Cultura

Interviste a studenti che hanno deciso di fare l'Erasmus in Italia nonostante la pandemia

Decidere di partire per l'Erasmus nonostante il coronavirus può essere una scelta complicata: ecco i pro e contro, spiegati da alcuni studenti.
Alessandro Pilo
Budapest, HU
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Tutte le foto per gentile concessione degli intervistati.

Per tanti studenti universitari, la partenza per l’Erasmus è uno dei momenti più attesi del percorso di studi. Ma se arriva nel mezzo di una pandemia—e nonostante la Commissione europea abbia ribadito il suo impegno nel garantire la prosecuzione del programma e ad aiutare i beneficiari—potrebbe essere necessaria una certa dose di coraggio e spirito d’adattamento, visto che si rischia di passarlo alle prese con lezioni a distanza, scarsissime interazioni sociali e importanti limitazioni agli spostamenti.

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Ho chiesto a quattro studenti Erasmus attualmente in Italia di raccontarmi le loro storie, per capire cosa li ha spinti a partire ugualmente e se rifarebbero la stessa scelta.

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Hanna Potthoff, 25 anni
Studentessa di Storia a Berlino, in Erasmus a Milano

All’inizio della pandemia si diceva che sarebbe stato impossibile fare l’Erasmus l’anno successivo. Io ho continuato a pianificarlo come se niente fosse, a cercare casa e scegliere i corsi, e infatti eccomi qui. Sarà che questo è il mio terzo Erasmus, quindi non mi spaventava l’idea di bruciarmi l’esperienza. Visto che ho quasi finito gli esami e inizio a preparare la tesi, la mia vita è molto concentrata sullo studio e non è poi così diversa da quella che avrei fatto a Berlino.

Sono stata all’Università Cattolica una sola volta per ritirare il tesserino universitario e finora non ho incontrato dal vivo nessuno dei miei colleghi, d’altronde in una lezione online con altri cinquanta studenti di certo non fai amicizia. Le persone che conosco le ho incontrate attraverso l’Erasmus Student Network locale, in più ho la fortuna di vivere con tre coinquilini italiani carinissimi. Passiamo un sacco di tempo insieme, il che non sarebbe successo senza la pandemia.

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Da un punto di vista psicologico, la mancanza di novità o il fatto che non succeda mai nulla alla lunga sono impegnativi. Detto questo, il mio Erasmus ha contribuito a dare un senso a un anno che avrebbe potuto essere migliore, ma anche molto peggiore, quindi in fondo sono felice di essere partita. Agli studenti incerti sul da farsi direi di andare avanti, ma anche di avere pronto un piano di rientro in caso diventasse tutto difficile—con le lezioni online non c’è nemmeno bisogno di interrompere l’Erasmus, del resto.

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Victor Bascones, 20 anni
Studente di sociologia a Barcellona, in Erasmus a Bologna

Sono arrivato a Bologna a ottobre 2020 e resterò fino a giugno 2021. Ho fatto domanda esattamente un anno fa, poco prima che scoppiasse la pandemia. Con l’arrivo dei primi lockdown è stato logico chiedersi “e se poi l’Erasmus lo passerò così, chiuso in casa per mesi?”. Era possibile rimandarlo o cancellarlo, ma alla fine ho deciso di partire ugualmente. In parte perché avevo la speranza che le cose dopo l’estate sarebbero migliorate, in più mi sono detto che nel peggiore dei casi, se fosse stato un altro anno da dimenticare, perlomeno l’avrei usato per fare una nuova esperienza. A Barcellona vivevo coi miei genitori, quindi per me anche cose banali come andare a fare la spesa o tenere in ordine la casa sono una novità.

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Inizialmente le lezioni erano in presenza, ma dopo un paio di settimane sono state spostate online. A volte è un po’ difficile trovare la motivazione per parteciparvi, in più la pandemia ha reso alcune differenze ancora più grandi: in Spagna facciamo raramente degli esami orali, in Italia ho dovuto abituarmi a farli, per di più online.

Quando fai l’Erasmus vorresti vivere al massimo la tua nuova città, per questo può essere deprimente camminare per le vie deserte e coi bar chiusi. Mi manca un po’ conoscere la gente del posto o altri italiani, ovviamente non ci sono molte occasioni per farlo. Perlomeno passo molto tempo con gli altri Erasmus, qui a Bologna siamo tanti (lo ammetto, ci siamo anche messi nei guai un paio di volte con delle feste clandestine). Speriamo che in primavera ci siano meno restrizioni e almeno per qualche mese fare una festa non sia un’attività illegale.

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Simona Gavalcova, 24 anni
Laureata all’Università Comenius di Bratislava, a Roma per un tirocinio Erasmus

Mi sono trasferita a Roma alla fine di ottobre 2020. Lo stage è stato segnato dalla pandemia fin dall’inizio: per questo progetto stava a me trovare un’azienda ospitante, e per via della situazione economica in Italia tante aziende erano in difficoltà, e altre erano inondate di domande di lavoro da parte di persone disoccupate più titolate di me. Alla fine sono stata presa per un tirocinio in un albergo che ovviamente si è dovuto reinventare—invece di lavorare coi turisti ora le stanze vengono affittate per periodi medio-lunghi, quindi anche il mio lavoro di digital marketing è cambiato radicalmente. Naturalmente lo svolgo da remoto.

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Quanto alla vita sociale, diciamo che invitare un paio di amici per una pizza a casa è la cosa più vicina alla vita Erasmus fatta finora. La maggiore sfida di questa esperienza è l’incertezza: magari ti prendi il Covid e non c’è nessuno ad aiutarti, oppure vuoi tornare a casa e il tuo volo viene cancellato. Allo stesso tempo i mesi passati ad aspettare la fine della pandemia non mi verranno restituiti, quindi preferisco stare qui a Roma e provare a trarre il massimo da questi momenti.

Dopo questi mesi ho sicuramente dei suggerimenti da offrire: metti da parte dei soldi per le emergenze, cerca un coinquilino con cui ti senti in sintonia, visto che ti ritroverai a passarci insieme un sacco di tempo, ma soprattutto pensa al luogo e chiediti dove vorresti passare un lockdown. Io ho preso casa in centro, ma visto il lavoro da remoto e le restrizioni, forse non sarebbe stato male farlo in un posto immerso nella natura, o addirittura vicino al mare.

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Robert Damski, 23 anni
Studente di ingegneria ambientale a Danzica, in Erasmus a Padova

Sono arrivato a fine settembre 2020 e andrò via a inizio febbraio 2021. Il primo mese è stato fantastico, tutte le lezioni erano in presenza e i bar erano aperti, quindi ho conosciuto un sacco di gente. Visto che il Veneto è stato a lungo una regione gialla, ho anche potuto anche girare, sono stato a Venezia e ho visitato le Dolomiti.

Nella seconda parte del semestre la metà delle lezioni è stata spostata online, ma a quel punto avevo già un po’ di amici e contatti. A volte andiamo in un bar prima della chiusura alle 18, oppure passo del tempo con gli altri studenti in dormitorio, dove ci sono precise norme COVID. La cosa più strana è quando sei da amici e intorno alle 21 devi decidere che fare, se tornare a casa o restare per la notte. Degli amici in Erasmus una sera hanno perso i mezzi ed erano spaventatissimi all’idea di essere fermati dalla polizia per violazione del coprifuoco.

Tutta la mia famiglia vive a Danzica, quindi non hanno bisogno di me. Inoltre per proteggere i miei genitori e mia nonna avevo smesso di incontrarli già da un po’, a questo punto che differenza c’è tra stare in Polonia o a Padova? Vero è che ammalarsi lontano da casa potrebbe non essere il massimo, ma non voglio vivere nella paura, o restare a casa aspettando che migliorino le cose. Consapevole dei rischi, provo a godermi la vita anche durante una pandemia.