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Come mi sono vendicata di un coinquilino misogino

La convivenza è difficile per tutti, soprattutto quando abiti con uno stronzo. Così, dopo essermi fatta cacciare senza apparente motivo, ho deciso di vendicarmi del mio coinquilino nel modo più adulto possibile.

Due persone che non hanno assolutamente niente a che fare con quanto raccontato nell'articolo. Foto

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Rientrata a Lione dopo diversi mesi all'estero, mi ritrovo sul divano di un'amica a pensare al da farsi: ho 33 anni, sono momentaneamente disoccupata e devo cercarmi una casa. Per questo mi sono iscritta a un sito di annunci nella sezione "offro/cerco stanze", ho scelto una foto discreta, sorridente e con gli occhiali, e ora aspetto. Poco dopo vengo contattata da una persona che qui chiamerò Jean Connard, Jean Lo Stronzo.

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Jean Connard mi riceve a casa sua; ci beviamo un caffè e parliamo del più e del meno per una ventina di minuti. Scopro che fa il notaio, che gioca volentieri a tennis e che è single. Quanto alla durata della mia permanenza, non vuole sbilanciarsi troppo: "partiamo con due mesi, e passati i due mesi vediamo." Lo trovo un po' insolito, ma niente di eccessivamente inquietante. "Non sto tantissimo in casa," aggiunge poi. Già mi vedo stesa al sole sul terrazzo del suo appartamento borghese. Qualche giorno dopo prendo possesso della stanza libera.

Per festeggiare il nostro nuovo status di coinquilini usciamo a bere. Sembro piacergli: mi fa dei complimenti, scherza. Io sto al gioco e rido, ma dentro di me sono tranquilla. Ho subito pensato che fosse il tipico collezionista di ragazze. È un uomo sulla quarantina, un po' astioso e certamente ricco di testosterone. Quella stessa sera incontriamo una sua conoscente, che approfittando di un suo momento di distrazione mi prende da parte e mi mette in guardia: Jean Connard è un tipo "particolare". Le sue coinquiline non durano in genere più di due mesi. Nel frattempo, via via che la serata procede, Jean Connard capisce che preferisco le ragazze. E decide di dovermi "riportare sulla retta via." Anche in questo caso, io la prendo sul ridere.

Nemmeno loro hanno a che fare con questa storia. Foto

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Il giorno dopo passando in rassegna la sua biblioteca noto un libro di Éric Zemmour. La mia mente inizia a galoppare, e nel frattempo lui mi scrive con cadenza più che regolare. Alle 11 di mattina, per propormi un caffè vicino al suo studio. E alle 4 di pomeriggio, per "berci un bicchiere." Quando vado su Facebook scopro che mi ha invitata a una decina di eventi.

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Nel corso della giornata Jean Connard passa spesso da casa: per pranzare, per cambiarsi prima di andare a tennis, per farsi una doccia o per altre ragioni casuali. E ogni volta che mi trova lì ricomincia a scherzare, mi dà un buffetto sulla guancia, usa dei nomignoli. Entra in camera mia senza bussare. Insomma, una situazione un po' insolita, pesante.

Due giorni dopo il mio arrivo Jean Connard riceve una couchsurfer. Lo osservo mentre la accoglie e fa le stesse cose che ha fatto con me: le fa un sacco di domande, la stuzzica. Lei ride nervosamente, mentre lui impersona il maschio alfa di fronte a una preda. Quando li saluto, all'ora di andare a dormire, mi chiedo se finiranno a letto insieme. A quanto pare no, perché a dire di Jean Connard lei è "troppo vecchia", anche se in realtà sono coetanei. Jean Connard ha già ospitato una quarantina di persone tramite couchsurfing, tutte ragazze.

Tre giorni dopo vado con lui a una serata. La padrona di casa mi accoglie così: "sei tu la nuova coinquilina di Jean Connard?". Dico di sì. "Ah, solo tre giorni? Vedrai, tra un po' non lo sopporterai più. Comunque te lo dico: non andare a letto con lui. Ci prova sempre. Ma se lo fai poi lui smette di parlarti. Diventa insopportabile, e va avanti così finché non decidi di andartene." A quel punto capisco: devo andarmene, e in fretta.

Quella sera Jean Connard è in forma, ma "non sono mica l'esercito della Salvezza", e non ha intenzione di dormire con "quelle vecchie": una è troppo robusta, l'altra troppo volgare, un'altra ancora troppo stronza. E poi sono tutte sue coetanee, quindi "praticamente andate." Mentre dispensa insulti a ognuna delle presenti, io sto zitta e cerco di mantenere un'aria distaccata e tranquilla.

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Nel frattempo a casa le cose non vanno bene. Non scherza più, tiene il broncio e abbiamo praticamente smesso di parlare. Un giorno in cucina faccio cadere un po' d'acqua mentre preparò il tè. Quando arriva mi prende per il braccio come si farebbe con un gatto a cui metti il muso nella cacca per insegnargli a non farla più in giro. Indica il pavimento, "cos'è 'sto schifo?". Ci metto ore a farmi passare il nervoso, e in me inizia a germogliare l'idea della vendetta. Immagino situazioni in cui me ne vado di casa senza avvertirlo e senza pagargli l'affitto.

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Alla fine mi precede. Al decimo giorno di coabitazione torno da una serata con un'amica troppo ubriaca per tornare a casa da sola. Sono le tre del mattino, e cercando di non fare rumore apro il divano in sala, beviamo dell'acqua e andiamo a dormire. L'amica se ne va la mattina dopo, presto. Alle 10 e mezza Jean Connard entra di prepotenza in camera mia. "Che casino hai fatto stanotte? È pieno di coriandoli in tutta la casa, ti conviene pulire," dice prima di uscire sbattendo la porta.

Un'ora dopo arriva la sentenza, attraverso il messaggio più lungo che abbia mai ricevuto: "Valentine, il tuo comportamento di ieri sera non mi è piaciuto affatto. Sei arrivata alle tre di mattina con chissà chi, senza prima avvertirmi, e mi hai svegliato. Ci ho messo tre ore a riprendere sonno. La casa era sottosopra, coriandoli ovunque, come se non sapessi come funziona la convivenza. Non è una bella situazione. Anzi mi sembra proprio impossibile poter andare avanti. Spero capirai. Ho già un'altra persona per la stanza, una studentessa che vuole studiare, quindi più adatta alle mie esigenze. Entra il primo maggio, perciò prima di quella data dovresti liberare la stanza. Non devi darmi il resto dell'affitto, non posso mettere un prezzo alla mia tranquillità. Fammi sapere."

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A quel punto la voglia di vendetta si fa sempre più pressante. Una vendetta silenziosa e ben orchestrata. Gli rispondo: "Dammi due o tre giorni, il tempo di sistemare tutte le mie cose. Buona giornata." In quei due o tre giorni penso a come fare: una segnalazione su couchsurfing.com, la pipì sullo spazzolino, la pomata al posto del dentifricio? Non so decidermi. "Ma perché scegliere? Fai tutto," mi dicono.

Altre persone estranee a questa storia. Foto via

Me ne vado di sabato. Le valigie sono pronte dalla sera prima, e non mi resta che mettere in atto il piano. La fortuna è dalla mia, perché Jean Connard esce presto e mi lascia campo libero. Mi alzo non appena chiude la porta, e da lì entro in trance. Faccio pipì in una tazza e vado subito in cucina. Apro tutti i cassetti e gli sportelli. L'aceto balsamico, vuoi che un po' di pipì non ci stia? Non deve essere troppa, ma quel tanto che basta per insinuare il dubbio. Il serbatoio d'acqua della macchinetta del caffè mi fa l'occhiolino, e così la bottiglia di rum e il barattolo delle olive. Spargo quel che resta sugli angoli del terrazzo e sui tappeti, e lascio un paio di peli pubici nel pesto.

Presa dall'ansia guardo dalla finestra per controllare se la sua macchina è ancora lì. Potrebbe sempre tornare da un momento all'altro proprio mentre mi accingo a riempire un'altra tazza. Ma nel parcheggio non c'è traccia di lui. Passo alla camera da letto e concludo in bagno. Non voglio violare la sacralità dello spazzolino, anche perché l'ho appena passato sullo scopino. Concludo con un po' di crema depilatoria nello shampoo, e poi capisco di dovermene andare il prima possibile.

Chiamo la mia amica Sonia, e dieci minuti dopo è sotto casa in macchina. In un ultimo atto di ribellione vendicativa arraffo anche una bottiglia di champagne, e ce ne andiamo.