Un calabrese lo sa: se sei svezzato a 'Nduja, difficilmente mangi Sardella. Nella stessa regione le distanze, vuoi per la poca efficienza della linea ferroviaria, vuoi per le strade non propriamente agevoli, spesso sono limiti invalicabili. Amo le imprese impossibili, soprattutto quando la posta in gioco è alta, che nel mio caso significa essere ricompensati con buon cibo e vino.Il Cirò è il Barolo calabrese, il biglietto da visita con cui ti presenti fuori dalla regione
Così, se da Tropea supero le colonne d'Ercole della provincia di Crotone, è per un motivo vitale: capire cosa sia la Cirò Revolution. Il nome, letto sulla Guida alla Calabria di Vice, mi incuriosisce. Il Cirò è il Barolo calabrese, il biglietto da visita con cui ti presenti fuori dalla regione. Non solo perché è il vino più viaggiatore e cosmopolita, e di conseguenza il più conosciuto, ma anche per la sua storia e il profondo legame che ha con il territorio. Nel Cirotano la vite è coltivata da 2.500 anni e il Cirò rosso o rosato Doc, da disciplinare, deve essere prodotto, con uva Gaglioppo.Il Cirò Revolution, rispetto al convenzionale, vuole essere un vino di fattura artigianale. L'idea è quella di ritornare alla tradizione, a quello che era il Cirò dei nonni
Se sei di Cirò hai il vino nel sangue, ogni famiglia qui ha la vigna e vende uva o produce vino per il proprio fabbisogno
“Perché l'ho fatto? Perché se sei di Cirò hai il vino nel sangue, ogni famiglia qui ha la vigna e vende uva o produce vino per il proprio fabbisogno”, mi dice mentre ci lasciamo alle spalle il mare e di fronte a noi si delinea, imponente e silenziosa, la Sila. Il paesaggio è completamente diverso rispetto a quello a cui sono abituata: un terreno arido, asciutto, crepato, in cui il verde è scomparso per farsi completamente sopraffare dal giallo. E se per viticoltura eroica si intende strappare prodotti notevoli da terreni poco incoraggianti, questa lo è eccome.La nostra rivoluzione consiste nel non inseguire un modello precostituito, ma nell'assecondare la natura: se ti da un vino con più tannini o con più alcol, te lo tieni, non lo aggiusti, non aggiungi gomma arabica o zucchero per ammorbidirlo
Scendo dalla multipla di Francesco per visitare una delle sue tre vigne, quella del 2004, la più interna, ubicata su colline dolci che diventano scoscese (ha otto ettari totali, di cui sei in produzione, quasi tutto Gaglioppo, ma anche un po' di Greco Bianco e, recentemente, Mantonico). “Il terreno qui è arido e argilloso, solo i vitigni autoctoni resistono, se la cavano alla grande anche da soli. Io intervengo pochissimo in vigna: utilizzo solo zolfo e, se necessario, rame. Pratico sovesci ogni anno con piante di leguminose che, arricchendo il terreno di sostanze organiche, lo rafforzano e gli danno una struttura”.Cirò Revolution è l'appellativo che ci danno gli altri. Noi contadini non siamo così auto-celebrativi
Il metodo naturale nasce come nobile risposta a quello che era diventato negli anni scorsi il vino: un mostro barocco dove si aggiungeva la qualsiasi e si sentiva solo il legno. Ma non dobbiamo confondere il mezzo con il fine.