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Il misterioso picco di onde cerebrali dopo la morte che ossessiona la comunità scientifica

Uno studio sulle onde gamma nel cervello è stato accolto come la prova che “la vita scorre davanti agli occhi quando muori.” Ma bisogna andarci cauti.
picco onde gamma nel cervello morte
Immagine: Westend 61 per Getty. 

Nel 2016, un uomo di 87 anni si è presentato al pronto soccorso del Vancouver General Hospital dopo una brutta caduta. Una TAC ha mostrato un’emorragia cerebrale e l’uomo è stato portato in chirurgia. Dopo l’operazione è rimasto stabile per due giorni, poi è peggiorato.

Dato che aveva le convulsioni, il personale medico ha monitorato i segnali elettrici nel suo cervello usando un elettroencefalogramma, o EEG. Mentre gli elettrodi erano posizionati sulla sua testa, il paziente ha avuto un infarto ed è morto.

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A febbraio 2022 è stato pubblicato uno studio che documenta la scoperta fatta durante l’EEG: nei 30 secondi prima e nei 30 secondi dopo l’arresto cardiaco, c’è stato un picco di attività cerebrale—e non attività qualunque, ma onde gamma. Le onde cerebrali sono pattern di attività cerebrale coordinata: le onde gamma sono associate a stati coscienti, compreso apprendimento e memoria, e sono state osservate anche in stati meditativi.

Perché un uomo in punto di morte dovrebbe avere un picco improvviso di attività cerebrale associata con la coscienza? Nel paper, gli autori hanno scritto che “è intrigante ipotizzare che tale attività rappresenti un ultimo ‘ricordo della vita’ che avviene in uno stato di morte prossima.”

Nonostante gli autori includano precisazioni importanti e nonostante sia impossibile dedurre oggettivamente un’esperienza soggettiva da un EEG, il caso ha creato un certo rumore mediatico e c’è chi suggerisce che sia la prova che riviviamo determinati ricordi negli attimi prima della morte.

È possibile che l’attività osservata in quell’uomo fosse la firma neurale di ciò che vediamo prima di morire? È un’ipotesi provocatoria, una speculazione. E non è niente di nuovo, a dirla tutta. Nonostante gli autori del paper scrivano che si tratti della “prima” registrazione EEG continuata di una persona mentre muore, lo stesso esatto fenomeno è stato notato e descritto in diversi studi almeno dalla fine degli anni 2000.

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Tutti questi studi mostrano che può esserci un picco di attività elettrica nel cervello mentre le persone—o gli animali—muoiono, che talvolta prosegue anche dopo che il cuore si è fermato. È un argomento che merita approfondimento, perché potrebbe avere importanti implicazioni per le cure di fine vita, la donazione organi e la comprensione della morte. Ma il suo significato e la sua esperienza restano sconosciuti. Per ora, la cosa più importante che possiamo imparare da questo studio è come i dati sono filtrati dalle convinzioni personali: come una persona interpreta il picco di attività descritto nello studio non racconta tanto del fenomeno misterioso, quanto della visione del mondo di quella persona.

È tecnicamente la prima volta che questo tipo specifico di EEG viene usato con questo scopo, ma non è la prima volta che misuriamo il cervello di una persona in punto di morte.

“Non è la prima registrazione EEG di un cervello umano mentre muore,” dice Loretta Norton, neuroscienziata del King's University College all’Università di Western Ontario. Ha pubblicato un paper sugli EEG di persone in punto di morte nel 2017; la differenza tra i due studi è che il suo non aveva una copertura di elettrodi totale sulla testa, mentre il nuovo studio sì. Inoltre, nei suoi pazienti sono state interrotte consapevolmente le terapie di sostegno vitale, mentre lo studio del 2022 e un altro pubblicato nel 2021 riguardano pazienti morti nonostante l’intervento medico.

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Il punto non è quale paper sia arrivato prima: studi come questo sono solo più interessanti quando considerati nel contesto di lavori precedenti.

Ecco dunque cos’hanno osservato paper simili dal 2009 al 2022: negli animali e negli esseri umani, al momento della morte cardiaca, alcuni individui mostrano un picco di attività elettrica nel cervello. L’aspetto interessante, dice Lakhmir Chawla, medico di rianimazione e terapia intensiva che ha pubblicato diversi paper sull’argomento, è che a quel punto né sangue né ossigeno fluiscono più verso il cervello.

Nei reparti di terapia intensiva, i cervelli delle persone sono talvolta monitorati con EEG che registrano le onde dalla parte frontale della testa e le traducono tramite algoritmi in un numero tra zero e 100, per informare i medici del livello di coscienza di una persona. Nel 2009, Chawla e colleghi hanno pubblicato quanto osservato in sette pazienti in condizioni gravissime, nel momento in cui sono state interrotte le terapie di sostegno vitale: è subito seguito un picco di attività elettrica registrata dall’EEG, prima che il valore sul macchinario crollasse a zero.

All’inizio, Chawla ha pensato potesse essere una crisi epilettica, o il cervello che rilascia l’energia rimasta. Ma dopo aver controllato i dati non elaborati dell’EEG per uno dei pazienti, Chawla e colleghi hanno scoperto che l’attività non coincideva con nessuna delle due ipotesi. Il segnale era su una frequenza più alta, in genere associata alle onde gamma—un altro dettaglio “decisamente inaspettato”, dice Chawla, perché le onde gamma sono associate alla coscienza.

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Ulteriori ricerche hanno riscontrato nuovamente questo picco nell’attività gamma—ma non in tutti i pazienti. Nel 2017, Chawla e colleghi hanno tenuto in osservazione 35 pazienti, sette dei quali considerati clinicamente morti a livello cerebrale. Nessuno di loro ha mostrato il picco di attività nel momento della morte; 13 persone sulle 28 rimanenti, invece, sì.  

Nello studio del 2017, Norton e colleghi hanno misurato l’attività EEG 30 minuti prima e 30 minuti dopo la morte in quattro pazienti. Anche in questo caso è stato notato un picco nelle onde cerebrali ad alta frequenza, simile a quello descritto nel paper recente, in due su quattro pazienti appena prima della morte cardiaca, ma nessuna attività gamma dopo.

Più di recente, nel 2021, uno studio ha analizzato dati di pazienti deceduti per attacco cardiaco, che erano stati monitorati con EEG in un reparto di rianimazione. Su 19 pazienti in stato di morte cardiaca, 11 hanno mostrato attività sull’EEG dopo che il cuore si era arrestato. Jan Claassen, tra gli autori del paper e neurologo alla Columbia, dice che un paziente su 19 ha mostrato attività EEG dopo che il flusso del sangue al cervello si era fermato.

Lo stesso fenomeno è stato osservato anche negli animali. In uno studio del 2013, George Mashour, anestesista dell’Università del Michigan, e il suo co-autore Jimo Borjigin hanno cercato attività cerebrale di questo tipo nei ratti. Hanno impiantato elettrodi nel cervello di nove ratti anestetizzati e poi li hanno uccisi. Nel momento subito dopo la morte cardiaca, c’è stato un picco di attività cerebrale ad alta frequenza.

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Hanno scoperto che il picco di attività elettrica non era semplicemente il cervello che “andava in tilt” prima della morte, dice Mashour. L’attività cerebrale era coordinata e in una specifica frequenza d’onda: quella gamma. (uno studio del 2011 che ha decapitato alcuni ratti con una ghigliottina in miniatura—con lo scopo di determinare quanto sia umano questo metodo di eutanasia—ha rilevato “un’onda molto lenta, ampia e tardiva nell’EEG,” scrivono gli autori).

Mashour dice che il nuovo caso è interessante perché prosegue il collegamento tra il lavoro condotto sui ratti e ciò che è stato osservato più e più volte negli esseri umani. “Hanno individuato fenomeni simili e questi studi si completano e sostengono,” dice.

Questa parte della storia è coerente, dice Chawla: alcune persone dopo la morte cardiaca mostrano attività di onde gamma. Chawla riceve chiamate da medici in tutto il Paese che dicono lo stesso. “Nessuno direbbe mai che il fenomeno non è reale,” dice.

Per quanto sia intrigante, c’è ancora un vuoto importante su cosa succede davvero da un punto di vista fenomenologico, ovvero cosa significa esperire questo picco. “Non so cosa abbiano visto i ratti, se abbiano fatto esperienza di qualcosa davvero, perché nel nostro studio gli animali erano anestetizzati,” dice Mashour.

Similmente, non possiamo sapere cosa abbia provato l’uomo nello studio più recente, o se abbia visto davvero immagini del suo passato. Chawla dice che è un’ipotesi valida che questa attività cerebrale sia legata a esperienze di pre-morte, o di ricordi rivissuti. Ma dimostrare l’ipotesi è complicato.

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Le esperienze di pre-morte hanno spesso caratteristiche simili e le persone le ricordano in modo molto vivido. Nel 1975, il medico Raymond Moody ha raccolto le testimonianze di 150 persone sopravvissute al coma, scoprendo che, durante un’esperienza di pre-morte, una persona può vivere esperienze extracorporee, sentire un senso di pace, entrare in un portale o tunnel e vedere una luce intensa. Ma descrizioni simili esistevano già, e sono state persino ritratte dal pittore Hieronymus Bosch nel quadro Ascesa all’Empireo, nel 1505.

Le esperienze di pre-morte sono raccontate dal 10 al 23 percento delle persone che sopravvivono a un attacco cardiaco, ma solo dal 3 percento delle persone che hanno subito un trauma cerebrale. Non tutte le esperienze di pre-morte sono piacevoli: uno studio del 2019 ha rilevato che nel 14 percento dei casi sono “descritte come un incubo.”

Può darsi che le esperienze di pre-morte siano collegate a questo picco di attività cerebrale. Ma una cosa è osservare l’attività, dice Mashour, un’altra dire che sia per forza legata a un tipo specifico di esperienza cosciente.

Gli autori del nuovo paper discutono un dettaglio importante: il cervello dell’uomo era gravemente danneggiato, con emorragie, gonfiori e convulsioni. L’autore Ajmal Zemmer ha detto a Motherboard di aver ripetuto in ogni intervista fatta che si tratta di un caso singolo, non per forza qualcosa su cui generalizzare.

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Ma la copertura mediatica—e alcune delle frasi di Zemmer—si sono prese una certa libertà interpretativa, stando ad altri scienziati coinvolti nell’argomento. “Una cosa che potremmo imparare da questa ricerca è che anche se le persone che amiamo hanno chiuso gli occhi e sono pronte a lasciarci, il loro cervello potrebbe rimettere in scena alcuni dei momenti più dolci della loro vita,” ha detto Zemmer al Daily Mail.

In realtà, dice Norton, non lo sappiamo affatto. È un fenomeno affascinante, ma ci vuole cautela quando si interpretano le onde gamma, perché la loro frequenza può sovrapporsi ad altri segali del corpo, come quelli elettromiografici provenienti dai muscoli.

Potrebbe anche raccogliere segnali da fonti non fisiologiche, come elementi in genere presenti in un reparto di terapia intensiva. “Un reparto di rianimazione è un ambiente rumoroso,” dice Norton. “Ci sono tanti strumenti e macchinari che creano molti segnali.”

Claassen è d’accordo che nell’ambiente in questione i segnali gamma rilevati da EEG vanno interpretati con cautela. “Questi segnali elettrici non sono unicamente riconducibili a una funzione neurologica specifica come rivivere un ricordo; sono stati rilevati in molti altri casi, comprese crisi epilettiche,” dice. “Solo perché un picco di gamma può essere associato con un certo fenomeno clinico o fisiologico, non significa che quel fenomeno sia presente a ogni picco di onde gamma rilevato.”

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Norton dice che è possibile che questa attività rifletta una caratteristica della morte neurologica, ma che sia o meno esperita in modo cosciente dal paziente, non si può sapere. Di nuovo, non succede a ogni persona e non sappiamo perché. Potrebbe c’entrare un danno al cervello, diverse terapie mediche, o altre variabili neurobiologiche.

I pazienti in terapia intensiva sono spesso sedati pesantemente, e sono dunque inconsci. “L’ipotesi che una persona possa avere un momento di riflessione cosciente, penso, è molto improbabile,” dice Norton.

Mashour dice di trovare impressionante che l’attività cerebrale sembri essere organizzata, ma raccomanda cautela perché non abbiamo nulla a cui correlare questa attività cerebrale per il momento e non pensa che sia possibile dire con certezza che sia un sostrato neurale dell’esperienza di pre-morte.

“Non si può dire ‘Buone notizie gente, niente paura, rivivrete ogni attimo della vostra vita in questo stato di beatitudine da esperienza di pre-morte,” dice Mashour.

Indagare ulteriormente questa attività cerebrale potrebbe portarci a considerazioni importanti e pratiche su come prendersi cura delle persone terminali. Al momento molte vengono sedate per ragioni di benessere. È possibile che i sedativi ostacolino un’eventuale esperienza di pre-morte? Pensiamo che la morte sia un interruttore acceso-spento. Ma questo tipo di attività cerebrale, che avviene dopo l’arresto cardiaco, mette in dubbio questa certezza.

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I medici presumono che dopo la morte clinica il cervello sia inattivo,” ha detto Borjigin al giornalista scientifico Ed Yong nel 2013. “Usano il termine ‘incosciente’ a ripetizione. Ma la morte è un processo. Non è una linea netta tra bianco e nero.”

Potrebbero esserci implicazioni per la donazione organi—quanto è giusto aspettare prima di prelevare gli organi se c’è questo picco di attività dopo l’arresto cardiaco?

Mashour si è chiesto se possano essere coinvolti altri fenomeni, come la lucidità terminale—cioè quando una persona dimostra una cognizione elevata poco prima di morire. Per esempio, può succedere che una persona affetta da Alzheimer riacquisti lucidità attimi prima della morte.

Mashour ritiene che uno modo per collegare questa attività cerebrale alle esperienze pre-morte, è studiare quest’ultime nelle persone che non stanno morendo. Chi evita incidenti per un pelo può avere esperienze del genere. Inoltre, si teorizza che certe droghe—come il DMT o la ketamina—possano indurre esperienze simili.

Poi, almeno, una persona può descrivere ciò che ha provato. “Non risponderemo a queste domande registrando EEG di ogni arresto cardiaco nel mondo,” dice Mashour.

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Quando il paper di Norton è stato pubblicato, nel 2017, lei non ha risposto alle richieste dei media perché le sembravano troppo sensazionalistiche e i titoli non riflettevano il contenuto del paper. È preoccupata che stia succedendo lo stesso ora.

“Non sanno cosa ha vissuto quell’uomo,” dice Chawla. Sarebbe diverso se fosse sopravvissuto e avesse raccontato di aver rivissuto dei ricordi. Ma dato che è morto, non sappiamo cosa è successo.

Zemmer dice che è stato inondato di richieste da parte di giornalisti di tutto il mondo. “Se potessi andare dai miei pazienti o dalle loro famiglie, tra qualche anno quando sarà tutto più solido, e potessi dire, ‘Va tutto bene, non c’è sofferenza, non c’è dolore, la morte è una parte naturale della vita,’” dice Zemmer, “È triste, ma quella persona sta ricordando i momenti più dolci della sua vita.’ Forse sarà di conforto. È un momento molto molto difficile. Per me, personalmente, è la lezione più importante.”

Quando Motherboard gli chiede se sia etico o meno dire qualcosa di potenzialmente falso, Zemmer risponde che “penso che sia una domanda giusta e la rispetto. Il mio punto di vista è un po’ diverso—penso si possa vederla in entrambi i modi. Potresti non dire qualcosa che forse è falso, o potresti dire qualcosa che forse è vero.”

Chawla dice che negli anni passati a pubblicare analisi dell’argomento, ha visto diverse interpretazioni. Per alcune persone, questo picco elettrico è la prova fisica dell’anima. “Sono convinti che questa sia l’anima che lascia il corpo,” dice. In una conferenza tenuta nel 2017, Chawla ha raccontato di essere stato ospitato da un programma radio poco tempo prima e di essere stato rimproverato perché “non capiva che era chiaramente l’anima che usciva dal corpo e i nostri stupidi medici sono così scientifici che non riconoscono più il divino.”

Ma per altre persone, meno spirituali, l’attività cerebrale è la prova che nega l’esperienza spirituale—dimostrando che qualsiasi fenomeno legato alla morte sia solo un prodotto del cervello. Ogni persona ha le proprie convinzioni sulla morte, che sia perché è chiamata a contemplare la propria o quella delle persone più care. Un aspetto affascinante di questi dati e di questo argomento è vedere come l’interpretazione che ogni persona dà dipende dal suo insieme di convinzioni.

“Qualunque sia l’insieme di credenze, convinzioni, fedi che ti accompagna, se lo scrivi su un pezzo di carta prima che io ti mostri questi dati, saprò predire la tua reazione,” dice Chawla. “È un concetto interessante in relazione a questi dati, ma anche sull’idea di dato in generale.”

La fascinazione per l’argomento è del tutto legittima. “Ogni persona è destinata a morire e a fare i conti con ciò che accade a chi ama,” dice Norton.

Ma proprio perché ci sta a cuore, è importante che la comunità scientifica presenti le proprie scoperte senza conclusioni che non può ancora verificare, dice Chawla. “C’è un solo modo di fare bene queste cose,” dice. “Descrivere senza concludere. Altri possono trarre conclusioni ma noi, in quanto persone di scienza, dovremmo parlare solo di ciò che i dati mostrano.”