Una delle cose di cui sono sempre più convinto, mentre continuo ad ascoltare il più possibile ciò che succede nel fantastico mondo della musica, è che ragionare per generi significa imporsi un limite. Un anno fa si parlava, in questo senso, del concetto di "ibridazione": "[…] più o meno tutti, qua dentro, abbiamo giovato dei frutti del processo di atemporalizzazione e ibridazione di una qualche materia di partenza, con elementi in apparenza discordanti da essa. Frutti che sì e no hanno stabilito nuovi parametri e fornito nuove unità di misura del godibile, e […] hanno delineato un nuovo piano di azione che supera la definizione consona di "genere musicale". In altre parole: le macro-regole grazie a cui parliamo di musica, imposte in noi dall'abitudine, hanno cominciato a crollare con il progressivo espandersi della materia sonora alla base del discorso.
Insomma, non possiamo più dire "elettronica," "rock," "indie," "rap," "metal," "pop," "cantautorato" senza incappare in uno dei seguenti due scenari. 1) Ciò di cui stiamo parlando risulta vago, oppure 2) Dobbiamo ricorrere a un'eccessiva categorizzazione. Nel primo caso, non diamo abbastanza informazioni all'interlocutore per far capire di cosa stiamo parlando; nel secondo, ne diamo troppe rischiando di incappare in intoppi comunicativi dati dalle nostre possibili diverse idee del significato di determinati concetti—se chiedete prima a Gucci Mane e poi a Elisa di spiegarvi che cos'è la trap otterrete risposte molto diverse.
D'altro canto, usare i generi e i sottogeneri è un'abitudine troppo radicata in noi per poter scomparire dall'oggi al domani, e a volte tra interlocutori i significati coincidono senza troppi problemi. Credo, tuttavia, che una musica ormai così varia da non poter essere spiegata o raccontata in modo verticale e lineare—partendo dalla preistoria, passando per l'antichità, il medioevo, il barocco, il rinascimento e così via fino a Fabio Rovazzi—sia quanto di più bello e stimolante l'evoluzione poteva metterci di fronte. E lo è perché potenzialmente stimola un ascolto più aperto, libero e vario. Certo ha i suoi difetti: la difficoltà di una storicizzazione, la tendenza a gridare alla next big thing, una fruizione che rischia di essere superficiale, quello che volete. Ma porta anche alla nascita di nuovi stimoli e suggestioni, crea movimenti, ispira generazioni, dà una forma e un suono alla contemporaneità.
Pubblicità
Che c'entra Lil Yachty con tutto questo?
Pubblicità
"Minnesota" di Lil Yachty, nella sua versione con contributi di Quavo e Skippa da Flippa.L'album di debutto di Lil Yachty si intitola Teenage Emotions e marca un netto cambiamento sonoro rispetto ai suoi tre mixtape— Summer Songs, Lil Boat e Summer Songs II. Finora Yachty, Perry e i loro collaboratori si erano limitati a fare qualcosa che assomigliasse abbastanza al rap da poterlo comunque usare come termine di definizione: per quanto "Minnesota" e "1Night" non si basino sul tecnicismi hip-hop, hanno comunque abbastanza elementi propri del genere da poter essere definiti pezzi rap. Su questo suo primo LP, Yachty ha invece deciso di mettere qualsiasi cosa gli piacesse senza farsi troppe paranoie di coerenza stilistica—perfettamente in linea con le modalità d'ascolto e fruizione musicale della sua generazione.
In un pezzo pubblicato su The Outline, Jeff Ihaza ha parlato di come la playlist stia sostituendo l'album nelle nostre gerarchie d'ascolto, in quanto rappresentazione della poliedricità degli ascolti del suo curatore: "La playlist, che esiste su [piattaforme come Spotify, Apple Music e Tidal] come una serie di pezzi musicali curata, in esclusiva, da un artista popolare, si è evoluta dai vecchi tempi in cui era solo una serie di tracce, aggregate rozzamente, appartenenti a un genere specifico o a un amorfo 'stato d'animo'." Una delle mie preferite è quella che Four Tet sta tenendo in piedi da qualche mese sul suo account Spotify ufficiale, una porta spalancata sui suoi ascolti, e quindi sugli elementi che vanno a costruire il suo suono—uno spazio in cui D'Angelo convive con Lorenzo Senni, Jaco Pastorius si scambia suggestioni con Mura Masa e A$AP Rocky, Young Thug dà cinque alti a Fela Kuti.
Gli ascolti di Yachty sono molto più popolari di quelli di Kieran Hebden: ogni volta che gli viene chiesto quali siano le sue influenze tira in mezzo Chris Martin e i Coldplay, Lil B, Soulja Boy, i Daft Punk e i Fall Out Boy. In altre parole, ascolti che qualsiasi teenager americano nato negli anni Novanta può condividere con i suoi pari, dal pop da classifica al primissimo meme rap, dai classiconi dell'electro al pop punk sporcato d'emo di fine anni Duemila. Come si esplicita, tutto questo, in Teenage Emotions? In un approccio playlist-iano come quello suggerito da Ihaza, e quindi nella presenza di canzoni totalmente fuori da ogni categorizzazione, prodotte da musicisti che Yachty ha piegato ad adottare una visione comunitaria e inclusiva del prodotto musicale.
Pubblicità
"All Around Me": Yachty, YG e Kamaiyah col ciuffo e l'eyeliner
Pubblicità
"Bring It Back": Yachty suona (male) il rock
Pubblicità
"Better": Yachty e Stefflon Don fanno il pop da spiaggia
Pubblicità
"Made of Glass": Yachty si rattrista su una cosa che sembra lounge music, ambient, downtempo
Conclusioni simil-filosofiche: Musica come rizoma
Le ibridazioni sono tutto il futuro di cui abbiamo bisogno Abbiamo intervistato Lil Yachty prima del suo concerto a Milano