Fermentazione artigianale italia
Fermentalista. Foto per gentile concessione dell'intervistato.
Cibo

L'ascesa degli artigiani della fermentazione in Italia

Abbiamo parlato con i pionieri della fermentazione in Italia per capire perché riscoprire i fermentati fa bene - a noi, alla tavola, alla cultura.

In collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche
di Pollenzo
 e The New Gastronome

“Arriva a far pagare 1400€ per una decina di barattoli e prodotti fermentati. Sono una proposta limitatissima”

Storicamente vari alimenti fermentati come pane, vino, birra, aceto, formaggi e colature hanno ottenuto dignità — e quindi fiducia — nelle pance di noi consumatori. Forse perché al fatto hanno subito una fermentazione non pensiamo proprio. Se invece sentiamo parlare di “fermentazione batterica” subito vengono evocate idee di pericolo e tossicità.

Pubblicità

Nei primi del Novecento le fermentazioni spontanee di alimenti erano ancora di uso comune — le muffe sui salumi, i vermi in alcuni formaggi, la frizzantezza di alcune conserve — ma dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale è cambiato qualcosa. L’olio di ricino e l’oro trafugato dai fascisti hanno messo a dura prova lo stomaco di molti italiani, creando una condizione di fame a cui l’industria ha cercato di porre rimedio. L’industria chimica, che fino a quel momento si era occupata di produrre alimenti per i soldati, ha potuto riproporre le stesse tecnologie per le masse.

Frutto iconico di questo dopoguerra è stata l’avanguardistica carne in scatola, Manzotin. Si trattò di una rivoluzione importante sugli scaffali e sulle tavole degli italiani. Progressivamente è stato possibile concepire il consumo di carne come accessibile a tutti: omogeneizzato, controllato, pulito. Un tipo di consumo che necessita una produzione sterile e incontaminata, possibile solo attraverso l’abbattimento di cariche batteriche, che erano in contrasto con le necessità di pulizia radicale della produzione industriale.

Crauti Fermentalista.jpg

Crauti. Foto per gentile concessione de Il Fermentalista.

Ciò che non rientrava in panificazione, vinificazione o essiccazione è stato segregato in semplice “fermentazione”, con accezione spesso negativa.

Pubblicità

Si parla di movimenti frizzanti di batteri, creatori di super cibi con sapori elettrizzanti. È interessante capire il perché di questo esilio gastronomico.

I fermentatori italiani da conoscere

“Batteri e lieviti sono presenti dappertutto, sulle superfici di frutta e verdura, nell’aria, sulla nostra pelle”

Oggi sono diversi produttori che stanno (re)introducendo i fermentati nel panorama italiano, nobilitando la lavorazione e la sperimentazione che c’è dietro. Uno di loro è il biologo Flavio Sacco, meglio conosciuto come Il Fermentalista. Sul suo blog, il più conosciuto in Italia sull’argomento, fa divulgazione scientifica sulla fermentazione, non solo dando consigli sulle ricette, ma sfatando anche diversi falsi miti.

“Lo studio di microrganismi, molecole e piccole particelle ha permesso la creazione sia di gas tossici che di alimenti in scatola, dando modo all’uomo di sviluppare tecniche efficienti per una società sempre più globalizzata, come la pastorizzazione,” spiega Sacco. “Una procedura efficace e salubre per le necessità del tempo, che però si porta dietro anche tutta quella deriva igienista che sempre più ci distanzia dal mondo di cui facciamo parte. Ma la comunità scientifica ha progressivamente cambiato rotta: infatti tra il 2014 e il 2016 gli studi legati all’Human Microbiome hanno dimostrato come in realtà sia difficile definirci come entità singole che necessitano solo di cibo pulito e lucidato. Tutt’altro: siamo un conglomerato di cellule e microorganismi che coesistono e quello che noi possiamo definire come “essere umano” è su per giù solo un 10% di quello che conteniamo.”

Pubblicità

In ambito alimentare hanno ridefinito la fermentazione come “trasformazione volontaria attuata da microrganismi, che produce un alimento edibile, diverso dall’alimento in decomposizione”.

È già da qualche anno che Flavio si interessa alla produzione di fermentazioni spontanee, prima con il suo dottorato in biodiversità ed evoluzione, poi fondando LIFe e Orto Fermentato in cui ricerca e produce varie tecniche di conservazione organolettiche: crauti, giardiniera, kimchi

Ravanelli in mano.jpg

Ravanelli appena raccolti. Foto per gentile concessione di Civran.

“La maggior parte degli alimenti cambierà; diventeranno frizzanti, aromatici, subendo una trasformazione quasi alchemica”

“Batteri e lieviti sono presenti dappertutto, sulle superfici di frutta e verdura, nell’aria, sulla nostra pelle. E per moltiplicarsi si cibano principalmente di zuccheri,” mi spiega. “I batteri che più ci interessano sono i Lattobacilli, chiamati anche fermenti lattici. La loro missione di vita è quella di rompere gli zuccheri e trasformarli in anidride carbonica e acido lattico, un acido che, a differenza dell’acido acetico, ha delle proprietà di conservazione e nutrizionali più adatte al funzionamento del nostro corpo.”

Questi batteri rimangono in vita e secondo numerosi studi durante la digestione aiutano il nostro corpo ad assorbire nutrienti e a sconfiggere eventuali agenti patogeni, prevenendo infezioni e infiammazioni. Quindi immergendo un cetriolo in un barattolo, sommerso dall’acqua, con la giusta percentuale di sale (dal 2-3% in su) ci possiamo sedere e aspettarci una latto-fermentazione.  Nel giro di una o due settimane la maggior parte degli alimenti cambierà. Diventeranno frizzanti, aromatici, acquisiranno odori pungenti o floreali. Una trasformazione quasi alchemica.

Pubblicità
05 - Aceto fermentato solido.jpg

Aceto fermentato solido. Foto per gentile concessione di Civran.

Parlando di valore è interessante il caso di Filippo Civran, dell’azienda Civran. Rompiamo il ghiaccio con la notizia più scioccante: lui fa pagare 1400€ per circa una decina di barattoli e prodotti fermentati, con proposta variabile e spesso limitata. Quali possono essere le ragioni che portano un’azienda agricola a vendere degli ortaggi trasformati a dei prezzi così stratosferici?

I prodotti fermentati presenti nella sua Wild DeerNess Box, come crauti o kimchi, sono il frutto di una ricerca agricola al di là del pionieristico— una quasi ricerca di utopia. Il progetto dell’azienda agricola è stato un qualcosa di lentissimo, che si è sviluppato nel giro di quasi vent’anni, partendo da metodi agricoli più convenzionali.

Civran concentra su varietà vegetali antiche e inusuali e vi applica tecniche di conservazione. I fermentati nelle sue mani diventano un prodotto esclusivo di ultra-nicchia, riservato a chi può permettersi di investire lo stipendio medio di un italiano (e anche un po’ di più) in una selezione di conserve.

09 - Carote.jpg

Una preparazione fermentata. Foto per gentile concessione di Civran.

Le tipologie di coltivazione sopra descritte non assicurano una produzione standard e seriale, anzi, cercano quasi di combatterla, incorporando l’idea di diversità anche nelle proprie aspettative. Questo percorso di ricerca indaga varietà antiche di semenze e frutti, sperimentando sugli accoppiamenti possibili, rendendo impossibile mantenere le stesse tempistiche di una linea produttiva convenzionale.

Pubblicità

Filippo ha deciso di battere la propria strada, presentandosi al mondo con quello che secondo lui è il vero valore dei suoi sforzi. Poi se il prezzo ti sembra esagerato è felice di indirizzarti da altri produttori di qualità, che però attuano strategie diverse, vendendo prodotti più economici. Il mondo delle fermentazioni è open source, tutti conoscono un po’ tutti e condividono conoscenze.

Kombucha Ferbere.jpg

La kombucha. Foto per gentile concessione di Fervere.

La kombucha pugliese

Parlando di informazione libera e di collaborazione, si vola rapidamente al Sud Italia, dove si trova un’azienda che cerca di rappresentare a pieno il significato di fermentazione culturale, partendo dal nome: Fervere. Si tratta di un’azienda che produce Kombucha, una bevanda orientale prodotta dalla fermentazione del tè, attraverso l’azione di uno scoby (acronimo per Symbiotic Culture of Bacteria and Yeasts).

Parliamo di una bevanda frizzante, energetica, dalle note acide e capace di far evolvere gli aromi in maniere strabilianti. Ho avuto il piacere di parlare con Daniele Pignone, co-fondatore dell’azienda, e Francesco Ammaturo detto Frank, mastro birraio dedicatosi al Kombucha. L’azienda è nata nel 2017 in collaborazione con due esperti di tè e infusi e grazie a un bando della Regione Puglia per business innovativi.

Fervere.jpg

La preparazione della kombucha. Foto per gentile concessione di Fervere.

Tradizionalmente questa bevanda proviene dal tè nero fermentato e poi filtrato, ma a Fervere c’è grande sperimentazione di sapori e aromi, attraverso l’utilizzo di fiori, erbe, altre tipologie di tè e tisane. Il loro obiettivo è quello di proporre delle alternative alle classiche bevande analcoliche, per stimolare nuovi palati ad apprezzare note acide e sfumature nuove di aromi. Per quanto competere con i colossi delle spume sia un po’ come Davide contro Golia, dietro questa produzione c’è un desiderio di fermento culturale, non un mero business di prodotti mainstream.

Pubblicità

A Fervere non si occupano solo di produzione di bevande e Starter Kit, ma sul loro sito condividono informazioni e tecniche di produzione per gli homebrewers, aiutando a conoscerne i benefici e le caratteristiche gastronomiche del Kombucha. Non ci sono segreti fra le bollicine, anzi, c’è il tentativo di creare un network di fermentatori che possano navigare assieme in questa salamoia piena di vita.

Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram.