane, emorragie inspiegabili, secrezioni, indurimento o ispessimento dei tessuti, difficoltà nel tirare indietro la pelle del prepuzio in chi non è circonciso e cambiamenti nel colore della pelle del pene). Altri casi sono frutto di un trauma fisico—infortuni in cui il pene è stato irrimediabilmente compromesso senza possibilità di riattaccarlo (anche se i medici riescono a riattaccare il pene staccato, non sempre questo torna a funzionare o a sentire come prima). Ci sono poi lo strangolamento del pene, ovvero quando un oggetto interrompe l'afflusso di sangue al pene per così tanto tempo che i tessuti vanno in necrosi e l'organo muore, o gravi casi di priapismo, erezioni dolorose che durano più di quattro ore, che allo stesso modo possono portare a necrosi dei tessuti. E poi ci sono i casi, che si verificano solo in alcune regioni del mondo, in cui viene praticata una circoncisione rituale con strumenti non sterili o da persone non qualificate e questa pratica porta all'amputazione del pene.

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Se ne parla di rado anche perché molti lo considerano un tabù, oppure tendono a focalizzarsi sui grandi successi della chirurgia ricostruttiva. La falloplastica, praticata per la prima volta da un chirurgo russo usando la cartilagine delle costole nel 1936, spesso comporta l'allungamento dell'uretra rimanente e l'uso di nervi, pelle, vasi sanguigni e muscoli presi dal braccio o dalla coscia del soggetto per creare un nuovo fallo, spesso con l'implemento di una pompetta interna per creare artificialmente l'erezione. Tuttavia non tutti i mutilati si possono candidare per un'operazione ricostruttiva. E la maggior parte delle persone con questi nuovi peni riferisce di complicazioni dovute alla cicatrizzazione del tessuto uretrale e ad altri danni ai tessuti, ma anche di non sentirsi soddisfatti dell'aspetto esteriore. La maggior parte riesce a ottenere una sensibilità soltanto parziale; alcuni nemmeno quella. Quindi questa procedura non è proprio una soluzione universale e definitiva. Il trapianto di pene completo, un'altra soluzione di cui si parla molto per chi ha subito un'amputazione, è ancora una procedura rara e che può presentare diverse complicazioni.

Poco tempo fa i nostri colleghi di VICE US

hanno parlato del tema con Ellis, che ha perso metà del suo pene nel 2017 per eliminare un tumore, e con sua moglie Anne (entrambi hanno chiesto di usare degli pseudonimi). Ricostruire la propria vita sessuale dopo un'operazione di questo tipo è un'esperienza diversa per ogni coppia, quindi la storia di Ellis e Anne non va presa come esempio definitivo o universale. Ma è una descrizione sincera e dettagliata di quanto profondamente un evento di questo tipo possa far tremare le fondamenta di tante coppie—e di come loro siano riusciti a trovare il modo di mantenere un'intimità fisica ed emotiva anche dopo.

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Ellis: Anne e io ci siamo conosciuti nel 1992. Io avevo 16 anni e lei 21. Nessuno di noi aveva mai avuto altri partner sessuali. Ma fin dall'inizio la nostra relazione è stata molto attiva e avventurosa da quel punto di vista. Sgattaiolavo di nascosto a casa sua mentre andavo a scuola la mattina e ci facevamo una sveltina. Una volta diplomato, andavamo alle feste e facevamo sesso all'aperto e non ce ne fregava niente.

Anne: Una volta l'abbiamo fatto in un autolavaggio.

Ellis: Già, ci si vedeva dal tettuccio della nostra Pontiac Fiero. Quando abbiamo avuto il primo figlio io avevo solo 20 anni.

Anne: Ma siamo rimasti avventurosi anche dopo.

Ellis: Un po' di meno, ma è normale. Eravamo in vacanza in Scozia in dicembre 2016 e stavamo facendo sesso, quando ho sentito una forte fitta al pene. Dopodiché, è comparso un piccolo puntino sul glande.

Anne: Un puntino rosso.

Ellis: Avrà avuto un diametro di massimo 3 millimetri. A gennaio, era arrivato a un centimetro. A metà febbraio, quasi due. Il dottore mi ha detto che pensava fosse soltanto un caso di candida, quindi mi ha prescritto dei medicinali per quello. Ma non migliorava. Sono tornato dal medico e mi sono fatto prenotare una visita d'emergenza dall'urologo. Lui mi ha visitato e sono abbastanza sicuro che abbia capito immediatamente. Mi è stata praticata d'urgenza una biopsia. Tre giorni dopo sono arrivati i risultati: "Carcinoma squamocellulare". C'era il rischio che creasse delle metastasi ai linfonodi.

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A quel punto avevamo due alternative: una penectomia [amputazione di una parte o della totalità del pene] oppure una procedura sperimentale che avrebbe risparmiato una parte più grande del pene, che mi sembrava da escludere perché non c'era alcuna garanzia [che avrebbe rimosso tutto il tumore]. Io mantengo tutta la famiglia. Mia moglie non lavora da 15 anni a causa di una malattia ai polmoni. La paura di lasciarla sola e senza soldi mi ha portato a scegliere l'operazione che mi salvasse la vita rispetto a quella che avrebbe potuto preservare la mia qualità della vita. Mi sono detto: proviamo, magari sarà una rimozione minima.

Anne: Beh, l'altra opzione dava l'idea di essere molto dolorosa e strana, ma anche sperimentale. Non abbiamo avuto molto tempo per digerire quello che stava succedendo. Sapevo che la nostra vita sarebbe cambiata dopo l'operazione ma… Non avevo nemmeno pensato alle ripercussioni, perché quando sentiamo la parola cancro ci preoccupiamo subito della vita. E il dottore non era in grado di dirci con certezza quanto sarebbe stato rimosso.

Ellis: Alla fine mi hanno levato metà del pene.

Siccome non ero circonciso, avevo della pelle in più che il dottore è stato in grado di usare per fare una parziale ricostruzione. Ritrovarmi con un gruppo di uomini molto mascolini in uno spogliatoio [come mi capita di tanto in tanto] e stare nudo era un pensiero davvero difficile. L'urologo ha proprio detto: "Ti farò tornare pronto per lo spogliatoio." È stato un bene che lui la vedesse in questo modo.

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Dopo l'operazione, c'è stato il processo di guarigione.

Anne: Che è stato molto doloroso.

Ellis: La parte più dolorosa probabilmente è stato il catetere. Dopo aver rimosso quello, sono stato visitato da un oncologo—specializzato in linfonodi—che ha deciso di fare una doppia dissezione dei linfonodi. Quell'operazione è stata altrettanto dura. Mi hanno messo degli aghi nella punta del pene—nel glande e nell'uretra—e sono arrivati fino ai linfonodi [per individuare eventuali cellule cancerose]. Quel test è risultato negativo. Dopo essermi rimesso da quello, ho ricevuto il via libera per ricominciare l'attività sessuale.

La prima cosa che ho notato è stata la totale mancanza di sensibilità. Quella è stata la parte più difficile da capire, perché la punta del pene è così sensibile che sembra assurdo. Sono sempre stato molto focalizzato sul pene sessualmente, compresa la masturbazione. E io usavo molto la masturbazione come antistress, se qualcosa mi preoccupava al lavoro, o cose del genere—mi faceva rilasciare le endorfine che mi servivano. Ora non ho più questo sfogo. Non ce l'ho più da tre anni.

Anne: A livello di eccitazione e sensazione simile all'orgasmo, non penso provi nulla di simile.

Ellis: Anche raggiungere e mantenere l'erezione è molto difficile [non avendo sensibilità né stimolo]. In passato potevamo andare avanti anche mezz'ora senza fermarci. Ora, siamo fortunati se riusciamo a fare tre o quattro minuti.

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Anne: Il dottore gli ha prescritto il Viagra. E funziona, certo, ma ci sono degli effetti collaterali: mal di schiena ed emicranie. Il giorno dopo ha sempre qualche problema. Quindi se possiamo facciamo una cosa più naturale: certo, una sveltina è una sveltina [ma è meglio degli effetti collaterali]. A Ellis piacciono le tette. Quindi gli dico: "Toccami le tette! So che questo ti fa stare eretto più a lungo, anche solo un minuto." Ma a volte funziona bene, altre no. Siamo anche andati in un sexy shop per cercare qualcosa che lo aiutasse a mantenere l'erezione di più—e l'abbiamo trovato. Lo mette e lo toglie—non gli fa molto bene. Ma aiuta. Insomma, ci ingegniamo.

Una volta abbiamo parlato della possibilità di fare un'altra operazione.


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Ellis: L'urologo mi ha parlato della pompetta che si inserisce nel pene e che si può gonfiare per ottenere un'erezione. Ma comunque non sentirei niente. Non siamo mai andati oltre qualche chiacchiera al riguardo.

Anne: Quando ne abbiamo parlato, il mio primo pensiero è stato: se lui non ne ricava più sensibilità, non vale la pena fargli passare un altro intervento. Non è giusto.

Certe volte ci arriviamo davvero. Altri, non funziona proprio. Abbiamo dovuto adeguarci e accontentarci di quello che abbiamo quando ce l'abbiamo. È davvero difficile. Più per lui che per me.

Ellis: Anche fare sesso con Anne… Sai, cerco di farla stare bene. Ma se ti muovi nel modo sbagliato non sai nemmeno più se sei dentro o fuori. Nei casi peggiori, è come recitare una coreografia. Ma non sai nemmeno se le mosse funzionano.

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Anne: Sei mesi dopo la penectomia, eravamo a una visita di controllo e il medico ha detto: "Forse la sensibilità tornerà. O forse no." Quindi c'è una piccola speranza.

Ellis: Ma ha detto che anche se fosse tornata non sarebbe stato come prima. Ma l'unica sensazione che ho per adesso è dolore. Quella è una delle cose di cui Anne si preoccupa quando proviamo a fare sesso—che mi faccia del male.

Anne: Non so se il medico volesse solo darci un po' di speranza.

Ellis: In effetti non è una zona in cui i nervi ricrescono miracolosamente e un giorno ti ritrovi a riprovare sensazioni. Sapere che non tornerà… è un problema.

Anne: Quando ha capito che non avrebbe recuperato la sensibilità, ha attraversato una fase di grande rabbia. Ed è comprensibile.

Ellis: Il sistema sanitario è stato carente dal punto di vista della cura mentale. Non mi è stata fornita alcuna consulenza. Ho trovato qualcuno da solo in un forum per uomini malati di tumore al pene. Ma ho dovuto tirarmene fuori a un certo punto, perché ho letto tutte le storie di questi uomini ed erano uguali alla mia. Poi ti rendi conto che questi post sono di tre o quattro anni fa e questi uomini sono scomparsi, [non postano più]. E io sono qui al terzo anno[, ancora in quella fase].

Tra un paio di mesi ho anche in programma un altro intervento per rifare una parte dell'operazione originale. Il che significa che mi verrà levata un'altra parte del pene. Quindi mi ritrovo a pensare: ma si tratta di un'operazione che dovrò continuare a fare? Mi toglieranno sempre più pezzi? È dura.

Anne: Alcuni raccontavano che le mogli li avevano lasciati e cose del genere. E Ellis si preoccupa che io faccia lo stesso. Io ho sempre detto: "Non me ne vado. Sono qui. Resterò qui con te." Abbiamo parlato di andare in terapia, ma poi abbiamo deciso di non farlo. Ripensandoci, forse avremmo dovuto. .

Ellis: Non ho neanche trovato grandi guide per capire come fare sesso in questa condizione, online. Molte storie erano di persone più anziane, per cui il sesso non era più una cosa regolare. Un paio dicevano che stimolare le proprie mogli manualmente bastava per loro. Ho cercato di integrarlo nel nostro rapporto.

Anne: Abbiamo dovuto imparare a comunicare in modo diverso. Quando hai meno di 30 anni, il sesso viene naturale. Ora dobbiamo decidere attivamente: okay, facciamolo. È un processo ancora in corso.

Ellis: Non ho trovato altre parti del mio corpo che mi diano lo stesso piacere che ricavavo dal pene. Ma siamo ancora in fase di esplorazione. Il bisogno di quel contatto fisico continua a spingermi avanti. Per Anne è meno importante. Le coccole e cose del genere probabilmente le basterebbero. Ma anche da quel punto di vista abbiamo passato i nostri momenti bui, a causa dei suoi problemi di salute. Abbiamo un letto medico per lei e io ho un letto singolo, quindi più che farsi le coccole lo chiamiamo fare il ponte sul Grand Canyon.

Anne: Continuiamo a provarci, perché gli umani hanno bisogno di quella connessione. Magari non è così regolare come una volta. E non dà le stesse sensazioni. Ma siamo ancora in grado di connetterci.