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Cibo

Perché è importante per l'ambiente, e per te, fare una spesa di stagione

Frutta, verdura, pesce: abbiamo parlato con degli esperti che ci hanno confermato come fare una spesa di stagione sia utile anche alla nostra salute.
Giorgia Cannarella
Bologna, IT

L’Earth Overshoot Day è una data che calcola quando, in un dato anno, la domanda umana di risorse ambientali supera ciò che il pianeta è in grado di rigenerare in quello stesso anno. Il 13 maggio 2021 è l’Earth Overshoot Day dell’Italia secondo il Global Footprint Network: significa che se tutta l’umanità consumasse quanto consuma la popolazione italiana, la restante parte dell’anno sarebbe in deficit. L’abuso delle risorse ambientali—come i terreni coltivati, gli allevamenti e gli oceani—insieme allo spreco alimentare sono fattori importanti per il calcolo dell’Earth Overshoot Day. Le responsabilità dell’industria del cibo sono di gran lunga più significative di quelle del singolo individuo e il cambiamento necessario per spostare più avanti la data dell’Earth Overshoot Day deve avvenire a monte. Ma se vuoi essere più consapevole e più sostenibile nella spesa che fai tutti i giorni, ecco qualche pratico consiglio.

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A me piace dire che dal momento in cui stacchiamo il frutto da un albero è partito il countdown. Soprattutto nella frutta molte proprietà vengono compromesse dal trasporto - ad esempio alcune vitamine sono termolabili.

Se avessi un soldino per ogni volta che uno chef stellato dice che la sua cucina è improntata alla stagionalità sarei ricca, e potrei permettermi di mangiare nei ristoranti dei suddetti chef ogni giorno.

Negli ultimi anni la sostenibilità è diventata il mantra di ogni chef di medio-alto livello. Dove fino a qualche anno prima si importavano granchi della Kamchatka e aragoste del Maine, scodellando foie gras e affettando ananas a tutto spiano, ora si celebra la meraviglia del mangiare locale e di stagione. E questo ha ovviamente ripercussioni anche sul nostro modo di acquistare, sulla lunga.

Un cambio di paradigma con ricadute ovviamente positive sull’ambiente. Ma quanti cuochi l’hanno fatto - e quanti di noi l’hanno celebrato - senza capire davvero il perché dell’importanza della stagionalità?

E non parlo solo dell’effetto sull’ambiente, quella più facilmente comprensibile quando immaginiamo l’impatto di conservazione e trasporto di frutta e verdura coltivati in maniera intensiva, tra emissioni di gas serra, inquinamento, impronta idrica o inquinamento del suolo.

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Perché mangiare frutta e verdura di stagione fa bene

Ne ho parlato con Eleonora Lano, dietista e coordinatrice dei progetti Cibo e salute di Slow Food, che ha approfondito un aspetto a cui si pensa poco del mangiare di stagione: la salute. “La natura è in grado di offrire i giusti nutrienti nel momento in cui ne abbiamo bisogno,” spiega Laleo. “Ad esempio in inverno abbiamo bisogno di vitamina C e la possiamo trovare in arance, kiwi, famiglia delle crucifere. D’estate la pelle e gli occhi sono sottoposti a uno stress maggiore e quindi ci sono albicocche, meloni, pomodori ricchi di betacarotene. E insalata e angurie ricchi d’acqua.”

In questo caso lo stagionale è strettamente connesso con il locale: “A me piace dire che dal momento in cui stacchiamo il frutto da un albero è partito il countdown. Soprattutto nella frutta molte proprietà vengono compromesse dal trasporto - ad esempio alcune vitamine sono termolabili. E quindi più compriamo locale più siamo sicuri che i nutrienti siano inalterati.” E appunto le nostre diete sono fatte per essere varie, non per mangiare la caprese tutto l’anno.

Sì ma la frutta esotica?

“Spesso la frutta esotica viene raccolta non matura e quindi non ha ancora sviluppato tutte le proprietà che stiamo cercando”

Dalla bacca di goji all’avocado, dalla quinoa all’açai, ogni anno vede un nuovo superfood diventare di moda. Ma Laleo non è assolutamente d’accordo. “Perché ostinarci a prendere prodotti tropicali? Io sono contro il concetto di superfood,” afferma. “La maggior parte ha un impatto ambientale devastante, non solo per il trasporto, ma anche per il modo in cui viene coltivato. Mangiando locale possiamo comunque coprire tutto il fabbisogno nutrizionale. La salute è l’insieme di cose che mangiamo e non abbiamo bisogno del singolo alimento “miracoloso” per stare bene. Senza considerare che spesso la frutta esotica viene raccolta non matura e quindi non ha ancora sviluppato tutte le proprietà che stiamo cercando.”

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Dietro all’avocado, ad esempio, si nascondo problemi di deforestazione che hanno un impatto devastante sull’ambiente: “Nelle scelte alimentari che facciamo c’è un lato nascosto della medaglia a cui non pensiamo. Ma che ci ritornerà tra qualche anno, con gli interessi.”

Anche il pesce ha la sua stagionalità

La sua stagione dipende dalla sua fase di riproduzione: dobbiamo mangiarlo fuori da quella fase per garantire il rinnovamento degli stock ittici.


“Siamo così abituati a mangiare tutto, tutto l’anno,” spiega Paula Barbeito della Fondazione Slow Food per la Biodiversità, coordinatrice della campagna internazionale Slow Fish. “E non pensiamo mai che anche il pesce ha una sua stagionalità. La sua stagione dipende dalla sua fase di riproduzione: dobbiamo mangiarlo fuori da quella fase per garantire il rinnovamento degli stock ittici.”

Oltre a controllare se il pesce che stiamo comprando è di stagione dobbiamo anche stare attenti alla sua provenienza: “La domanda chiave è: chi l’ha pescato, dove e come. Se lo compriamo al supermercato leggiamo sempre l’etichetta altrimenti chiediamo direttamente al pescivendolo. Una cosa importante sarebbe controllare la Zona FAO di pesca, ad esempio quella del Mediterraneo è la 37, con altri numeri che indicano Tirreno, Ionio, Adriatico.”

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Stiamo lasciando scomparire intere comunità costiere. È importante farsi domande: come consumatori abbiamo una responsabilità.

Stagionale va al passo con locale anche nel caso del pesce: “Comprare pesce il più vicino possibile a noi è importante non solo per l’impatto ambientale del trasporto. Pensiamo, ad esempio, alle comunità di pescatori tradizionali. Vengono assorbiti dal mercato industriale, a cui sono costretti a vendere a prezzi spesso iniqui, o si vedono deprivare delle proprie risorse ittiche, come sta accadendo in Africa, dove il Covid-19 ha peggiorato la situazione. Stiamo lasciando scomparire intere comunità costiere. È importante farsi domande: come consumatori abbiamo una responsabilità.”

Prosegue Barbeito: “Le politiche della pesca dovrebbero essere basate sulle necessità di ecosistemi e comunità. E invece non lo sono. La filiera della pesce è un sistema complesso con un grande livello di intermediazione e purtroppo un’illegalità diffusa.”

Ovviamente stiamo sempre parlando di pesce pescato e non allevato: “Vi dico un dato su tutti: per produrre 1 kg di salmone allevato si consumano 5 kg di pesce azzurro selvatico. Negli ultimi anni i sistemi di acquacoltura sono migliorati ma rimangono problematici.”

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