Identità

Perché sulle app si fa ghosting anche quando sembra vada alla grande?

Quando il ghosting capita dopo aver ricevuto molti segnali positivi può far male. Ma il motivo non è solo la mancanza di coraggio di chi sparisce.
ghosting

Alcune persone messaggiano per giorni, settimane. Altre passano alle chiamate. In altri casi si arriva pure a incontrarsi una, due, tre volte, e a scambiarsi frasi come “Mi piaci,” “Voglio rivederti,” “Dobbiamo andare al cinema appena esce il film di cui abbiamo parlato.” Poi però la persona sparisce, e con lei la frequentazione che pensavi stesse andando alla grande.

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Si tratta di una variante del ghosting, un termine che negli ultimi anni ci siamo abituati a sentire, dire—e in alcuni casi a sperimentare nelle sue conseguenze, attivamente o passivamente, soprattutto tramite Tinder, Happn, Bumble e affini.

Secondo una ricerca del 2018, il 26 percento delle donne e il 15 degli uomini tra i 18-35 anni in USA ha fatto ghosting sulle dating app, e anche se arrivano dati più confortanti da Hinge—prima della pandemia il 63 percento dei single aveva fatto ghosting, mentre a fine 2020 il dato è sceso al 27—questo fenomeno è largamente diffuso.

Per sondare i motivi che spingono a interrompere bruscamente—e senza comunicarlo davvero—un rapporto, ho deciso di coinvolgere una esperta in relazioni online e offline, e le persone della mia community Match and the City, incentrata sul mondo delle dating app.

Innanzitutto, bisogna partire da un concetto: “la scelta della strategia di chiusura di un rapporto, secondo alcuni studi (Baxter, 1985), si muove su due dimensioni: orientamento verso di sé o verso le altre persone, e modalità dirette o indirette,” spiega Giulia Tracogna, psicologa e consulente sessuale. “Il ghosting si situa in una strategia indiretta e orientata al sé, in cui la relazione viene interrotta senza una spiegazione esplicita e focalizzandosi solo sui propri bisogni.” 

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Può succedere anche in un rapporto non mediato da dating app, ma queste ultime riguardano “un mezzo che crea distanza e che rende più semplice ‘dimenticare’ in una prima fase che dall’altro lato c’è una persona con desideri e aspettative.”

Serena, 38 anni, ha conosciuto su Tinder Carlo con cui ha avuto una intensa frequentazione di due mesi, prima che la ghostasse. “In piena pandemia a Milano, mi ha invitato a passare del tempo a casa sua. Erano anni che non mi sentivo così felice. Fare la spesa, cucinare, scopare, parlare tantissimo. Lo saluto un lunedì uscendo da casa sua: sarebbe andato in un’altra regione qualche settimana dai suoi.”

“Dopo però una settimana di silenzio che a me è parsa assurda, abbiamo avuto una conversazione telefonica in cui lui ha detto ‘quando sono dai miei tendo a isolarmi’ e poi stop, sparito,” racconta. S. ha poi tentato un ultimo contatto mandandogli una mail, di cui riportiamo un estratto: “Qualsiasi cosa fosse successa, credevo, ci saremmo detti le cose. Me lo dici che cos'è che non ho capito? Perché io non riesco a smettere di pensarci. ‘Almeno torna indietro e inventati un addio’. Spero di sentirti.” Non ha mai ricevuto risposta. 

Qualcosa di simile è successo anche a Irene, 25 anni, dopo aver conosciuto una persona su Tinder. “Io di Milano, lui della Campania. Ci siamo incontrati dopo un mese, a metà strada. Ho passato due giorni stando bene con lui e viceversa, a detta sua,” racconta. “Il giorno dopo risponde a un mio messaggio, ribadisce che era stato bene ma che era impegnato e si sarebbe fatto sentire quando avrebbe avuto più tempo. Questo è stato il suo ultimo messaggio. Sono rimasta basita perché mi aveva sempre detto che lui è un tipo che dice le cose in faccia.”

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“Ricordo ancora la volta in cui abbiamo passato una giornata tra sole, mare e baci,  lui che mi diceva ‘Sono pazzo di te,’ ‘Voglio stare con te’. Dopo quel giorno non si è più fatto vivo,” racconta poi Marta, 25 anni, che ha avuto una frequentazione di un mese e mezzo. “Ancora oggi mi passano per la testa i ricordi, quella sensazione di non voler più rivivere una situazione di così tanta illusione.” 

Queste e molte altre storie che ho sentito presentano lo stesso fil rouge: segnali positivi iniziali e poi una improvvisa sparizione, che intacca in una certa misura sicurezza, autostima e instilla dubbi in chi la subisce. 

Ma allora era solo nella mia testa, era tutto un’illusione?, verrebbe da chiedersi. “Probabilmente no”, riprende Tracogna. “Noi leggiamo i segnali delle persone sulla base di quanto la cultura ci ha insegnato. Uno scambio serrato su una dating app o un incontro intenso viene spesso interpretato come interesse sessuale e/o romantico che dovrà portare ad altro, ma non è detto che lo sia o resti tale. Le persone sono tutte diverse, in costante mutamento, cambiano spesso idea: questo è particolarmente vero nelle prime fasi di una conoscenza.”

L’inghippo a monte sarebbe il ruolo centrale di aspettative e comportamenti che nascono quando iniziamo una frequentazione. “Nelle relazioni romantiche e sessuali condividiamo a livello culturale degli script, ovvero dei copioni relazionali che ci dicono come le cose ‘dovrebbero andare’. Gli script relazionali sono rassicuranti perché ci permettono di sapere come comportarci e che cosa aspettarci dall’altra persona, riducendo il nostro senso di incertezza,” continua la psicologa. 

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Spesso, all’inizio di una conoscenza si dà il massimo per cercare di dimostrare e/o sentirsi coinvolti, mettersi alla prova: gli sforzi possono essere genuini sul momento, ma mutare poco dopo—anche in base al bagaglio che ci portiamo dietro e la nostra storia. 

Per capire meglio il fenomeno del ghosting è interessante provare a mettersi anche nei panni di chi lo ha fatto. Anche qui, la community di Match and the City è venuta in aiuto con le sue testimonianze: “Mi ero lasciata da poco e non avevo testa per una nuova persona nonostante pensassi di sì.” “La seconda volta che l’ho incontrato non mi piaceva più come la prima volta,” “Non stavo bene e avevo bisogno di tempo per me e sparire era più semplice.” “Temevo di ferirlo, spiegando i motivi per cui non volevo proseguire.”

A Bianca, 41 anni, è successo di ghostare ripetutamente i ragazzi con cui usciva nel periodo della separazione dal marito, quando ne aveva 39. “Chattavo senza sosta, uscivo, stavo bene, li illudevo (me ne sono resa conto solo dopo con la terapia) e poi per un nonnulla che mi dicevano li bloccavo ovunque e sparivo”, mi racconta. “Ho smesso quando mi sono separata e ho bloccato miseramente quello che poi è diventato il mio attuale compagno… mi ero innamorata di lui senza saperlo. Non mi ricordo neanche con quale balla poi l'ho sbloccato dopo mesi per chiedergli di uscire. Non so se ho fatto del male, se quegli uomini che ghostavo fossero ormai abituati o fossero realmente presi, ma l'ho fatto. È stato un momento di stupidità e fragilità che però non mi rispecchia.”

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In chi ghosta, gestire paure e difficoltà proprie e altrui e le dirette conseguenze appaiono delle costanti, ma c’è anche dell’altro. Come spiega Tracogna, derubricare il ghosting ad “assenza di coraggio” infatti è limitante: “Negli Stati Uniti LeFebvre e colleghi (2019) hanno evidenziato che le motivazioni di chi fa ghosting possono essere classificate in almeno cinque gruppi: convenienza, diminuita o mancata attrazione, comportamenti spiacevoli da parte dell’altra persona, cambiamento dello stato della relazione oppure percezione di pericolo e senso di mancata sicurezza. Escludendo la percezione di mancata sicurezza, che è forse il caso in cui il ghosting può essere giustificato, ci troviamo di fronte ad una serie di situazioni in cui una maggiore cultura della comunicazione e del consenso permetterebbero di individuare strategie di chiusura dei rapporti più funzionali e rispettose dei bisogni di tutte le persone coinvolte.”

Inoltre, secondo Tracogna, “alcune persone sono poco abituate a esprimere in modo chiaro le proprie aspettative, i desideri e le necessità in ambito relazionale, ma anche a ricevere questi input rispettando il diritto altrui di volere qualcosa di diverso. Tutto questo credo metta nelle condizioni di scegliere una strada, quella del ghosting, che permette di non doversi confrontare con questo tipo di dinamiche, dispendiose da gestire.”

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Secondo Claire Rénier, Trend Manager della dating app Happn, contattata da VICE, è per l’appunto anche una questione di tempo: per questo incoraggiano gli utenti allo ‘slow dating.’ “Il ghosting è spesso la soluzione quando senti di non poter gestire ogni conversazione e ogni Crush [“compatibilità”]; se hai meno Crush puoi creare connessioni autentiche ed è meno probabile che ghosti qualcuno,” chiarisce.

Come se ne esce, quindi? Premettendo che “ogni persona ha il pieno diritto di chiudere in qualsiasi momento ed essere rispettata per questo, condividere o meno le ragioni rimane una nostra scelta ma anche una nostra responsabilità”, premette Tracogna. “Possiamo quindi allenarci, impegnarci a una comunicazione esplicita e costante, a riferire il nostro bisogno di chiudere o cambiare una relazione in modo empatico, riconoscendo l’eventuale sofferenza dell’altra persona.”

È sempre difficile accogliere le reazioni a un rifiuto, soprattutto quando siamo noi a provocarlo. “Ricordiamoci però che quelle reazioni parlano anche di noi e del ruolo che—anche per pochissimo—abbiamo avuto nella vita e nei desideri dell’altra persona; pertanto è un momento di vicinanza e riconoscimento molto prezioso.”

Ci sono però anche persone che tornano sui loro passi, come Francesca, 36 anni, che racconta che “dopo aver subito ghosting e aver capito il dolore che poteva provocare,” ha scritto a tutti i ragazzi coi quali era sparita in passato, per scusarsi. Alcuni hanno apprezzato il suo gesto, altri non le hanno mai risposto. Tornando infine a Serena, invece, dopo sei mesi è riuscita a parlare con chi l’aveva ghostata: le ha confessato che aveva riniziato a frequentarsi con l’ex.

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