banchetti castello di Vaux-le-Vicomte
Tutte le foto per gentile concessione di Thibault Hollebecq
Cibo

Ho cenato in un castello francese per capire come mangiava Re Luigi XIV

Al castello di Vaux-le-Vicomte si mettono in scena banchetti sontuosi che ci fanno capire cosa si mangiava alla corte di Luigi XIV.
Justine  Reix
Paris, FR
Thibault Hollebecq
Paris, FR
Daniele Ferriero
traduzione di Daniele Ferriero
Milan, IT

“Erano molto di moda i dessert senza burro: gelati, biscotti di cioccolato, frutta candita e persino pan di zucchero proveniente direttamente dai Caraibi e dal Brasile”

Pasticci di carne, faraona in salsa ricca, torte farcite di creme: quando pensiamo a un banchetto reale, questo è il tipo di sontuoso buffet che ci viene in mente. Ma come saranno andate davvero le cose, in un periodo storico in cui non esistevano forni elettrici né planetarie?

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Per scoprirlo ho viaggiato verso il castello di Vaux-le-Vicomte, a un’ora di distanza da Parigi, dove verranno rimessi in scena questi opulenti banchetti. Si tratta di una struttura in stile barocco costruita tra il 1658 e il 1661 da Nicolas Fouquet, il responsabile delle finanze di Re Luigi XIV.

Oltre a essere il monarca che ha regnato più a lungo nella storia, Luigi XIV è famoso anche per aver fatto costruire il palazzo di Versailles, dove ha concentrato il potere della monarchia assoluta e dove la sua corte poteva godere di lussi di ogni tipo.

Ai tempi, le cucine del castello erano gestite da François Vatel, che è passato alla storia soprattutto per essersi suicidato durante un banchetto in un’altra tenuta del re a Chantilly. Tuttavia, Vatel ha giocato un ruolo fondamentale nel modellare la cucina francese per come la conosciamo oggi.

Castello Vaux-le-Vicomte – Foto di un grande castello in stile barocco e del suo grande giardino

Il castello di Vaux-le-Vicomte si trova a poca distanza da Parigi.

Prima di Vatel l’aristocrazia aveva un rapporto totalmente diverso col cibo, come illustrato nelle memorie della baronessa d'Oberkirch, una frequentatrice dell’alta società che ha raccontato la Francia e la corte di Luigi XIV prima della rivoluzione. A quell’epoca ci si sedeva a tavola solo per brevi periodi di tempo e mangiando il meno possibile—“Ingoiavamo, ma non gustavamo,” spiega la duchessa di Vallière citata nel libro della baronessa.

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Come è ovvio, i cuochi non ne erano particolarmente felici. Secondo il libro “Vatel et la naissance de la gastronomie” (“Vatel e la nascita della gastronomia”) dello storico dell’alimentazione Dominique Michel, i cuochi tentavano di conseguenza ogni sorta di trucco per tenere gli ospiti a tavola. Uno di questi metodi consisteva nel chiedere a un ospite di raccontare una storia piena di colpi di scena, ma senza rivelare il gran finale sino alla chiusura del servizio.

In alcuni casi, si cercava persino di far sedere fianco a fianco le persone infatuate l’una dell’altra per incoraggiare la conversazione. Secondo Michel, con l’influenza e la visione di Vatel il servizio stesso è poi cambiato. Ad esempio, le posate smettono di essere condivise tra gli ospiti e i bicchieri non rimangono praticamente più sul tavolo, visto che il personale di servizio comincia a servire costantemente l’acqua e il vino.

Castello Vaux-le-Vicomte – Foto dei soffitti con dipinti barocchi e molti dettagli dorati, da cui penzolano imponenti lampadari

Soffitti del maniero dipinti da Charles le Brun.

In questi ed altri castelli la vera magia cominciava in effetti nei sotterranei. Dopo aver preparato il pasto, il personale doveva fare su e giù lungo le strettissime scale per portare dei piatti elaboratissimi che non doveva guastare o rovesciare in alcun modo, visti i costi. La sola abbondanza delle portate infatti non garantiva lo stupore dei presenti: “C’era un intelligente miscuglio di qualità e rarità, ingenuità e bellezza. Bisognava risvegliare tutti i sensi,” spiega Michel, presente all’evento per assicurarne l’accuratezza storica.

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Mentre lo spettacolo si accinge a cominciare, due attori che interpretano François Vatel e un cuoco immergono le persone presenti nella fase preparativa della festa. Sfortunatamente, il cibo in mostra è fatto di plastica, a parte alcuni macaron—un alimento già molto popolare ai tempi di re Luigi XIV.

Castello Vaux-le-Vicomte – Una torre di frutta candita su un tavolo con tovaglia bianca, fiori e un pasticcio di carne posati sopra.

Sfortunatamente, quello che vedete non è edibile.

I piatti ci vengono serviti in cinque diverse portate, ognuna più sfarzosa della precedente. Si parte con una zuppa con piccoli assaggi di carne fredda, per poi passare all’antipasto (oggi equivalente al piatto principale) composto da costolette di vitello e altri tagli di carne. Il tutto seguito da pesce grigliato e affiancato da insalata. Si prosegue con una serie di piatti caldi, freddi, dolce e salati serviti insieme a ostriche, tartufi, verdure, gelatine e flan.

Per finire, dessert senza burro (una pratica molto di moda allora): gelati, biscotti di cioccolato, frutta candita e persino “pan di zucchero” proveniente direttamente dai Caraibi e dal Brasile, a simboleggiare ricchezza e status sociale—peccato che una dieta così ricca di carni e zuccheri causasse spessissimo la gotta, una forma di artrite.

“Il numero delle portate corrispondeva alle persone presenti durante il pasto: la cucina aggiungeva un’altra portata quando si presentava un nuovo commensale alla tavolata.”

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Castello di Vaux-le-Vicomte – Uomo in tenuta d'epoca che prepara il pasto.

Uno degli attori nelle cucine.

Nel Medioevo, i nobili amavano consumare gli alimenti condendoli con un mix di spezie provenienti da paesi lontani, tra le quali lo zafferano, la cannella e lo zenzero. Secondo Terence Skully, storico dell’alimentazione, raramente i libri di ricette medievali contenevano ricette basate su frutta e vegetali. Solo i ricchi potevano permettersi di possedere simili libri e le verdure erano considerate troppo banali dall’élite—degli alimenti terrosi, indigesti e in generale inferiori alla carne.

Come esplicitato dal libro di Michel, con il Cinquecento e il Rinascimento cambia ogni cosa. I palati dell’aristocrazia si raffinano e imparano a limitare il numero di spezie presenti in un singolo piatto. Il pepe—ben poco comune in Francia fino al sedicesimo secolo—risulta essere molto amato dalla nobiltà, insieme alla noce moscata e ai chiodi di garofano incastonati in un pezzo di lime e utilizzati per profumare la carne.

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Il Seicento riesce poi a dare una seconda vita alle verdure che, poco a poco, diventano il simbolo di una dieta delicata e raffinata, grazie alle tendenze gastronomiche provenienti dall’Italia. Asparagi, carciofi, funghi, spinaci e cetrioli vengono serviti senza spezie per mantenerne vivo il sapore, ma la pasta e il cioccolato cominciano a diventare sempre più popolari.

Castello di Vaux-le-Vicomte – Un tagliere di legno con uova, macaron, biscotti e coni di zucchero raffinato.

Uova, biscotti, macaron e coni di zucchero.

Il numero delle portate servite corrispondeva poi alle persone presenti durante il pasto, al punto che di solito la cucina provvedeva ad aggiungere un’altra portata quando si presentava un nuovo commensale alla tavolata. “I piatti sono stati inventati per aumentare la durata del pasto e non per soddisfare gli ospiti,” riporta “L’Art de bien traiter” (“L’arte del mangiare bene”), un libro di ricette del 1674.

Ovviamente, la preparazione della tavola doveva riflettere in tutto e per tutto anche l’opulenza della casa. Motivo per il quale Vatel si era concentrato a dovere anche sul perfezionare le disposizioni floreali e piegare i tovaglioli con fogge decorative. Inoltre, era anche importante seguire la moda del momento relativa alla presentazione degli alimenti: alcuni piatti venivano presentati in orizzontale, ma le torte e i cestini di frutta erano di solito serviti in “torri” che sfioravano il soffitto.

Questo pezzo è stato pubblicato precedentemente su Vice Francia


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