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Secondo questo studio, la sesta estinzione di massa ‘è probabilmente già iniziata’

"Negare che sia in corso un'estinzione di massa significa sorvolare sulla montagna di dati che si sta rapidamente accumulando."
sesta estinzione di massa
Pesci morti su una riva del lago Ho Tay, il più grande di Hanoi, in Vietnam, fotografati il 3 ottobre 2016. Immagine: HOANG DINH NAM/AFP via Getty Images.

Negli ultimi 450 milioni di anni, la vita sul pianeta Terra ha subito almeno cinque estinzioni di massa—ovvero catastrofi che annientano più del 75 percento delle specie viventi in un breve lasso di tempo. Buona parte della comunità scientifica sta avanzando l’ipotesi che ci stiamo avvicinando alla sesta estinzione di massa, scatenata in questo caso dalle attività umane. Tuttavia, i dibattiti sulla validità dell’affermazione e sulle conseguenze sono ancora in corso e piuttosto animati.

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Un team guidato da Robert Cowie, professore di ricerca presso il Pacific Biosciences Research Center dell’università delle Hawaii, afferma che “pare sempre più probabile che la sesta estinzione di massa sia già cominciata, sia sulla terraferma che nelle acque dolci,” in uno studio pubblicato a gennaio 2022 su Biological Reviews.

“Nello studio presentiamo diverse prove e argomentazioni in contrasto con chi nega quest’ipotesi,” ribadisce il team, che include anche i biologi Philippe Bouchet e Benoît Fontaine del Museo nazionale di storia naturale a Parigi, in Francia.

“Negarlo significa sorvolare sulla montagna di dati che si sta rapidamente accumulando. Non c’è più posto per scetticismo e dubbi. Sta succedendo davvero,” aggiungono gli autori.

Cowie e colleghi citano una moltitudine di studi che stanno catalogando l’estinzione di diverse specie in diversi cladi, ma la loro ricerca si concentra soprattutto sui molluschi, una famiglia di invertebrati che include lumache e vongole. Un focus in aperto contrasto con l’attenzione sproporzionata che generalmente viene rivolta ai vertebrati, come ad esempio dalla Lista Rossa dell’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN, International Union for Conservation of Nature).

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“Le informazioni dell’IUCN sull’estinzione di uccelli e mammiferi sono probabilmente piuttosto accurate,” spiega Cowie in una telefonata. “Ma prendono poi in considerazione solo una minuscola frazione del mondo degli invertebrati, che comprende insetti, lumache, ragni e crostacei e che costituisce in realtà il 95 percento dello spettro animale.”

Studi passati hanno usato i dati dell’IUCN per confutare l’idea che stiamo entrando nella sesta estinzione di massa. Cowie e colleghi hanno risposto mettendo nero su bianco i tassi di estinzione di chiocciole di terra e lumaconi. Elaborando questi dati, il team ha concluso che tra il 7,5 e il 13 percento delle specie si è plausibilmente estinta dal 1500 a oggi, un numero che è in linea con altre stime secondo cui la pressione umana ha causato catastrofiche perdite di biodiversità.

“La morale della favola è che tutte queste stime indicano un tasso molto più alto di estinzione ora rispetto al passato,” spiega Cowie.

Questa crisi è molto più pronunciata sulla terra che negli oceani, stando all’articolo, benché molte specie marine siano a loro volta minacciate dalle attività umane. Le estinzioni si verificano in genere molto più rapidamente negli ecosistemi insulari, come le Hawaii, rispetto ai biomi continentali.

In aggiunta a lanciare l’allarme su una possibile estinzione di massa, Cowie e colleghi rispondono a una serie di contro-argomenti che, a loro avviso, sminuiscono la severità delle pressioni che l’uomo esercita sulle specie animali nel mondo, o che suggeriscono che gli esseri umani dovrebbero sfruttare questi cambiamenti ecologici a proprio vantaggio.

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Il team sostiene che questo tipo di “atteggiamento laissez-faire davanti all’attuale crisi è moralmente sbagliato,” scrivono nello studio, e invocano misure più significative in risposta alla perdita di biodiversità in corso.

“Mi sento obbligato a esprimere le mie opinioni su cosa penso sia necessario fare, data la situazione di crisi,” dice Cowie. “Non intendo presentare i dati e chiuderla lì. Voglio dire cosa dovremmo fare per risolvere il problema, perché è importante.”

In ultima istanza, il team riconosce che gli sforzi per la preservazione possono sembrare futili davanti a un problema così massiccio e suggerisce che andrebbero compiuti più sforzi nel raccogliere esemplari di specie in estinzione, prima che vadano perduti per sempre.

“Non esiste un finale positivo, a nostro avviso. È un disastro,” conclude Cowie. “La cosa più importante che possiamo fare per il futuro è preservare il numero più alto possibile di queste specie nei musei, così che tra 200, 300 o 500 anni, le persone saranno ancora in grado di dire ecco cosa c’era una volta sulla Terra. Lo spero con tutto il cuore.”