Salute

Perché detesti il giorno del tuo compleanno, spiegato da una terapeuta

Troppi o pochi auguri, paura del futuro e tutto il resto: una psicologa spiega perché alcune persone 'odiano' il proprio compleanno.
Vincenzo Ligresti
Milan, IT
compleanno
Foto via Gender Spectrum Collection.
AdobeStock_377693077
"Chiedi a...", ovvero risposte a domande pressanti, esistenziali o curiose

Nel corso dell’anno ci sono varie “feste comandate” che possono incidere sul nostro umore. Tra queste, la festa rispetto a cui c’è un rapporto più ambivalente è forse il compleanno: la convenzione vuole che tu sia la persona protagonista di quel giorno, “un giorno speciale in cui ricevere maggiori attenzioni del solito, celebrare, circondarsi di persone care,” spiega Lucia Montesi, psicologa clinica e psicoterapeuta. Ma non per chiunque è così: “Per altre persone è un giorno importante senza il bisogno di festeggiamenti particolari, e per altre ancora può rivelarsi un appuntamento percepito come sgradevole.” 

Pubblicità

In questo articolo, con il prezioso aiuto di Montesi, ci concentreremo soprattutto sugli ultimi due ultimi casi, partendo però dal principio, e quindi dai motivi che portano alle diverse sensazioni, scelte e modi di vivere il proprio compleanno. 

Il compleanno è prima di tutto introspezione

Per definizione il compleanno ci ricorda il nostro “stare al mondo.” Di conseguenza, anche se magari avviene in maniera inconscia, questa giornata ci porta a guardarci un po’ più dentro e fuori del solito, perché strettamente “legata alla percezione del proprio valore e all’accettazione di sé, nonché al riconoscimento altrui,” dice Montesi. 

Montesi definisce il compleanno come “una data che catalizza emozioni, aspettative, riflessioni, delusioni, che rappresenta un’interessante cartina tornasole della condizione emotiva e delle relazioni affettive in un dato momento della storia della persona.” È un po’ come fare i conti contemporaneamente con tutte le sfaccettature del nostro passato, presente, futuro—e non sempre questa interconnessione può rivelarsi piacevole.

Da un punto di vista relazionale, per esempio, il compleanno “potrebbe rievocare i compleanni di un’infanzia difficile, un clima pesante in famiglia,” la fine di una relazione, la mancata vicinanza di persone care. O ancora l’avversione potrebbe manifestarsi rispetto alla particolarità di un dato periodo: “una malattia propria o dei propri cari, un lutto, la perdita del lavoro.” 

Pubblicità

Ma può entrare in gioco anche la paura dell’invecchiamento: “la nostra cultura accentua in modo esasperato l’importanza di giovinezza, bellezza ed efficienza come criteri che definiscono il valore della persona, la possibilità di essere persone apprezzate e persino amate dagli altri,” chiarisce Montesi. “Perciò non stupisce che l’invecchiamento, di cui i compleanni segnalano l’inevitabile progredire, non venga percepito come un normale processo.”

Compleanno: districarsi tra feste e messaggi d’auguri

In certi casi, più semplicemente, può contribuire la propria indole: ci sono persone che non amano essere “al centro dell’attenzione.”

“Le caratteristiche di personalità incidono anche nel modo di vivere le occasioni di festa. Le persone più timide e introverse possono preferire non troppi occhi su di sé, le persone altamente sensibili possono non gradire situazioni troppo stimolanti,” spiega ancora Montesi. “C’è poi chi può provare imbarazzo nel ricevere, che si tratti di auguri o regali, mentre c’è chi ha bisogno di esercitare su tutto un forte controllo e vuole evitare particolari sorprese o che un’eventuale festa non sia un successo.”

Proprio nel caso delle feste, queste potrebbero essere percepite come una sorta di prestazione faticosa, senza contare che non a chiunque piace “mischiare” amicizie o piccolo gruppi di amici con cui si esprimono al meglio solo alcuni aspetti del proprio carattere, un po’ più inediti agli altri. Secondo Montesi può entrare in gioco una “ansia da prestazione, che può variare in intensità e gradazione, che in casi specifici e di forte intensità può essere segno di fobia sociale.”

Pubblicità

Diverso, ancora, è è il caso in cui si dice esplicitamente che non si tiene al proprio compleanno “per proteggersi dalla delusione e dal timore di non ricevere quanto si vorrebbe. Anche chi non dà peso ad auguri di amici e conoscenti ha comunque alcune persone significative da cui si aspetta un’attenzione speciale.”

Cosa rappresenta il compleanno

Agli aspetti più personali può aggiungersi poi l’analisi di quelli che definiamo “obiettivi”—che molto spesso sono quelli di una “vita standard” arbitrariamente indicata dalla società in cui siamo immersi.

Il raggiungimento di certe tappe legate a un’età di riferimento è infatti ancora considerato ‘necessario’. “Abbiamo la tendenza a porci degli obiettivi in termini di età: ‘voglio laurearmi a 25 anni, voglio sposarmi entro i 30, voglio avere figli entro i 35, voglio fare carriera entro i 40,’” dice Montesi. “Spesso le cifre tonde ci danno l’illusione di un traguardo, una soglia, anche se in realtà sono numeri come gli altri.”

Non rientrare in queste scadenze o confrontarci con altre persone che hanno raggiunto quello che pensiamo a noi manchi “può farci sentire da meno, se perdiamo di vista il quadro d’insieme,” specifica Montesi. “Le attese di prestazione, di produttività, di raggiungere ‘in tempo’ certe tappe, vengono spesso tradotte con formule come ‘avere successo’ o ‘fallimento’.”

Pubblicità

Chiarisce però che “le proprie soddisfazioni e reali aspirazioni di frequente vanno in un’altra direzione, con altri ritmi o priorità diverse; ma, nonostante questo, facciamo fatica a ragionare pensando ai nostri autentici sentimenti, desideri, aspettative e tendiamo a focalizzarci più su cosa si aspettano gli altri da noi o quale potrebbe essere il loro giudizio.”

Come trascorrere come vuoi il compleanno, senza sentirti in colpa

Esiste una tecnica terapeutica, mi spiega Montesi, che si chiama ‘il gioco del compleanno.’ Consiste nell’immaginare una persona cara che al tuo compleanno si alza per fare un discorso. Che cosa direbbe? Da un lato, in terapia questa è un’occasione per “riflettere su di sé e definirsi, perché spesso tante persone fanno fatica a farlo,” dall’altro serve a “capire quanto quello che crediamo pensino gli altri su di noi sia reale [o nella nostra testa].”

In ogni caso, accantonando un attimo tutte le convenzioni sociali, non esiste un modo giusto o sbagliato di percepire il proprio compleanno o di festeggiarlo: puoi farti una passeggiata in montagna in due, mettere il cellulare in modalità aereo perché i tanti messaggi ti creano un po’ di fatica o organizzare un festone (Covid pemettendo) dove non riconosci metà delle facce. Conclude Montesi: “che si tratti di festeggiarlo o meno, di viverlo in solitudine o in compagnia, di goderlo appieno o fare in modo che passi prima possibile, l’importante è provare ad ascoltarci e accettare quello che proviamo.”

Segui Vincenzo su Instagram.